Recensione Faccio un salto all'Avana (2011)

Per questo suo esordio nel lungometraggio di fiction, il regista Dario Baldi sceglie il genere della commedia leggera, sulla carta imparentata con i vari cinepanettoni e cinecocomeri, ma di fatto epurata da tutte le componenti di volgarità presenti in questi ultimi.

Liti familiari in salsa latino-americana

Fedele e Vittorio sono due fratelli perfettamente opposti l'uno all'altro: il primo onesto, sincero, altruista e responsabile, il secondo approfittatore e meschino, egoista e donnaiolo. La vita ha sempre dato il meglio a Vittorio e lasciato a Fedele gli scarti, anche nel doppio matrimonio con le sorelle Siniscalco, figlie di un ricco imprenditore con le quali i due hanno cercato di sistemarsi. Quando l'auto di Vittorio viene ripescata in fondo a un lago, e l'uomo viene dato per morto, la situazione di Fedele, se possibile, peggiora ulteriormente: il pover'uomo è costretto non solo a consolare sua cognata e ad accudire le due gemelline, ma anche a lavorare per ripagare un grosso debito di gioco lasciato da suo fratello. Ma un giorno, attraverso una videocassetta, la famiglia scopre che Vittorio in realtà è ancora vivo, e si è rifugiato a Cuba: Fedele partirà così alla volta dell'Avana, con l'intento di convincere suo fratello a tornare a casa e a cambiare definitivamente vita. Ma questo viaggio, inaspettatamente, cambierà anche lo stesso Fedele, e in modo decisivo.


Per questo suo esordio nel lungometraggio di fiction, il regista Dario Baldi (già montatore di spot e videoclip, e regista di alcuni documentari) sceglie il genere della commedia leggera, sulla carta imparentata con i vari cinepanettoni e cinecocomeri ma di fatto epurata da tutte le componenti di volgarità presenti in questi ultimi. Come già il recente Una cella in due, altra commedia diretta da un esordiente, il film si affida soprattutto alla simpatia di due protagonisti bravi e versatili, e attraverso la giustapposizione dei rispettivi caratteri inanella una serie di gag di sicuro effetto, adatte a tutta la famiglia. Enrico Brignano e Francesco Pannofino rappresentano certo una coppia insolita, sia per il diverso background sia per quella componente di "romanità" presente in misura sicuramente maggiore nel primo: eppure, la loro alchimia funziona abbastanza bene sullo schermo, e specialmente Brignano riesce a delineare bene un personaggio che si distacca nella giusta misura dai "tipi" e dal repertorio a cui l'attore romano ci ha abituati. Pannofino, da parte sua, si adegua senza problemi al tono scanzonato dello script, delineando una simpatica canaglia che, pur non brillando per originalità, riesce a farsi ben volere dal pubblico.

Nel film è presente anche una love story, specificamente quella tra Fedele e la bella Alma, complice delle truffe di Vittorio all'Avana e interpretata dall'attrice colombiana Aurora Cossio; e non manca neanche una piccola componente mistery, pur se in effetti piuttosto debole, dalla struttura esile e abbastanza slegata dal resto del film. Quello che in effetti manca un po' alla pellicola, in generale, è una linea narrativa forte che unisca le diverse gag e le sue varie anime, restando la sceneggiatura legata a una struttura episodica e affidata in gran parte alla fantasia e alle improvvisazioni dei protagonisti. Va dato atto a Baldi, tuttavia, di aver rifuggito in gran parte gli stereotipi della commedia balneare, evitando di restituire di Cuba un'immagine da cartolina, e indugiando spesso, anzi, sui bassifondi, sui palazzi fatiscenti e sugli edifici pubblici dai muri scrostati; segni di gravi contraddizioni e di una povertà che tuttavia trova il suo contraltare nel carattere solare degli abitanti dell'isola, anche questo rappresentato sullo schermo in modo diretto e senza mediazioni.

Questo Faccio un salto all'Avana riesce così a intrattenere senza grossi problemi per un'ora e mezza, pur senza brillare per inventiva e puntando soprattutto sulla professionalità e sul repertorio dei suoi interpreti. Si poteva certo fare di più e confezionare un prodotto, pur indirizzato allo stesso target di riferimento, meglio curato narrativamente e magari meno propenso a farsi dimenticare nel giro di pochi giorni. Il "minimo sindacale" per il genere (e per il pubblico) è stato comunque raggiunto senza grossi patemi d'animo.

Movieplayer.it

3.0/5