È su Sky e Now Tv la serie thriller in quattro episodi L'indice della paura (The Fear Index in originale), ispirata all'omonimo romanzo di Robert Harris, che ha contribuito alla scrittura della sceneggiatura. Diretta da David Caffrey (che in tv ha già lavorato a titoli come Peaky Blinders e L'alienista), è la storia di Alex Hoffman, scienziato diventato ricco grazie ai suoi studi sulla paura. A interpretarlo è Josh Hartnett.
Quando un uomo misterioso entra a casa sua e della moglie Gabby (Leila Farzad), arriva ad aiutarlo il poliziotto Jean-Philippe Leclerc (Grégory Montel, Gabriel nella serie Chiami il mio agente!). Presto però i sospetti ricadono proprio su Alex: che si sia inventato tutto e stia nascondendo qualcosa? Al suo partner di lavoro Hugo Quarry (Arsher Ali) non interessa: l'importante è chiudere un affare importantissimo che frutterà a entrambi milioni di dollari.
Capitalizzazione della paura, interessi di pochi a discapito di molti, avidità: L'indice della paura si interroga su molti temi e lo fa mescolando i generi. Si passa infatti dal thriller psicologico a toni quasi da fantascienza. Sarà per questo che Josh Harnett a un certo punto sembra più John Connor che uno scienziato? L'abbiamo chiesto agli attori protagonisti: Hartnett, Arsher Ali e Leila Farzad, incontrati via Zoom.
La video intervista a Josh Hartnett
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L'indice della paura: il confine tra curiosità e avidità
Diciamo che i vostri personaggi pensano di essere gli eroi di questa storia, ma per gli altri sono i villains. Quindi secondo voi cosa rende tale un villain?
Josh Hartnett: Il tempismo? Parlo per Alex, il mio personaggio: non credo che abbia intenzioni malvagie, ma non si preoccupa delle conseguenze che può avere il suo lavoro. E questo può trasformarti nel villain tanto quanto uno scopo malvagio. Quindi una di queste cose. La negligenza, trascurare gli altri, può essere dannoso tanto quanto voler far loro del male. Sopratutto a questi livelli, in cui le tue azioni coinvolgono moltissime persone.
Arsher Ali: Questo mondo porta alla malvagità: queste non sono persone caritatevoli. Quello che fanno è creare grandi profitti a ogni costo. Le persone che lavorano in questo tipo di organizzazioni e di business non me le immagino affettuose: devi avere una natura spietata per ignorare cosa succede nel mondo e continuare con le tue scelte. È gente che dice: "investo in questa compagnia che produce armi perché ci sono tante guerre nel mondo e farò un sacco di soldi". Senza generalizzare troppo, questo mondo porta all'essere spietati.
Grégory Montel: In realtà sono in guerra con il manicheismo, quindi non voglio dare una risposta manichea. Un villain è una cosa più complessa di quanto pensiamo. Credo che ciò che renda qualcuno il cattivo sia il suo passato: solo il passato può rendere un personaggio il villain. E il passato del personaggio di Josh, Hoffman, è molto complicato. Non è interessato ai soldi, non è il centro della sua vita. Il personaggio di Arsher è diverso: credo che il vero cattivo di questa storia sia Hugo! È Hugo che spinge Hofman a diventare un cattivo.
Leila Farzad; Sono d'accordo con Greg, è il passato di un personaggio che lo rende cattivo. Ma, tradizionalmente, il cattivo è qualcuno che non ha morale, non sa cosa sia giusto o sbagliato, o almeno per lui il confine tra giusto e sbagliato è molto sfumato. Nella serie Hugo è quello con le motivazioni più oscure: è totalmente guidato dall'avidità e dalla sete di denaro. Alex invece è spinto dalla curiosità intellettuale, che lo ha portato a fare soldi, ma non era il suo scopo. È come Frankenstein: crea qualcosa da cui non può scappare.
L'indice della paura: Josh Hartnett come in Terminator
Possiamo dire che nella serie cominci come uno scienziato di successo e finisci come John Connor in Terminator? Hai pensato a Terminator?
Josh Hartnett: No, però forse avrei dovuto!
Arsher Ali: Quindi io sono Robert Patrick o Arnold Schwarzenegger?
Josh Hartnett: Dico sempre ad Arsher quanto mi ricorda Arnold! È il suo lato da governatore repubblicano.
Arsher Ali: The Governator!
Josh Hartnett: Sì, The Governator. È una discesa negli inferi. John Connor, se ricordo bene, all'inizio non è creduto quando afferma ciò che ha da dire. In un certo senso è la stessa parabola.
Arsher Ali: Tu sei più come il personaggio di Linda Hamilton, Sarah Connor: è lei che capisce subito che c'è qualcosa che non va e dice: è un robot, non è un body builder austriaco con gli occhiali da sole! È un robot, guardatelo! Non indossa nemmeno una maglietta, ha un giubbotto di pelle e basta. È un robot!
L'indice della paura: l'insoddisfazione è il male del nostro tempo?
Possiamo dire che questa serie sottolinea il fatto che uno dei problemi principali della società di oggi è che non siamo mai soddisfatti? Siete d'accordo?
Josh Hartnett: Posso dire una cosa rapidamente? Credo sia nella natura umana non essere mai soddisfatti e non c'è niente di male. Ma credo che Robert Harris volesse sottolineare come l'applicazione di questa cosa, la concentrazione di ricchezza e potere, senza controllo sia ciò che crea problemi. Siamo curiosi, molto. Ed è una cosa positiva, ci ha portato tantissime cose, penso sia da incoraggiare. Ma se siamo in una società le persone devono essere controllate: non si può fare tutto ciò che si vuole senza controllo.
Grégory Montel: Sì! È una morale molto semplice, ma è vera. Certamente non siamo mai soddisfatti. Non so, forse 50 anni fa era una cosa positiva, avrebbe reso le nostre vite migliori. Oggi però sappiamo che volere sempre di più fa male a tutti: a noi, all'ambiente, alla nostra salute. Forse prima l'ambizione era una cosa molto positiva, oggi invece forse ci porterà alla fine del mondo. Nei primi anni '80 l'ambizione era tutto: mi ricordo che in Francia avevamo diverse serie tv chiamate "ambizioni", tutti erano ambiziosi. E invece guarda oggi cosa ci ha portato!