"Forse è di questo che ha bisogno il mondo: meno razionalità è più fede". Il senso della storia che vi raccontiamo nella recensione de L'imprevedibile viaggio di Harold Fry, un film di Hettie Macdonald con Jim Broadbent e Penelope Wilton, in uscita dal 5 ottobre al cinema, è tutto qui. Ma parliamo di fede non in senso religioso, quanto in senso intimo, personale. È la fiducia in noi stessi e nelle persone, è la fiducia nel fatto che, se facciamo la cosa giusta, tutto non potrà che andare bene. Dal romanzo omonimo di Rachel Joyce, Hettie Macdonald è riuscita a dare vita a un piccolo grande film, intimista e ottimista, una di quelle storie che, quando finiscono, ci fanno stare bene con noi stessi. E con un Jim Broadbent così pieno di umanità che ti viene voglia di abbracciarlo.
Attraversare a piedi l'Inghilterra
Harold (Jim Broadbent) è un uomo qualunque, uno di quelli che vivono la propria vita senza prendere iniziative e restando in disparte. Un giorno riceve una lettera. Arriva da un paese a nord, molto a nord, della Gran Bretagna. A scrivergli è Queenie, una vecchia amica che è molto malata e si trova in un hospice. Harold decide subito di scriverle una lettera di risposta. Ma poi ha un'altra idea. Quella di andarla a trovare, attraversando a piedi l'Inghilterra. Sono 800 chilometri. Harold è sicuro che il suo eroico gesto la terrà in vita. Quando un giornalista si accorge della storia, la gente viene a conoscenza dell'impresa di Harold. E si mettono in moto l'empatia e la solidarietà.
Un film sulla fede, ma non in senso religioso
"You will not die. You will not die". Sono queste parole, ripetute come un mantra, come un ritmo di marcia, che danno forza ad Harold e lo fanno andare avanti. Ma quello che lo fa andare avanti è la fede. Sì, L'imprevedibile viaggio di Harold Fry è un film sulla fede. Ma non in senso religioso. È la fiducia nelle persone, perché "le persone sono gentili, nel complesso sono gentili". È la forza di volontà. La voglia, e la convinzione, di poter per una volta cambiare le cose, fare qualcosa di buono.
Un film sulle piccole cose della vita
L'imprevedibile viaggio di Harold Fry è tutto qui. È un film sulle piccole cose della vita. Guadare un panorama ed emozionarsi. Scoprire, all'improvviso, quanto è buona e preziosa l'acqua. Imparare che le persone hanno ancora voglia di ascoltarti, e di aiutarti. Che c'è ancora chi è capace di essere solidale. Capire a ottant'anni, come vi abbiamo detto all'inizio, che "forse è di questo che ha bisogno il mondo: meno razionalità è più fede". Quello di Hettie MacDonald è un film lineare che parte da un punto e che arriva ad un altro, come il percorso del nostro Harold. Però, fateci caso: alla fine di ogni giornata quell'uomo si ferma, entra da qualche parte, scopre qualcosa. E così anche il percorso di noi spettatori non è così lineare come credevamo: veniamo trasportati nel passato, scopriamo cose che non credevamo fossero possibili, veniamo sorpresi da alcune piccole svolte che cambiano in parte il nostro punto di vista.
Un senso di colpa e di delusione
C'è altro, infatti, nell'afflato di Harold verso quella vecchia collega che forse non era nemmeno una sua così grande amica. C'è un senso di colpa e di delusione per come, nella vita, sono andate le cose, per degli eventi che non si sono potuti evitare. Ed è da qui, per un senso di riscatto, per la voglia di fare finalmente la cosa giusta, che nasce l'impresa di Harold. Impareremo a conoscere quest'uomo, la sua vita, le sue motivazioni. E quelle di sua moglie Maureen, che asseconda la sua decisione, si fa da parte, ma in qualche modo lo aiuta e non è mai passiva. Il romanzo è scritto da una donna, ed è sempre una donna a dirigere il film. E la sensibilità femminile si sente.
Un Forrest Gump ottantenne che non va di corsa
L'imprevedibile viaggio di Harold Fry è uno di quei film sulle imprese umane che ci sembrano impossibili e invece accadono. Il nostro Harold Fry è un Forrest Gump ottantenne che non va di corsa, ma cammina senza fermarsi mai, indefesso, e così facendo trascina la gente a camminare con lui (e, come quel film, anche questo finisce su una panchina). Harold è come Alvin Straight, il protagonista di Una storia vera di David Lynch, perché come lui - che attraversava gli States su un tagliaerba - sa di andare piano, sa di andare lontanissimo, ma sa che arriverà.
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Tutto negli occhi di Jim Broadbent
L'imprevedibile viaggio di Harold Fry è tutto negli occhi di quel grande attore che è Jim Broadbent: i suoi sono occhi buoni, enormi, chiari e limpidi. Sono spalancati, a volte, ancora capaci di stupirsi di fronte alla vita. A volte sono fiduciosi, a volte stanchi, a volte ci possono sembrare svuotati da qualche delusione. Sono sempre accesi da una luce, e allo stesso tempo da un velo di tristezza che non se ne potrà andare mai. Accanto a lui c'è Penelope Wilton, una delle star di Downton Abbey, che gli lascia il giusto spazio ma prendendosi anche il suo, con una presenza mai banale. Così nasce un piccolo grande film, intimista e ottimista. Che ci spiega che, per sistemare le cose, a volte basta poco. A volte basta prendere un pezzo di vetro e metterlo nel modo giusto davanti alla luce per illuminare il mondo. E far arrivare le stelle anche dove non ci sono.
Conclusioni
Come vi abbiamo raccontato nella recensione de L'imprevedibile viaggio di Harold Fry, tratto dal romanzo omonimo di Rachel Joyce, Hettie Macdonald è riuscita a dare vita a un piccolo grande film, intimista e ottimista, una di quelle storie che, quando finiscono, ci fanno stare bene con noi stessi. E con un Jim Broadbent così pieno di umanità che ti viene voglia di abbracciarlo.
Perché ci piace
- La storia di Harold, semplice e diretta ma intensa e piena di significato.
- Il messaggio, che ci parla di fede in se stessi e nelle persone.
- La grande interpretazione di Jim Broadbent.
- La sceneggiatura, che costella un film lineare di piccole svolte e sorprese.
Cosa non va
- Non è un film per chi non può fare a meno dei ritmi parossistici del cinema e delle serie di oggi.