Recensione Snow Cake (2005)

Un film che, a dispetto di un tema importante come l'autismo, manca di profondità e coraggio, ma si limita a essere un prodotto piacevole e nulla di più.

Lieve come la neve

Un cambiamento di registro radicale per il regista Marc Evans che dopo il fortunato slasher My Little Eye passa ad una dramma dai toni agrodolci, questo Snow Cake che ha inaugurato la 56° edizione del Festival di Berlino, ben interpretato dai tre protagonisti Alan Rickman, Sigourney Weaver e Carrie-Anne Moss, ma meno convincente sul fronte stilistico-narrativo.

Alex Hughes è un inglese taciturno e solitario di passaggio in Ontario, la cui vita viene cambiata per sempre da un incontro casuale con una giovane ragazza a cui offre un pò mal volentieri un passaggio in auto verso la città in cui vive la madre. Nel momento in cui l'entusiasmo e la freschezza di Vivienne riescono ad infrangere la barriera di diffidenza di Alex, un tir investe il suo fuoristrada causando la morte della ragazza, sotto gli occhi sbigottiti dell'uomo. Alex, colpito da un incidente che innesca in lui il ricordo di un tragico passato, decide di far visita alla madre di lei per porgerle qualche parola di conforto, ma si troverà di fronte ad una persona molto speciale: Linda è infatti affetta da autismo ossessivo compulsivo e sembra non essere particolarmente scossa dalla morte della figlia. Alex, però, per una serie di eventi, finirà per stabilirsi nella sua casa fino al giorno del funerale, venendo a contatto con un mondo che lo porterà a riflettere su sé stesso e scoprirà in Linda una donna a suo modo speciale :"l'unica donna al mondo che non lo giudica e non gli chiede spiegazioni".

La convivenza tra Alex e Linda, anche se breve, si dimostrerà difficoltosa ma anche ricca di spunti divertenti che finiscono con il rappresentare i momenti più riusciti dell'intera pellicola grazie all'ottima alchimia su schermo tra i due intepreti principali. Le riflessioni più malinconiche sull'accettazione del lutto risultano invece non sempre convincenti, la regia di Evans è spesso didascalica e prevedibile e a soffrirne di più è soprattutto il delicato tema dell'autismo trattato spesso con troppa leggerezza nonostante gli sforzi della Weaver.

Il risultato è quindi un film estremamente lieve, che proprio come la neve al centro di tutta la pellicola, avvolge gli spettatori ma si scioglie troppo presto, senza lasciare alcuna traccia tangibile della sua presenza. Così come, ne siamo certi, non lascerà alcuna traccia in questa edizione della Berlinale.

Movieplayer.it

3.0/5