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Valeria Bruni Tedeschi torna in concorso a Cannes e lo fa con quello che è probabilmente il film più bello, e misurato, della carriera da regista. Un film che per la prima volta la vede impegnata solo dietro la macchina da presa, rinunciando quindi a recitare ma non per questo a tirarsi indietro quando si tratta di raccontare le proprie esperienze e il proprio passato.
Come spieghiamo in questa recensione di Les Amandiers, infatti, si tratta di un altro film fortemente autobiografico: il titolo rimanda all'omonimo e celebre teatro situato in un sobborgo di Parigi, che è anche un'importante scuola di drammaturgia e recitazione. La stessa in cui la regista/attrice si è formata negli anni '80 sotto la direzione del celebre Patrice Chéreau. E, guarda caso, fu proprio Chéreau a fare esordire la Bruni Tedeschi a Cannes con il suo film Hotel de France nel 1986 insieme ad un gruppo di (futuri) illustri colleghi quali Agnès Jaoui o Vincent Perez.
Il teatro della vita
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Anche questo nuovo film della Bruni Tedeschi è ambientato appunto nella metà degli anni '80, l'epoca della prima diffusione dell'AIDS anche in Europa, e ha come protagonisti dodici ragazze e ragazzi selezionati dalla scuola per portare in scena, come loro primo lavoro, il Platonov di Čechov. Oltre alle prove e al lavoro diretto da Chéreau (molto ben interpretato da Louis Garrell), la vita dei ragazzi va avanti tra amori, litigi, delusioni e nuove esperienze formative, con uno sguardo preferenziale sulla "protagonista" Stella (l'altrettanto convincente Nadia Tereszkiewicz), vero e proprio alter ego della regista.
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Les Amandiers si propone quindi come riflessione su un'epoca che non c'è più, ma anche sulla gioventù in generale. Sul teatro come scelta di vita ma anche esperienza formativa. E lo fa abbandonando quello stile nevrotico (per quanto divertente) che ha sempre caratterizzato i precedenti lavori della regista, per uno più asciutto, più sentito e naturale e, proprio per questo, decisamente più riuscito. Merito anche della mancata presenza in scena della Bruni Tedeschi a favore di una maggiore concentrazione solo in fase di scrittura e regia. E di uno sguardo indietro verso il passato più onesto e sincero.
Conclusioni
Les Amandiers si pone un po’ a metà tra A Chorus Line e Saranno famosi, ovviamente senza canzoni e musica. Ma con l’importante aggiunta, però, di elementi autobiografici che regalano sincerità e naturalezza ad un film emozionante e appassionante dalla prima all’ultima scena.
Perché ci piace
- Valeria Bruni Tedeschi per la prima volta non recita, ma si “limita” a scrivere e dirigere. La differenza è notevole e apre ad una nuova, interessantissima, fase della sua carriera,
- Film corale con cast assolutamente perfetto: menzione speciale per Louis Garrell e Nadia Tereszkiewicz.
Cosa non va
- Il tema dell’AIDS, per quanto importante nella narrazione, avrebbe forse meritato un maggiore approfondimento.