Dopo quindici anni, CSI chiude i battenti, almeno per quanto riguarda la serie madre (lo spin-off CSI: Cyber continuerà invece almeno fino alla primavera del 2016). Lo ha annunciato la CBS, confermando la messa in onda di un film di due ore, previsto per il 27 settembre, che fungerà da epilogo definitivo ai 335 episodi incentrati sulle gesta della polizia scientifica di Las Vegas, una squadra che per certi versi credevamo invincibile, in quanto capace di sopravvivere alla cancellazione di non uno, ma due prodotti derivati (CSI Miami e CSI: New York, congedati rispettivamente nel 2012 e nel 2013). Ragion per cui, mentre aspettiamo l'autunno per la conclusione vera e propria, ripercorriamo alcuni motivi per i quali, a nostro avviso, CSI: Scena del crimine rimarrà una serie da ricordare.
5. L'effetto CSI
Oltre ad aver avuto un effetto positivo sulla percezione pubblica della polizia scientifica, dandole maggior risalto, CSI: Scena del crimine avrebbe anche contribuito in negativo. Quando si parla di "effetto CSI" ci si riferisce alle persone normali che, in un contesto giudiziario, si aspettano prove materiali e risultati di analisi in tempi alquanto irragionevoli, poiché il franchise ideato da Anthony E. Zuiker, costretto a semplificare per ragioni narrative, dà l'impressione che un test del DNA produca risultati sufficienti in poche ore anziché giorni o anche settimane. Tale fenomeno è persino stato oggetto di uno studio universitario, il quale svela che in realtà gran parte del cosiddetto "effetto CSI" - in particolare il modo in cui influenzerebbe i giurati americani - è una leggenda urbana. Che sia vera o falsa, la situazione dimostra comunque quanto l'universo creato da Zuiker sia presente nell'immaginario collettivo.
4. I titoli di testa
Escludendo produzioni cable o di servizi come Netflix, l'uso di una sequenza d'apertura tradizionale diminuisce sempre di più nelle serie TV americane (in particolare su ABC, dove la prassi è avere solo il titolo del programma e - in alcuni casi - il nome del creatore, mentre i credits appaiono all'interno dell'episodio vero e proprio). E una delle ragioni per cui sentiremo la mancanza di CSI: Scena del crimine è legata ai suoi titoli di testa, un elegante rapporto simbiotico fra le immagini - scene del crimine e i volti dei protagonisti - e la musica. È impossibile, dopo quindici anni, ascoltare il brano Who Are You senza pensare immediatamente alla squadra capitanata da Gil Grissom. E il rapporto privilegiato fra il franchise e gli Who continua ancora oggi, dato che un altro dei loro brani, I Can See For Miles, accompagna i titoli di testa di CSI: Cyber (così come Won't Get Fooled Again e Baba O' Riley furono utilizzati per le versioni ambientate a Miami e New York).
3. Il cast originale
Come hanno insegnato Law & Order - I due volti della giustizia e E.R. - Medici in prima linea, tutti (o quasi) sono sacrificabili in nome del principio della narrazione infinita: poiché le serie procedurali tendono a privilegiare la trama gialla a discapito dell'evoluzione dei personaggi, è considerato "normale" andare avanti all'infinito, convinti che la formula possa funzionare in eterno. Eppure quasi tutti concordano sul fatto che il cast originale di CSI: Scena del crimine sia uno dei motivi fondamentali del successo del programma, e che l'addio progressivo degli interpreti storici abbia contribuito al declino degli ascolti negli Stati Uniti (in caso la serie fosse stata rinnovata per la stagione 2015-2016, l'unica rimasta del cast fisso sarebbe stata Jorja Fox, che aveva comunque abbandonato il gruppo temporaneamente nel 2008). In particolare, il biennio con Laurence Fishburne non è andato giù a molti fan, per l'assenza del tocco più leggero che compensava, in certe scene, la crudezza dei contenuti, ma anche per una certa diminuzione della componente corale del programma. L'arrivo di Ted Danson nella dodicesima stagione aveva parzialmente aggiustato il tiro, ma la fine ormai era vicina...
2. Grave Danger
Non è insolito trovare un regista di richiamo dietro la macchina da presa per una serie televisiva, specie se si tratta di dare una certa identità visiva al prodotto tramite il pilot (vedi Boardwalk Empire - L'impero del crimine e House of Cards). Era però abbastanza sorprendente apprendere, dieci anni fa, che un certo Quentin Tarantino, cineasta con un linguaggio tutto suo, avrebbe diretto il finale di stagione di CSI: Scena del crimine, prodotto che, per definizione, segue uno schema preciso, poco adatto al tocco personale di certi registi. Eppure Tarantino è riuscito a girare un gioiello come Grave Danger, che non tradisce né il suo cinema né la formula di CSI, integrando perfettamente un'indagine tutto sommato verosimile e picchi di surrealismo quali una sequenza onirica che, seguendo il modello di Kill Bill: Volume 1, è in bianco e nero per aggirare la censura. Anche William Friedkin, amico di lunga data di William Petersen, si è cimentato con la regia di un paio di episodi, ma senza ottenere i risultati eccelsi di Tarantino.
1. William Petersen
Lo avevamo adorato in Manhunter - Frammenti di un omicidio e Vivere e morire a Los Angeles, prima di perderne sostanzialmente le tracce. Poi lo ritrovammo in televisione, dove per nove anni diede a CSI: Scena del crimine gran parte della sua componente umana interpretando con la giusta dose di humour Gil Grissom, il capo della scientifica di Las Vegas. Per nove stagioni Petersen rimase l'anima del programma, e il suo addio, che in inglese assume un significato doppio ("I'm leaving CSI", riferito sia alla scientifica che alla serie), spezzò il cuore a migliaia di fan. Da notare che Petersen, che di CSI: Scena del crimine era anche produttore esecutivo, aveva talmente a cuore l'integrità della serie che non solo rifiutò di produrre gli spin-off, ma anche di interagire sullo schermo con David Caruso e gli altri poliziotti di Miami. Un uomo di sani principi, che non vediamo l'ora di ritrovare, fra qualche mese, nel film che chiuderà il capitolo principale del franchise.