Leonora Addio, la recensione: il fu Luigi Pirandello

La recensione di Leonora Addio, il primo film che Paolo Taviani ha girato completamente da solo, ispirandosi a Pirandello.

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Leonora addio: Paolo Taviani sul set

"A mio fratello Vittorio", recita la scritta iniziale del film di cui si parla in questa recensione di Leonora Addio. L'inevitabile, doloroso saluto a Vittorio Taviani, scomparso nel 2018 dopo decenni di attività prima giornalistica e poi cinematografica al fianco del fratello Paolo, che per la prima volta firma un film completamente da solo (anche se già il lungometraggio precedente lo accreditava come regista unico, dato che Vittorio, per motivi di salute, non poté presenziare sul set per le riprese). E lo fa ritornando a un argomento tanto caro ai due fratelli, ossia le opere di Luigi Pirandello, con un progetto - presentato in concorso alla Berlinale 2022 - che mescola frammenti biografici con un adattamento diretto di una delle novelle del grande autore siciliano (adattamento che Paolo e Vittorio hanno inizialmente scritto insieme come progetto a sé, anche se il secondo, che aveva chiesto di non ricevere menzioni postume, non è citato nei credits). Una riflessione sulla morte, in varie forme, e sull'Italia del Novecento, a cura di un cineasta che ha raccontato vari aspetti della Storia nazionale nel corso della propria carriera.

Ceneri in viaggio

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Leonora addio: Matteo Pittirutti in una scena

Leonora Addio condivide il titolo con una novella di Pirandello, ma la somiglianza si ferma lì: il nucleo narrativo del film riguarda proprio lo scrittore stesso, al punto da iniziare con spezzoni d'archivio della cerimonia durante la quale gli fu assegnato il Nobel per la letteratura. Da lì si passa al curioso episodio della morte dello scrittore (i cui pensieri sono espressi sotto forma di voce narrante affidata a Roberto Herlitzka), inizialmente sepolto a Roma in pieno fascismo. Quindici anni dopo, le sue ceneri furono portate in Sicilia, e da lì parte l'intreccio del lungometraggio, immaginando il viaggio in treno intrapreso da un rappresentante del Comune di Agrigento (Fabrizio Ferracane). Tutto questo in bianco e nero, prima di passare al colore per l'ultima mezz'ora della pellicola, che porta sullo schermo l'ultima novella di Pirandello, Il chiodo, scritta pochi giorni prima del decesso. L'azione si sposta a Brooklyn, dove tale "Bastian Edu" (americanizzazione di Bastianeddu), giovane siciliano trapiantato nella Grande Mela, si ritrova protagonista di un episodio tragico e bizzarro.

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Italia ieri

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Leonora addio: un'immagine

Sono due le anime del film, legate dal fil rouge pirandelliano: da un lato, la riflessione sull'autore stesso e, per estensione, sull'Italia del secolo scorso, in bianco e nero, con una commistione di materiale girato ex novo, frammenti d'archivio e spezzoni tratti da titoli del neorealismo, restituendo un ritratto stratificato del Paese e del suo cinema, in particolare quello con cui i due fratelli sono cresciuti prima di passare a loro volta dietro la macchina da presa. Un cinema legato a un periodo che gli stessi Taviani hanno raccontato, ad esempio nell'ultima collaborazione Una questione privata, dal romanzo del quasi coetaneo Beppe Fenoglio. In tal senso, è una doverosa summa del loro percorso artistico congiunto, che non poteva non partire dalla morte per chiudere la fase pirandelliana della loro filmografia e rendere omaggio alla memoria di Vittorio Taviani, la cui ombra inevitabilmente aleggia sull'intera operazione come una sorta di angelo custode, co-regista invisibile ma sempre presente, inscindibile dal lavoro teoricamente in solitario del fratello.

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Leonora addio: una sequenza del film

D'altro canto, c'è la mezz'ora finale, forse volutamente straniante, che anche con la sacrosanta giustificazione filologica e personale (trattandosi di una vecchia sceneggiatura scritta a quattro mani, al netto dell'omissione di tale dettaglio nei titoli di coda) risulta un corpo estraneo, un'incompleta postfazione che, come prima impressione, dà quella di essere stata aggiunta per questioni di durata (così il film arriva a 90 minuti). Ma anche in quel segmento in apparenza fuori luogo c'è una sincerità a tratti lancinante, con un momento clou (scusate il gioco di parole) fatto di silenzi e urla, ulteriore indice del vuoto che la scomparsa del fratello ha lasciato nel percorso di Paolo Taviani. Anche se non dovesse essere un addio al cinema, c'è una componente testamentaria, che pervade tutto il film e arriva dritta al cuore con tutte le sue imperfezioni, sotto forma di claudicante ma in più punti potentissimo riepilogo di una doppia vita personale ed artistica.

Conclusioni

Chiudiamo la recensione di Leonora Addio sottolineando come il sincero e doloroso duplice omaggio che Paolo Taviani dedica al fratello scomparso e all'opera di Luigi Pirandello racconti l'Italia del Novecento e rifletta sul proprio cinema.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
3.6/5

Perché ci piace

  • La riflessione su Pirandello è molto potente.
  • L'omaggio a Vittorio Taviani è sincero e commovente.
  • L'uso del bianco e nero e dell'archivio è esemplare.

Cosa non va

  • L'ultima mezz'ora, a colori, è abbastanza straniante.