Recensione Un altro pianeta (2008)

Un film fatto di fatto di elementi semplici, quotidiani, di cui abbiamo però dimenticato il vero valore: i silenzi, gli sguardi, il camminare insieme, e anche dal punto di vista tecnico è rispettata questa essenzialità, grazie a movimenti di macchina garbati e una fotografia che restituisce con grande naturalezza i passaggi di luce che segnano lo sfumare delle ore del giorno.

Le grandi verità del quotidiano

Cosa ci si può aspettare da una giornata al mare? Un po' di relax, una parentesi di riposo dagli affanni quotidiani, oppure un'occasione di divertirsi con gli amici di sempre, tra un bagno e due calci a un pallone, o ancora un momento per riflettere, per mettere da parte i piccoli pensieri che ogni giorno ci distraggono dalle nostre grandi gioie e dai nostri grandi dolori. Ma il mare è una forza imprevedibile, che mentre fa riaffiorare alla superficie fantasmi di un passato mai davvero dimenticato può anche regalarci un tesoro prezioso, lasciato sepolto per tempo immemorabile sotto la sabbia, in attesa di trovare qualcuno che potesse scoprirne il vero valore.

E così, ognuno cercando qualcosa di diverso, tutti i protagonisti di questo primo lungometraggio di Stefano Tummolini, girato con soli mille euro di budget, si ritrovano sulla spiaggia in una limpida mattinata di giugno: c'è Salvatore, che dopo un breve scambio di effusioni con un ragazzo sconosciuto tra le dune, si accinge a trascorrere una giornata di solitudine nella zona naturista del lungomare; ci sono Stella, Eva e Daniela, amiche di vecchia data, in compagnia del professor Raffaele, conosciuto la sera prima; e poi c'è Cristiano, giovane aspirante attore, da poco impegnato in una relazione con un altro uomo ma sempre in cerca di altre storielle. Da un ombrellone che non vuole starsene al suo posto avrà inizio la comune vicenda dei personaggi, e così Salvatore, suo malgrado, sarà trascinato nel gruppo dall'intraprendenza di Stella, che, nel ruolo dell'immancabile cupido, vuole combinare l'incontro tra lui e Cristiano. I due si piacciono, ma presto si capirà come aspirino a cose molto diverse: mentre Cristiano ammette apertamente di avere una "relazione aperta", Salvatore è alla ricerca di un sentimento più profondo, di un legame la cui natura non si può spiegare al giovane corteggiatore, che pure tanto vorrebbe capire come si riconosce il vero amore. Sarà invece la riservata Daniela, che non abbandona mai il tomo da studiare per il concorso che la aspetta di lì a poco, che riuscirà a scalfire la corazza che Salvatore si è costruito addosso, un po' per proteggersi e un po' per non lasciare andare una sofferenza che sembra essere l'unico punto fermo della sua vita, instaurando con lui un dialogo sincero e partecipe, nel quale entrambi troveranno il coraggio di uscire dalla propria solitudine autoimposta e, forse, di riconoscere qualcuno con cui essere veramente se stessi.

Un altro pianeta è stato insignito all'ultima Mostra del Cinema di Venezia con il Queer Lion (il premio dedicato ai migliori film che trattano l'argomento dell'omosessualità), e questo potrebbe già garantire per l'opera prima Un altro pianeta. Anche se fin troppo spesso i riconoscimenti non sono sinonimo di qualità, in questo caso si tratta di un premio assolutamente

meritato, perché raramente si è vista, nel cinema italiano degli ultimi anni, una tale attenzione all'uomo, inteso non come protagonista, volontario o accidentale che sia, di un'avventura spettacolare, né come individuo chiamato a sovvertire l'ordine globale, né come eroe solitario al centro di grandi drammi, intrighi e vendette, ma come puro e semplice essere umano, immerso fino al collo nella quotidianità, fatta a sua volta di altri esseri umani. Da spettatori della giornata di Salvatore, è facile capire come la sfida più grande che si possa raccontare è quella di avere a che fare tutti i giorni con gli altri e, soprattutto, con se stessi, perchè, presi come siamo ad ascoltare la nostra voce, non riusciamo, o non vogliamo, sentire quella degli altri, e farci sentire a nostra volta. Invece, come è successo a Salvatore e Daniela, che sembrava nulla avessero in comune, nemmeno una potenziale attrazione sessuale, spesso ascoltando gli altri si impara qualcosa su noi stessi, e si trova anche la forza di condividerla, prima con le parole, e poi con i gesti, che sono la parte più istintiva e vera di noi, quella a cui è sempre difficile applicare le sovrastrutture con le quali ci piace tanto nasconderci.

Un altro pianeta è fatto di elementi semplici, quotidiani, di cui abbiamo però dimenticato il vero valore: i silenzi, le parole, gli sguardi, il camminare insieme, e anche dal punto di vista puramente tecnico è rispettata questa essenzialità, grazie a movimenti di macchina garbati, lunghi piani sequenza e una fotografia che restituisce con grande naturalezza i passaggi di luce che segnano lo sfumare delle ore del giorno. Certo questa scelta è stata in parte forzata dall'utilizzo esclusivo dei mezzi tecnici strettamente necessari, ma, anche se frutto di qualche rinuncia nei confronti della ricercatezza formale, la messa in opera finale non poteva essere più adatta a trasmettere quel senso di struggente malinconia e dolcezza che è frutto dell'empatia con le gioie e i dolori di qualcun altro.
Tummolini e il suo cast, sia artistico che tecnico, hanno lavorato gratis per portare nelle sale Un altro pianeta, e questo la dice lunga su quanto fosse per loro importante raccontare questa storia. Per gli altri è importante ascoltarla, sperando che la distribuzione e la censura non si dimostrino più severe del dovuto con questa pellicola che, seppure non supportata da grandi nomi e grandi interessi, si dimostra più seria e onesta dei tanti lavori pretenziosi e freddi di cui troppo spesso si tessono le lodi.

Movieplayer.it

3.0/5