Recensione Il passato (2007)

Il film manca di una sostanza reale, colleziona tutta una serie di personaggi inverosimili che irritano per i loro comportamenti innaturali, mentre tutte le storie che si susseguono sullo schermo appaiono sfilacciate, sviluppate con eccessiva fretta.

Le conseguenze dell'amore finito

Brutta rogna gli amori che si arenano senza estinguersi completamente. Hector Babenco nel suo nuovo film si ferma proprio su queste sabbie mobili, ma la storia che porta sullo schermo, tratta da un romanzo di Alan Pauls, è niente più che una debolissima riflessione sull'impossibilità di separarsi davvero da ciò che è stato e vivere con serenità il qui e l'adesso. Rimini, il protagonista de Il passato interpretato da Gael Garcia Bernal, deve ripartire da zero dopo la conclusione di un amore che domina tutti i suoi ricordi, anche quelli di infanzia. La sua ricerca di un nuovo equilibrio accanto ad un'altra donna è affaticata dal peso della memoria di ciò che è stato, mentre il suo bagaglio culturale va progressivamente sbiadendo. Egli infatti perde parole e concetti delle lingue che ha studiato e che sono diventate il suo lavoro, l'interprete. Con loro vanno via anche le certezze, le ultime che crede di conservare dopo la fine del suo matrimonio. Le donne nella vita di Rimini appaiono e scompaiono una dietro l'altra, lasciando solo nuovi rimpianti, mentre il fantasma del passato continua a tormentarlo e lo porta ad un passo dalla follia.

Il film manca di una sostanza reale, colleziona tutta una serie di personaggi inverosimili che irritano per i loro comportamenti innaturali, mentre tutte le storie che si susseguono sullo schermo appaiono sfilacciate, sviluppate con eccessiva fretta. Questo ricambio rapido di amori vuole testimoniare l'incapacità del ragazzo di staccarsi dal proprio passato, da una vita condivisa con una donna che ha scelto di perdere, ma che resta come un'ombra ad oscurare la sua possibilità di trovare pace nel presente. La velocità con cui si bruciano gli eventi spreca anche gli spunti più interessanti, come la confusione fisica e mentale nella quale si trova improvvisamente il protagonista dopo l'abbandono della nuova compagna e del loro figlioletto. Purtroppo di fronte a sceneggiature sbagliate anche registi dotati e bravi attori vengono trascinati nel fallimento. Sottotono infatti è pure la prova di Garcia Bernal che sembra rincorrere il proprio personaggio senza mai riuscire a comprenderlo e dominarlo veramente, mentre il susseguirsi di donne sbatte il suo personaggio nell'incertezza e lo abbatte col proprio egoismo.

Babenco immerge questa noiosa storia di insoddisfazioni personali in una cupa oscurità dalla quale non sa come far uscire i suoi protagonisti, impigliati nelle trame di un passato che opprime e diventa incubo perenne. Così lo spettatore deve subire l'estinguersi di ogni ipotesi di empatia man mano che il racconto va avanti (tornando però sempre indietro) e perde i suoi colori, elimina le sensazioni più intense e quel disagio dell'abbandono implode in parole sterili che non colpiscono, restando sulla superficie di labbra stanche. Il passato frantuma il presente ma torna in forme antiche che hanno un appeal così flebile che si dubita subito della sincerità degli eventi messi in scena. Forse c'è davvero la possibilità che un sentimento rotto possa essere aggiustato e che le persone si aspettino nonostante la frenesia del presente. Comunque è certo che non andrebbero mai trascurate le conseguenze di un amore finito. Altrove però saranno sicuramente raccontate meglio.