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Il canovaccio in stile Dieci piccoli indiani, nella sua sostanziale semplicità, continua a dimostrarsi un meccanismo esemplare nella fusione fra la suspense e il giallo; e un'ennesima declinazione del modello imposto da Agatha Christie è quella offerta ne Le chalet, la miniserie francese in sei parti creata da Alexis Lecaye e diretta da Camille Bordes-Resnais, da pochi giorni a disposizione nel catalogo di Netflix.
Rispetto alla struttura canonica di Dieci piccoli indiani, il tratto distintivo de Le chalet risiede nell'anacronia alla base del racconto: la serie è sviluppata infatti su due piani temporali distinti, che vanno quindi a comporre una doppia narrazione parallela. Ad accomunare questi due livelli sono lo stesso gruppo di personaggi, che ritroviamo a vent'anni di distanza, e l'ambientazione, lo chalet del titolo, teatro di misteri sia nel passato che nel presente.
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Quella casa sulle Alpi
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Proprio lo chalet, la cui miniatura è già al cuore dell'inquietante sigla d'apertura, costituisce l'elemento cardine della serie: un luogo chiuso e circoscritto, in cui si incrociano le esistenze dei vari comprimari, ma anche un luogo in grado di evocare ricordi tormentati e oscure suggestioni. E non a caso il maggior pregio della serie risiede nell'idea di partenza: avviare un percorso di duplice detection, in cui svelare i segreti del passato diventa la cartina di tornasole per decifrare le minacce del presente. Tutto inizia nel 1997, quando Jean-Louis Rodier (Manuel Blanc), romanziere in preda a un blocco creativo, tenta di recuperare l'ispirazione trasferendosi insieme alla famiglia nel villaggio di Valmoline, sulle Alpi. Jean-Louis e sua moglie Françoise (Mia Delmaë) prendono in affitto lo chalet di proprietà di Philippe (Philippe Dusseau) e Florence Personnaz (Samantha Markowic), mentre Jean-Louis instaura uno stretto legame con Muriel (Chloé Lambert), la sorella di Philippe.
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Nel frattempo nasce un profondo rapporto d'amicizia fra il tredicenne Julien (Félix Lefèbvre), il primogenito dei Rodier, e la sua coetanea Alice Bordaz (Louvia Bachelier); quest'ultima, però, è l'oggetto delle sgradite attenzioni di Sébastien Genesta (Max Libert), il quale deciderà di sfogare il proprio risentimento contro Julien. Queste vicende sono intervallate dal resoconto di una reunion fra i ragazzi del paese, nel 2017, in occasione delle nozze imminenti fra Manu Laverne (Marc Ruchmann) e Adèle (Emilie de Preissac). Ma fra amici e congiunti, tutti ospiti dello chalet dei Personnaz, iniziano a riaffiorare tensioni latenti: come quelle tra Alice (Agnès Delachair), fidanzata con il cuoco italiano Fabio Romani (Mathieu Simonet), e Sébastien (Nicolas Gob), ancora invaghito di lei. Intanto un ponte viene abbattuto, isolando il villaggio, e una mano omicidia inizia a colpire...
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Una scia di sangue fra passato e presente
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A convincere, almeno nelle prime battute, è appunto la natura sottilmente intrigante di un thriller che incasella con fluidità gli avvenimenti del 1997 e quelli del 2017, spingendo lo spettatore a riempire i 'vuoti' e a ricostruire la rete di relazioni fra le due generazioni di comprimari, i genitori e i figli. Dove invece Le chalet suscita qualche perplessità è in una messa in scena complessivamente statica e convenzionale, del tutto priva di guizzi o di soluzioni di regia davvero incisive (perfino nei picchi di suspense), e in una scrittura che, in diversi casi, non riesce a sfruttare appieno il potenziale a disposizione. Accade così che alcuni personaggi rimangano poco definiti, o che certe dinamiche scivolino in un sentimentalismo un po' blando, mentre si fa fatica a stabilire l'utilità dei brevi flashforward riguardanti Sébastien, interrogato a proposito di un delitto su cui non vengono fornite informazioni precise.
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Nella sezione collocata nel 2017 il mistero prende forma in maniera graduale ma inesorabile, stuzzicando di puntata in puntata la curiosità del pubblico, ma la sensazione, specie negli episodi finali, è quella della buona occasione parzialmente mancata: qualunque appassionato di gialli saprà intuire la chiave dell'enigma con largo anticipo, e - senza svelare nulla - la resa dei conti conclusiva risulta fiacca e ben poco verosimile. Le chalet, insomma, avrebbe potuto proporsi come un'angosciosa riflessione sull'ineluttabilità del Male e sull'ereditarietà della colpa, ma gli ottimi spunti narrativi non bastano, da soli, a renderlo un prodotto completamente solido e in grado di sostenere la concorrenza di serie analoghe.
Movieplayer.it
2.5/5