Trucco semplice, pantaloni neri e blusa bianca, Alice Rohrwacher è tornata, dopo aver vinto il Grand Prix Speciale della Giuria nel 2014 con Le meraviglie, sul red carpet del Festival di Cannes, dove ha presentato in concorso Lazzaro felice, nelle sale italiane dal 31 maggio.
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Accolto con entusiasmo alla proiezione nel Grand Théâtre Lumière del Palais des Festivals, c'è già chi parla della regista come l'erede di Ermanno Olmi, scomparso pochi giorni fa. "In questo momento parlare di Olmi è doveroso, necessario e commovente" ci ha detto la regista all'Italian Pavillion, proseguendo: "Non c'è sguardo che mi manca di più. ll desiderio di fargli vedere questo film era forte, ma purtroppo non ce l'abbiamo fatta. Abbiamo finito il film mercoledì e non sapevo davvero come sarebbe andata: era una scommessa. Sono molto felice che sia stato accolto bene: è un film un po' bislacco, molto libero... è come ci è venuto".
Lazzaro felice parla di un ragazzo di venti anni, interpretato dall'esordiente Adriano Tardiolo, contadino che ha uno stretto rapporto di amicizia con Tancredi (Luca Chikovani), figlio della spietata marchesa Alfonsina De Luna, interpretata da una cattivissima Nicoletta Braschi: "Il personaggio in sceneggiatura era molto in bianco e nero, era cattiva e basta: Nicoletta mi ha dato la possibilità di darle una profondità grazie alla sua gentilezza e dolcezza. L'idea è venuta da lei: abbiamo trasformato un personaggio semplicemente cattivo in una cattiva gentile, che forse è ancora peggio di una cattiva dura. Nicoletta è una donna al di fuori delle epoche e del tempo: secondo me racconta bene questa mancanza di epoca concreta". Sul suo personaggio Braschi ha detto: "Ho cercato di passare alla marchesa Alfonsina il disgusto che provo per lei: spero che si veda che anche lei si disprezza un po'. Le sue azioni di crudeltà lasciano una traccia in tutti i personaggi: è una cattiveria che distrugge la vita di tanti personaggi del film".
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Un film religioso in modo preistorico
Le metafore religiose sono più di una nel film: "È un film religioso nel senso preistorico del termine: di una religiosità pura, prima dell'avvento della religione" ha detto la regista, proseguendo: "La storia, simile a quella di San Francesco, è ispirata a un libro per bambini di Chiara Frugoni, che mi ha ispirato molto: il lupo si avvicina a Francesco che dorme e non lo mangia perché capisce che è buono e non gli farà mai niente. In qualche modo il libro è vicino al film: quando Lazzaro cade e si addentra in un'altra forma narrativa, la sua storia si poteva raccontare solo così. È un film spirituale ma è fatto anche di corpi, luoghi, persone, odori, lavori. Il tempo su cui abbiamo lavorato, e devo ringraziare scenografia e costumi, è stratificato: abbiamo inventato un'epoca".
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Un secondo Medioevo
Lazzaro felice è ambientato in un mondo fuori dal tempo, come spiegato dalla regista: "Il mondo a cui facciamo riferimento è relativamente recente, fa parte del passato prossimo, anche se saltiamo con i piani temporali, tra passato e presente. La Mezzadria è finita ufficialmente nel 1982: un sistema medievale, io già c'ero, è una memoria recente. Siamo riusciti a trovare questi 54 contadini del Parco dell'Inviolata e abbiamo raccolto la loro memoria. Dalla necessità di cogliere questo mondo in trasformazione è nato il film: raccontare la fine della Mezzadria si doveva fare ora. L'uomo cambia, c'è stata una trasformazione antropologica. È un mondo di cui sono riuscita a vedere la fine. Elsa Morante diceva che siamo passati dal primo Medioevo al secondo Medioevo e il film, usando le parole di un genio della nostra letteratura, vuole raccontare questo: tutto cambia e tutto rimane com'è. Per me era importante costruire questa storia in modo classico: mettere in moto una serie di meccanismi narrativi classici e poi rompere tutto, perché secondo me è quello che è successo al nostro paese. Non dico che prima si stesse meglio: Lazzaro non può cambiare perché Lazzaro è un modo di stare al mondo. Ma può morire".
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I Lazzaro del mondo
Il protagonista, candido in maniera disarmante, è una metafora potente, come ha spiegato Rohrwacher: "Parlare di Lazzaro vuol dire parlare del meno protagonista di tutti, che per una volta lo è: sono le persone che non sono mai messe in primo piano, che sono sempre gli ultimi della fila e non vengono mai inquadrati, anzi, che per non disturbare si mettono in disparte. I Lazzaro in tutto questo intrecciarsi di bene e male non hanno un giudizio: Lazzaro non giudica chi ha davanti ma ha fiducia nel prossimo. Anche se non sempre lui stesso si comporta bene: nel film fa addirittura un rapimento e una rapina".
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Adriano Tardiolo: una nuova promessa
Per il ruolo del protagonista Alice Rohrwacher ha voluto un esordiente assoluto: "Il suo provino è stato un provino al contrario: quando la casting director ha visto Adriano durante la sua ricerca in varie scuole, gli abbiamo chiesto se voleva provare a recitare e ci ha detto di no. Lo abbiamo corteggiato per un mese e alla fine ha detto di sì". Il giovane attore, occhi grandi ed emozionatissimo, ha confermato il racconto della regista: "È la prima volta che faccio un film, è la mia prima esperienza come attore. Con Alice ci siamo conosciuti per caso, a scuola: faceva i provini, io non li ho fatti ma ci siamo incontrati comunque. Ci siamo cominciati a conoscere e alla fine, per fortuna, ho accettato di fare il film". La proiezione nella grande sala del Théâtre Lumière è stata un'esperienza forte: "Mi si è fermato il cuore: è stato un shock, anche se lo sapevo, me lo immaginavo".
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Quote rosa al Festival di Cannes: roba da elementari
Quando le si chiede se è orgogliosa di essere tra le uniche tre registe donne in concorso quest'anno, Alice Rohrwacher ha le idee chiare: "Credo che un festival internazionale debba essere una selezione di sguardi sul mondo, sguardi di persone, non di maschi e femmine divisi come al bagno delle elementari. Detto questo, è stata comunque un'emozione fortissima ritrovarsi sul tappeto rosso insieme ad altre 81 donne che hanno presentato i propri film a questo festival, contro i 1645 uomini".