Recensione Brivido di sangue (1998)

Una struggente storia d'amore e solitudine, in cui a dominare è un malsano romanticismo incredibilmente tetro: peccato che a lungo andare i dialoghi, oltre a risultare ridicoli, comincino a narcotizzare lo spettatore.

Law budget

L'ispettore Healey ed il detective Roche stanno indagando sul ritrovamento di un cadavere di donna. Il principale sospettato è Steven Griscz, un uomo affascinante, brillante e di successo che, nonostante riesca a conquistare senza troppi problemi le donne, è alla ricerca disperata dell'amore. Mentre Healey e Roche proseguono le indagini, Steven incontra Anna Levels: intelligente, sicura di sé e piena di temperamento...

"La primissima idea che ho avuto è stata che Steven fosse un vampiro. Non pensate al vecchio Dracula che conosciamo. Pensavo piuttosto a un archetipo diverso, una creatura di grande forza e seduzione - qualcuno che sembra offrirti qualcosa, mentre in realtà ti sta succhiando le energie. I vampiri non minacciano, devono essere invitati. Cliché letterari a parte, i vampiri incarnano una realtà psicologica, riflettono il pericolo che molti avvertono nei rapporti interpersonali. Le ragioni affondano nella coscienza umana, nel lato oscuro dell'uomo".
Queste parole appartengono a Paul Hoffman, sceneggiatore di Brivido di sangue, pellicola a basso costo, diretta nel 1998 da Leong Po-Chih (Ritorno al lago maledetto), che, sicuramente a causa del notevole successo ottenuto negli ultimi tempi da Jude Law con Ritorno a Cold Mountain, è stata ripescata dalla Italian International Film per il lancio nelle sale cinematografiche italiane.

Fin dai primi minuti, i protagonisti vengono immersi in una inquietante atmosfera in cui, tra volti pallidi ed indumenti neri, il sole latita, ed il triste stato d'insoddisfazione sentimentale nel quale vivono è così ancor più accentuato (bella la fotografia di Oliver Curtis).
Leong Po-Chih, supportato dalle ottime interpretazioni di Law e della bella Elina Löwensohn, racconta efficacemente, per tutta la prima parte del lungometraggio, una struggente storia d'amore e solitudine, in cui a dominare è un malsano romanticismo incredibilmente tetro.
Peccato che a lungo andare i dialoghi, oltre a risultare ridicoli, comincino a narcotizzare lo spettatore, così che il regista, non sapendo dove andare a parare, introduce, tra le indagini condotte dalla polizia e la coppia protagonista ripresa nell'intimità, una sequenza particolarmente gore che, a causa della sua totale inutilità, ci lascia pensare ad una scelta forzata per spezzare la monotonìa del racconto.

In circa 100 minuti di pellicola, dimentica poi di spiegarci la cosa più importante: Steven è veramente un vampiro o semplicemente un folle a cui piace succhiare il sangue delle proprie vittime? Forse una risposta ce la può dare il già citato Hoffman: "Volevo portare questo vampiro fuori dalle tenebre. Volevo dimostrare che è disumano nella misura in cui non è riuscito a trovare la sua umanità. Ma è sensibile e soffre. La sua ricerca dell'amore perfetto in grado di liberarlo dal suo bisogno nevrotico, lo espone continuamente al pericolo. E' penosamente consapevole della sua situazione. In realtà, c'è una sola cosa che non va in lui: non sa amare un altro essere umano. Healey lo sa. Anne, nonostante tutti i suoi conflitti, lo sa: è sincera, vuole salvare Steven. il vero amore, però, non chiede all'altro di distruggersi. Anne morirebbe piuttosto che diventare una vittima".