E se vi dicessimo che L'amica geniale 2 è un horror? Probabilmente direste che non è così per il semplice fatto che si tratta di una fiction trasmessa in prima serata su Rai 1. Il successo della serie televisiva sembra dato da una serie di soliti fattori: una saga di quattro volumi scritta magistralmente da Elena Ferrante, un'epopea che attraversa i decenni dell'Italia che racconta qualcosa che, nel bene o nel male, tutti noi abbiamo vissuto, il mistero che dà inizio al racconto o semplicemente il complesso rapporto di amicizia tra le due protagoniste Lila e Lenù. Tutti argomenti validi e giusti che possono solo rafforzare una sensazione quasi magica: il fascino della protagonista. Lila è un enigma e, nelle puntate andate in onda lunedì sera (qui la nostra recensione de L'amica geniale 2, episodi 3 e 4), dimostra di essere imprevedibile, umorale, le vogliamo bene ma si fa anche odiare, eppure come Lenù ne siamo attratti. Dice bene un personaggio nella terza puntata: "E' una strega". Definizione non casuale e che si sposa bene con la nostra tesi: come una sirena malvagia ci ha ammaliato e siamo caduti nel suo incantesimo.
L'amica geniale 2, la recensione degli episodi 1 e 2: Tra violenza ed emancipazione
Un horror in prima serata
È tutta una questione di regia. Saverio Costanzo riesce nell'incredibile e, sotto traccia come nelle migliori arti oscure, racconta questa storia di crescita e formazione identitaria usando il corpo e i volti delle (straordinarie) attrici. Elevando il registro televisivo che per maggiore chiarezza espositiva prediligerebbe i dialoghi per raccontare al meglio sentimenti, emozioni e snodi narrativi, Costanzo preferisce donare un respiro più cinematografico che risulta inedito per la maggior parte delle fiction di successo televisive. Spesso basta uno sguardo silenzioso, una durezza nel linguaggio del corpo, una scelta di abbigliamento per raccontare i pensieri dei personaggi dando così molta importanza alla visione attenta delle immagini rispetto al parlato. Ma è nel modo in cui Costanzo decide di mettere in scena e inquadrare i personaggi che la magia ha inizio e crea il perturbante di freudiana memoria. Cos'è il perturbante? È qualcosa di spaventoso, ma che fa leva su qualcosa che ci risulta familiare rendendolo straniante, sinistro, estraneo. Un esempio: pensiamo alla nota inquadratura del volto di Stefano Carracci dietro la porta a vetri del bagno mentre attende Lila per la prima notte di nozze. Il volto si trasforma perdendo ogni fisionomia umana diventando un viso mostruoso e rivelando la vera natura del personaggio.
L'amica geniale 2 lavora sui volti e sui corpi e li trasforma, li muta, li ritaglia, li piega. Solo nella terza puntata possiamo citare la distruzione e ricostruzione della foto di Lila in abito da sposa nel negozio di scarpe, un volto che viene tagliato e ricostruito come un'opera d'arte dadaista, per impressionare e spaventare bottegai e clienti. O ancora una lunga sequenza ambientata in camera da letto dove l'anta a specchio dell'armadio divide non solo le due amiche mentre chiacchierano, ma anche il volto della stessa Lila. La serie si trasforma, in maniera subdola come le emozioni delle protagoniste, in qualcosa che richiama il body horror dove il corpo mutante dà alla luce i mostri interiori chiusi in involucri di carne che appaiono normali.
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Il fascino dell'orrore
Indubbiamente l'affresco storico è importante per catalizzare l'attenzione dello spettatore. In questa seconda stagione troviamo gli anni '60 italiani con le spiagge e i primi bikini, le feste in cui si balla il twist, i primi sentimenti politici che ci ricordano un tempo quasi nostalgico, un tempo della memoria che il telespettatore ben conosce, un decennio raccontato spesso e volentieri nel cinema italiano e che in qualche modo fa parte della nostra cultura generale anche se a volte stereotipato. È il decennio del grande cinema italiano che attraverso le commedie o i drammi e addirittura i film comici raccontava una nazione intera. Non fa eccezione L'amica geniale che con l'uso del dialetto e la forte impronta storica che fa da sfondo permette una sorta di "aria casalinga", di tempo vissuto e conosciuto. E, nel frattempo, inserisce violenza (anche sui bambini, ricordate Lila gettata dal padre dalla finestra di casa?) e abusi anche sessuali, mostra la tossicità del patriarcato e della vita del rione, il tutto senza riserve e senza il tentativo di edulcorare ciò che viene mostrato.
Strano e piuttosto coraggioso per essere un'opera in prima serata su Rai 1 (e anche non esente da brevi momenti di censura nella prima stagione che, però, non hanno fatto onore alla rete), ma a suo modo perfetto per tenere alta l'attenzione. Se i personaggi sposano il body horror cronenberghiano, l'ambiente e il contesto sociale richiamano i lavori politici di George A. Romero e Wes Craven e, se vogliamo rimanere sul popolare, il Dylan Dog di Tiziano Sclavi. Il fascino del cinema horror sta nel permettere uno sguardo quasi voyeuristico sulla morte, sulla decadenza, su tutto ciò che - di norma - viene considerato brutto e respingente, sul vedere esplicitamente la violenza e il lato oscuro del mondo. L'amica geniale attraverso le sue tematiche ci fa partecipi di questo gioco in cui ciò che troviamo respingente in realtà ci affascina. Se l'Italia che vediamo sullo schermo sembra famigliare significa che la nostra Italia era o è composta da mostri. E di conseguenza siamo noi stessi i mostri che vediamo sullo schermo.
Ed è bellissimo perdersi in quest'incantesimo
Il cinema dell'orrore, escludendone i filoni più commerciali e d'intrattenimento, riesce a raccontare senza filtri la realtà in cui viviamo stimolando riflessioni che solitamente tenderemmo a non considerare. Nel mutare i corpi, nel mostrare gli abusi, nel raccontare senza filtri la sofferenza del ruolo femminile nel rione, nel sentire certe frasi pronunciate ad alta voce, viene da chiedersi se queste riflessioni vengono stimolate o se si è in qualche modo anestetizzati da questa violenza, da questo modo di pensare, da questo ritratto sociale che L'amica geniale 2, al di là della narrazione principale, ci mostra. Vedere le ragazze in spiaggia con i peli sotto le ascelle può essere semplice ritratto storico, ma può anche essere un elogio allo scardinare i cliché di bellezza femminile a cui siamo abituati, può portare a mettere in discussione la semplicità con cui accettiamo ciò che ci viene imboccato. Whispers, sussurri, è il titolo della musica di Max Richter che accompagna la sigla, quest'anno in puro stile anni Sessanta e che sembra veramente appartenere a un'altra epoca, addirittura a un'altra dimensione. La messa in mostra di fantasmi di un tempo che ci perseguita, spettri di un'Italia che abbiamo sulle spalle e che abbiamo il dovere di conoscere.
Per questo Lila è una strega nell'accezione negativa quando ci spinge a odiarla, ma è anche una strega buona quando alza la voce e si emancipa. E che cos'erano le streghe se non donne che mettevano paura perché non rispettavano le regole? Nella sua duplicità di corpo frammentato ed enigmatico, Lila ci incanta e ci affascina. E la stessa serie fa molto di più: riesce a catturare un pubblico giovane poco propenso alle fiction di matrice italiana sulla tv generalista e riesce a catturare il pubblico più affezionato e maturo del primo canale, lo stesso pubblico che prova repulsione e timore con il cinema dell'orrore. Questo è l'incantesimo migliore.