Recensione La vita segreta delle api (2008)

Un family-movie dolce come il miele ma che sfiora temi delicati e importanti e vive di eccellenti interpretazioni, al femminile e non.

La via segreta delle donne

  1. Lily Owens è una quattordicenne solitaria che vive in una fattoria della Carolina del sud con un padre burbero e anaffettivo. Alle soglie dell'età adulta, Lily è soffocata dal senso di colpa per aver inavvertitamente provocato la morte dell'infelice madre a soli quattro anni, e dal terrore di non poter essere amata da nessuno. L'ennesimo diverbio con il padre, che le dice che la mamma, fosse anche vissuta, l'avrebbe comunque abbandonata, e l'aggressione subita dalla domestica di colore della famiglia, colpevole di aver tentato di iscriversi alle liste elettorali e ora a rischio di denuncia per aver "provocato" il suo assalitore bianco, inducono Lily a lasciare la casa paterna su due piedi, e Rosaleen ad accompagnarla. Lily ha soltanto una traccia, un indizio sul passato della madre: l'immagine di una madonna nera, che la guiderà presso le sorelle Boatwright, produttrici di miele e custodi inconsapevoli della verità e della speranza della sua guarigione.
Tratto dall'omonimo bestseller di Sue Monk Kidd, accostato spesso al classico Il buio oltre la siepe di Harper Lee, La vita segreta delle api ci fa pensare più a una terza accoppiata romanzo/film, quella di Pomodori verdi fritti alla fermata del treno, per la preponderanza del tema dell'indipendenza e della solidarietà femminile. Le tre sorelle Boatwright, oltre a ricoprire il classico ruolo di "guida" e "ispirazione" di colore per un eroe dalla pelle bianca, sono archetipi di femminilità che prendono tre strade diverse: August (Queen Latifah) è maternità pura, quasi mistica, che non ha bisogno di un uomo; le sorelle che l'affiancano sono complementari a lei e tra di loro: fiera e distaccata la musicista June (Alicia Keys), morbosamente empatica e fragile, come una ferita aperta, May (Sophie Okonedo). La permanenza al loro fianco servirà alle due fuggitive a raggiungere una nuova consapevolezza di sé e del proprio destino. Insieme saranno come le api della colonia delle Boatwright, industriose, coraggiose, gioiose, ma soprattutto non saranno più sole.

La regia di Gina Prince-Bythewood, a cui i produttori/ coniugi Will Smith e Jada Pinkett Smith hanno affidato questo progetto, è abbastanza anonima e sembra fin troppo timorosa di imbavagliare le interpretazioni. D'altra parte non si sbaglia con un cast di questo livello: accanto alle magnifiche Latifah e Okonedo (la Keys difetta ancora di mestiere, ma, diciamolo, è bellissima), c'è una Jennifer Hudson molto più naturale e matura che in Dreamgirls, e ovviamente una Dakota Fanning che è un piacere e un privilegio vedere crescere film dopo film.

Per gli uomini lo spazio non è molto, ma quello che hanno è decisamente ben sfruttato, grazie al giovane, energico Tristan Wilds ma soprattutto grazie a Paul Bettany, raffinato attore britannico che rappresenta davvero una scelta curiosa per il ruolo di un ruvido redneck. Nelle scene che a ha disposizione, e in particolare nel confronto finale con la Fanning, scolpisce con pochi tocchi un personaggio complesso e sofferente, un uomo troppo follemente innamorato della moglie per poter amare la sua bambina, e riafferma la rilevanza dell'universo maschile accanto alla soave "comunità delle api".

Movieplayer.it

3.0/5