Il regista Giacomo Battiato incentra il film Resolution 819 sulla strage di Serebrennica, eccidio che avvenne nel 1995 nel quale oltre 7.000 uomini bosniaco-musulmani vennero trucidati dalle truppe serbo-bosniache di ratko Mladic.
"Sentendo un telegiornale l'altro giorno, il comandante dell'Onu in Congo ha dato le dimissioni perchè impossibilitato a fare qualcosa. La storia continua a ripetersi, davanti l'impotenza di tutti".
"Durante le ricerche - continua Battiato - da una parte scoprivo l'orrore, dall'altra un valore, quello del mio protagonista che era un poliziotto di successo a Nizza, che per un senso di giustizia parte volontario per la Bosnia 15 giorni dopo la risoluzione 819, e rimane lì per sei anni, dedicati e segnati da questo. Anche il personaggio femminile è ispirato ad un personaggio reale. Sono giovani persone che lasciano una vita di benessere per andare a cercare la verità e la giustizia, e che ridanno dignità da essere umani a quelli che sono stati numeri. Non cercavo autocompiacimento quando giravo, mi sono ispirato ad un vecchio cinema in questo, per dargli una sostanza morale. Dietro ogni numero c'è un essere umano. I corpi sono stati poi smembrati, li hanno sparsi per altre fosse. Il corpo umano usato come spazzatura, a loro è dedicato questo film".
Una scelta di impegno civile coraggiosa, tanto da convincere Ennio Morricone, mostro sacro del cinema italiano e internazionale, a partecipare al film scrivendone le musiche.
"Ho ricevuto la telefonata di Battiato e mi colpì molto quello che mi disse: "Faccio questo film per una ragione civile" - dice il compositore dopo essersi soffermato per un istante sul carattere "balcanico" delle sue melodie - Questo mi ha entusiasmato subito, mi sono sentito da subito vicino a questa storia. Ho scritto Voci del silenzio, una musica per tutte le stragi della storia dell'uomo, a testimonianza del fatto che da sempre sono vicino a questi temi. Battiato mi ha dato uno stimolo per lavorare con molto entusiasmo su questo film. Quando ho visto il film finito, negli ultimi due giorni ho scritto altri due pezzi con un nodo alla gola, tanto ero emozionato. Questo film mi ha colpito molto per una ragione: l'ho trovato molto vicino a La battaglia di Algeri, perchè ha dentro il racconto di una storia vera, inserita in un fatto storico, reale".
Un film che ha una sua importanza nell'essere presentato alla stampa, denunciando in qualche modo anche il silenzio dei grandi mezzi di comunicazione durante quella drammatica estate.
"Nel momento in cui ho iniziato a fare il film mi sono chiesto che stavo facendo nell'estate del 95, e ripensandoci mi sono ricordato che le notizie che mi arrivavano erano molto poche, un materiale molto poco esaustivo. C'è una grandissima confusione anche nella stessa visione della guerra balcanica, ma ancora oggi, non solo allora, un fenomeno che non si riesce a capire. "Continueremo a chiederci perchè, e la risposta sarà sempre per niente", questa la vera cifra del film, una frase che ho realmente sentito da una donna mentre raccoglievo documentazioni per il film".
Proprio da qui deriva la scelta di girare un film di finzione, e non un documentario, come tiene a spiegare il regista: "Il documentario informa e tocca la capacità di ragionare, la fiction va al di là, va fino all'emozione dello spettatore. Il mio sforzo è stato quello di costruire sui documenti un'emozione. E' tutto vero ma passa tutto attraverso dei volti, degli esseri umani che parlano e che ci permettono di identificarci. A questo io tenevo particolarmente".