"Parliamo di cinema, sì?". Dieci minuti con Asia Argento, a margine della presentazione alla stampa de La Storia, serie Rai di Francesca Archibugi tratta dall'omonimo romanzo di Elsa Morante. Una serie che "Ci riguarda tutti: mia nonna era ebrea, mio nonno partigiano. Nella mia famiglia queste vicende non le raccontavamo. Un po' la vergogna, un po' la paura", spiega l'attrice a Movieplayer.it. Asia Argento interpreta Santina, una donna "un po' sgangherata, che porta allegria e amore, grazie ai tarocchi racconto alle persone ciò che vogliono sentirsi dire".
"Un'opportunità", secondo Asia, quella di partecipare ad una serie nevralgica come La Storia, che porta nuova luce su un romanzo aspramente criticato negli Anni Settanta. Un'opera, tra l'altro, che si aggiunge al percorso di Asia Argento, attrice intelligentissima, e dalla presenza scenica forte, tornata protagonista anche in un prodotto tv (a dieci anni da Rodolfo Valentino - La leggenda), insieme alla serie Gigolò per caso, in streaming su Prime Video.
Asia Argento, la nostra intervista
Asia, cinema e serialità. Ma vedendo La Storia, ha ancora senso fare questa distinzione?
Solo da un punto di vista geografico. Un prodotto lo vedi a casa, l'altro al cinema. Mentre giravo La Storia, sentivo di stare a girare un film. C'erano tante macchine da presa, ed era una sensazione magica, quasi da teatro. Ho sentito una forte libertà. Poche volte ho avuto questa libertà, sia nel personaggio sia nell'improvvisazione. Poi, la libertà arriva solo con i grandi registi. E Francesca Archibugi è tra le top, in assoluto. Dietro c'è un grande studio, di tutti. Una serie molto competente, muovendomi nei contorni di un personaggio scritto, senza rinunciare ai guizzi.
La serie parla di un popolo indifeso. Oggi abbiamo di nuovo perso le nostre ideali protezioni?
Non ho vissuto quell'epoca, ovviamente. Però dico: dobbiamo difenderci da soli. Anzi, io vado all'attacco. Non vedo un popolo indifeso, come una pecorella smarrita. Né all'epoca, né ora. Era un popolo che si difendeva, questo sì. Un popolo di selvaggi? Siamo ancora oggi dei selvaggi? Credo di sì, almeno negli istinti primari, nella difesa del nostro cibo, o del territorio. Diventiamo tutti animaleschi.
Ne La Storia leggi le carte. Ma la fortuna, nel mondo del cinema, ha davvero rilevanza?
Il DNA è scientifico. Mia nonna era una fotografa brasiliana, mio nonno invece regista, come mio padre, chiaramente. Questo ha influenzato i miei talenti e le mie passioni. Poi ci vuole lavoro. Non c'è fortuna, non ci credo nelle stelle. Se mi impegno e studio, come faccio da quarant'anni, perché amo questo lavoro, è perché amo ciò che faccio. Per trasmettere qualcosa, bisogna sempre stare in punta dei piedi, senza pensare di essere arrivati. Niente è scontato in questo mestiere.
La Storia, la recensione: una serie tra le pagine della Storia italiana
"Gli americani? Fissati con l'AI..."
Un mestiere che in Italia non è considerato un vero e proprio lavoro...
La gente vede il risultato, e crede sia facile, tra trucchi, flash, vestiti. Eppure, dietro c'è un enorme lavoro. Non sanno che orari di set abbiamo, le ore che passiamo al trucco, e poi la disciplina che ci vuole, così come la memoria. L'attore è un atleta che deve stare in forma, sia mentalmente che fisicamente. Però, non è importante che quesa consapevolezza arrivi per forza agli altri. L'importante è che sia io la prima consapevole. Non mi interessa essere compresa o capita dagli altri. Alla fine, la cosa più importante è il lavoro.
C'è qualcosa che cambieresti nella nostra industria? Penso allo sciopero che ha tenuto in tensione Hollywood...
No, ma gli americani sono dei matti! Hanno una fobia, sono fissati con questa intelligenza artificiale. Guardano troppa tv, e pensano di ritrovarsi in un film di Kubrick. Pensano pure che saremo sostituiti dalla stessa AI. Poi, magari noi italiani siamo indietro di quindici anni, e allora questa minaccia non l'avverto. Dico però che apprezzo sempre chi si ribella, chi protesta in base al loro credo, pur non capendone direttamente i motivi.