Recensione La settima musa: un horror fra mistero e poesia

La recensione de La settima musa: l'horror esoterico di Jaume Balagueró si rivela un prodotto confuso e superficiale, ben lontano dall'originalità di REC.

La settima musa: Elliot Cowan e Ana Ularu in una scena del film
La settima musa: Elliot Cowan e Ana Ularu in una scena del film

Nel 2007 il catalano Jaume Balagueró, già piuttosto noto in patria come specialista del cinema di suspense, firmava a quattro mani insieme al valenziano Paco Plaza REC: un film che, adoperando la tecnica del cosiddetto found footage, si dimostrava in grado di scrivere una delle pagine più interessanti relative al genere horror in epoca contemporanea, e il cui poderoso effetto immersivo contribuiva a dar vita ad un esemplare meccanismo di tensione.

Dopo una decina d'anni e tre progetti intermedi, ovvero due titoli legati al franchise di REC e il thriller psicologico Bed Time, Balagueró torna sulla scena con La settima musa, sua prima produzione in lingua inglese dai tempi di Fragile (2005), basata su un romanzo dello scrittore cubano José Carlos Somoza, La dama numero tredici: un'incursione nei territori dell'horror soprannaturale e dalle sfumature esoteriche, attraverso un film senza particolari pretese artistiche, ma rivolto esclusivamente agli appassionati del filone.

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La Settima Musa
La settima musa: una scena del film

"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate"

La Settima Musa Ana Ularu
La settima musa: Ana Ularu in una scena del film

Sono i versi dell'incipit del terzo canto della Divina Commedia, ovvero la famigerata iscrizione incisa sulla porta dell'Inferno ("Per me si va ne la città dolente"), ad aprire l'opera di Jaume Balagueró: il film ha inizio infatti durante una lezione di Samuel Solomon (Elliot Cowan), carismatico docente di letteratura presso l'Università di Dublino, ammirato dagli studenti per il suo approccio anticonvenzionale all'insegnamento e legato sentimentalmente a una sua allieva, che si chiama (indovinate un po') Beatriz (Manuela Vellés). Alcuni mesi dopo un improvviso, tragico evento destinato a sconvolgere la sua vita, Samuel cade in preda a un angoscioso incubo ricorrente: l'omicidio di una ragazza, consumato attraverso un agghiacciante rituale. Insieme a una sua collega, la professoressa Susan Gilard (Franka Potente), l'uomo comincerà ad interrogarsi sul possibile significato di questo sogno.

La Settima Musa Elliot Cowan Manuela Velles
La settima musa: Elliot Cowan e Manuela Vellés in una scena del film

Fin dai principali elementi narrativi, senza svelare ulteriori dettagli di una trama che fa leva sul tradizionale compendio di rivelazioni e colpi di scena, si può intuire come Balagueró si affidi in tutto e per tutto ai codici del genere di riferimento: in parte rifacendosi al modello de Il codice da Vinci - una serie di indagini in primo luogo 'accademiche' per svelare oscuri segreti appartenenti a un remoto passato - e in parte premendo a fondo sul pedale del paranormale, con apparizioni stregonesche, magia nera e miti dell'antichità - le muse a cui allude il titolo - che prendono forma e corpo davanti agli occhi, neanche così increduli, del professor Solomon. A questa formula standard si aggiunge ben presto l'immancabile plot romantico, con la giovane Rachel (l'attrice rumena Ana Ularu) che si affiancherà a Samuel nella sua oscura missione da "detective dell'occulto".

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Sette muse per un horror privo d'ispirazione

La Settima Musa Franka Potente Elliot Cowan
La settima musa: Elliot Cowan e Franka Potente in una scena del film

Gli amanti delle atmosfere gotiche, e ancor di più quelli delle storie alla Dan Brown, potrebbero dunque gradire l'ultima fatica di Balagueró; ma per tutti gli altri, o quantomeno per chi si aspetta un horror quasi all'altezza del succitato REC, la delusione rischia di essere dietro l'angolo. Questo perché, dopo un prologo d'effetto che in effetti suscita una certa curiosità, il regista spagnolo si adagia su un corredo di facili cliché, senza mai provare a conferire alla narrazione o ai suoi personaggi un qualunque tipo di spessore. Ne La settima musa, del resto, tutto avviene troppo in fretta, con la sceneggiatura che affastella informazioni e twist a iosa, nell'intento di tenere lo spettatore sempre sulla corda, ma che in compenso non riesce ad evocare un immaginario davvero 'credibile'.

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La settima musa: un momento del film

E se si può chiudere un occhio - fino a un certo punto - su forzature e dettagli risibili (oggi come oggi, per dire, chi è che non dispone di un accendino o dell'illuminazione di un cellulare, ma al momento del bisogno sfodera un'anacronistica scatola di fiammiferi?), il limite maggiore del film di Balagueró risiede nella sua sostanziale assenza di profondità: l'orrore, ne La settima musa, non diventa mai il veicolo per dar voce a ossessioni e tormenti dell'animo umano, a dispetto di qualche banale sproloquio sull'amore e l'ispirazione poetica, ma si mantiene ad un livello di pura superficie. Il risultato, insomma, è una sorta di divertissement condito dalle ovvie sequenze macabre: un "gioco di ruolo", a caccia di indizi e di verità nascoste, che magari potrà conferire qualche fugace brivido, ma difficilmente sarà in grado di far provare un'autentica, genuina inquietudine.

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2.0/5