Ricordate i molti servizi televisivi, e non solo, sulla fuga dei cervelli all'estero? Bene, questo fenomeno non riguarda solo il campo scientifico ma anche quello artistico. In modo particolare, poi, il sempre più innovativo campo dell'animazione. Però, dopo un certo periodo trascorso in grandi team come la Pixar, può succedere che si abbia voglia di tornare a casa propria e di utilizzare le conscenze acquisite per applicarle ad un prodotto più eurpeo. Questo è il caso Alexandre Heboyan che, dopo aver realizzato per la DreamWorks Animation successi come Mostri contro Alieni e Kung Fu Panda, ha ritrovato la strada verso la Francia insieme a Benoît Philippon, coregista e sceneggiatore di Mune - Il guardiano della Luna. Per questo motivo, traendo ispirazione da fonti culturalmente varie, l'animazione francese mostra tutti i segni di una multietnia artistica.
A dimostrarlo è proprio la direzione, l'uso delle inquadrature e, soprattutto la caratterizzazione estetica di un protagonista fragile fisicamente, ma poeticamente forte interiormente che nasce da un mix di ispirazione tra Stitch, gli anime giapponesi e soprattutto il mondo fantastico di Avatar. Elemento, questo visibile fin dal primo sguardo dal colore "vestito" da Mune e dal mondo naturale abitato dalla misteriosa creatura. Il tutto, però, è narrato con un tocco di delicata tenerezza propria del linguaggio della vecchia Europa capace, in questo modo, di armonizzare toni e voci diverse.
Viaggiando su Pandora con Miyazaki
Uno degli elementi principali della poetica sviluppata dal maestro dell'animazione Hayao Miyazaki è stato, soprattutto nei primi anni della sua carriera, la natura, i suoi cicli immutaili, oltre ai pericoli corsi per lo sconsiderato intervento dell'uomo. Anche Heboyan e Philippon muovono i passi da un cuore naturalista costruendo un intreccio, a prima vista semplice e quasi infantile, sull'incontro tra i due pianeti che garantiscono alla Terra di mantenere il normale corso del giorno e della notte, oltre che l'evolversi della vita. Naturalmente Mune non ha la profondità evocativa tipica delle "favole" narrate da Hayao Miyazaki, ma si presenta comunque come il tentativo apprezzabile di andare oltre la semplice avventura di scoperta e crescita personale. Così, nel confronto collaborativo tra i due guardiani, nella conduzione dei templi viventi e nella lotta per far si che queste due divinità supreme, il sole e la luna, non muoiano decretando l'immobilità dell'oscurità, si inserisce anche l'elemento del sogno caratterizzato da un ritorno alla tradizionale animazione in 2D. In questo caso i due registi sembrano essersi lasciati condurre dallo spirito guida di Avatar, traformando il loro protagonista fisicamente svantaggiato nel signore di un mondo onirico dove la forza di fa pensiero, immaginazione, leggerezza e spirito di avventura.
Quando gli opposti si attraggono
Il sole e la luna, il buio e l'oscurità, la prepotente forza fisica e la delicatezza del pensiero. Tutto in questa animazione viene costruito su una struttura di opposti, tanto per dimostrare che l'invincibilità e l'armonia nascono nella collaborazione e nella fusione delle differenze. In questo modo Mune e l'incandescente Sohone non solo comprendono l'importanza del proprio compito, ossia mantenere costante il cammino dell'astro affidato ad ognuno di loro, ma imparano a lavorare fianco a fianco perché questo accada. Così, come la luna inizia a morire nel momento stesso in cui il sole viene imprigionato, anche loro trovano stabilità in un rapporto di collaborazione che arricchisce ognuno con le proprie caratteristiche. Certo, a prima vista potrebbe essere un messaggio piuttosto scontato, ma in realtà parlare di collaborazione tra creature e mondi diversi in questi tempi non è mai superfluo. Maggiormente quando a fare da filo d'unione tra questi mondi divisi dall'omnbra e dalla luce è Glim, una creatura di mezzo, plasmabile e dura come la cera di una candela.
Movieplayer.it
3.5/5