La ragazza ha volato, la recensione: Dramma della solitudine

La recensione di La ragazza ha volato, film con cui Wilma Labate torna alla finzione dopo quindici anni da Signorina Effe. Una storia di strappi, violenza e adolescenze perdute scritta dai fratelli D'Innocenzo.

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La ragazza ha volato: una foto del film di Wilma Labate

Un'opera piena di coraggio e disincanto, al centro una figura femminile che urla solitudine e rabbia da un lato, rassegnazione e innocenza dall'altro. Quindici anni dopo Signorina Effe, Wilma Labate torna a dirigere un film di finzione, questa volta sulla base di una sceneggiatura scritta insieme ai fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo (qui potete leggere la recensione de La ragazza ha volato). In sala dal 23 giugno con Adler Entertainment dopo il passaggio nella sezione Orizzonti alla scorsa Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia, trova una naturale collocazione all'interno del percorso artistico della regista, che conferma nel rigore estetico, nell'asciuttezza del racconto e nello sguardo muto un'unicità rara. Un'ora e mezza di inquietudini e inattesi scatti di ribellione, che coinvolgeranno lo spettatore dall'inizio alla fine; impossibile staccare gli occhi e la mente da questa istantanea sospesa sopra le vite dei personaggi che la abitano.

Una storia di abusi e silenzi

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La ragazza ha volato: Alma Noce in una sequenza

Wilma Labate incornicia il racconto de La ragazza ha volato tra due piani sequenza: quello iniziale che dalle finestre con le luci accese di un palazzone di periferia plana lungo il muretto assiepato da giovani in cerca di svago e finisce tra le mura di un anonimo bar; e quello finale, che stacca sul settimo piano dell'edificio dove abita la protagonista. Così si entra e si esce dal film, con un nodo in gola permanente mentre la macchina da presa costringe lo sguardo a pedinare i personaggi che vi si agitano e gli si avvicina con struggenti primi piani. Soprattutto sul volto di Nadia, un'adolescente "scomoda" di quasi diciassette anni, gli occhi segnati da un'apparente impossibilità di riscatto, una voglia color amarena appena sotto al sopracciglio destro e lo sguardo di chi non ha ancora capito chi è.

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La ragazza ha volato: Alma Nocee Luka Zunic in un'immagine

Una ragazzina attraente che la regista segue mentre si muove per le strade di Trieste alla ricerca di un posto nel mondo; Nadia frequenta l'istituto alberghiero, è schiva e introversa, non ha amici, e le giornate sfilano via senza particolari stimoli, nel grigiore di una città di confine, crocevia di culture, luogo in cui lo skyline livido dei quartieri operai si mescola con la vita ordinata e composta del centro dove i ragazzi affollano i locali e le strade pulite. In uno dei lunghi pomeriggi dopo scuola Nadia conosce Brando in un bar: sembra un ragazzo gentile, le offre un ghiacciolo, iniziano a chiacchierare, fanno una lunga passeggiata insieme, poi lui la invita a casa dello zio, lei accetta. Una volta nell'appartamento Brando vuole fare sesso con lei, Nadia non vuole, ma lui la minaccia e la violenta. Nessuno, neanche la sua famiglia saprà mai cos'è successo, neppure quando scoprirà di essere incinta e deciderà di portare avanti la gravidanza. Da quel momento in poi sarà sola, ostinatamente rassegnata e devastata dal peso del mondo fuori, ma determinata a tenere il bambino seppur in un clima di inerzia diffusa.

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Il cinema inquieto di Wilma Labate

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La ragazza ha volato: Alma Nocee Luka Zunic in una scena

La firma dei fratelli D'Innocenzo c'è e si vede nelle atmosfere e nei toni di una storia di marginalità, di adolescenti persi e adulti immobili, ma Labate la porta ad esplorare anche altri territori con scelte stilistiche spesso in netta contrapposizione rispetto a quelle a cui ci hanno abituato i registi di Favolacce. Il connubio si rivela perfetto. Per la regista è l'occasione di tornare al proprio cinema di impegno, irrequieto, solitario e teso e spesso spietato: tutto resta in campo anche lo stupro, che si consumerà sotto gli occhi dello spettatore inchiodandolo ai primi piani della protagonista. Una sequenza straziante di una manciata di minuti, interminabili nella percezione di chi guarda; il rigore e la compostezza sono tali da allontanare qualsiasi forma di voyeurismo o compiacimento. È una storia di solitudini e personaggi inermi, lo è anche la famiglia di Nadia, che ha fatto dell'immobilismo e della incomunicabilità il proprio universo.

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La ragazza ha volato: Alma Nocee Luka Zunic in una scena del film

L'unico atto ribelle e controcorrente è quello della protagonista, che non esiterà a avvolgersi in una divisa a buon mercato e a mandare giù un lavoro che detesta pur di mantenere il suo bambino. La ragazza ha volato è soprattutto un film di silenzi, corpi e gesti abitudinari, di negazioni e atti a loro modo sovversivi, in cui l'interpretazione misurata e in sottrazione di Alma Noce gioca un ruolo fondamentale: unica nel restituire quella timidezza e ruvidità che fanno di Nadia un personaggio di rara grazia.

Conclusioni

La recensione de La ragazza ha volato si conclude sull’interpretazione di Alma Noce, la giovane attrice che si carica sulle spalle l’intera storia lavorando in sottrazione. Il suo sguardo imbronciato, l’attitudine ruvida e timida di un’adolescente persa sotto il cielo di Trieste, il volto quasi sempre in primo piano fanno metà del film. Complici indiscusse le scelte registiche di Wilma Labate sempre giuste, coerenti e mai sopra le righe e una sceneggiatura solida scritta insieme ai fratelli D’Innocenzo.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • Il rigore estetico e l’asciuttezza della narrazione.
  • Wilma Labate racconta la ferocia di un abuso con uno sguardo di unicità rara: senza voyeurismi o compiacimenti.
  • Un’ora e mezza di inquietudini e inattesi scatti di ribellione, che coinvolgeranno lo spettatore dall’inizio alla fine.
  • L’interpretazione in sottrazione di Alma Noce: il film è lei, il suo sguardo imbronciato e la sua rassegnazione.

Cosa non va

  • Il ritmo lento potrebbe stancare un pubblico poco incline a questo tipo di narrazione.