Recensione Le due sorelle (1973)

Un film manifesto che chiude la prima fase artistica del geniale regista americano; quella più anarchica e sperimentale, molto vicina alla Nouvelle Vague francese, per avvicinarlo ad un cinema ostentatamente cinefilo e "visivo".

La perversione dello sguardo

Uscito nel 1972 come realizzazione "indipendente" nella Pressman-Williams Productions, Le due sorelle ricopre un'importanza decisiva nella filmografia di Brian De Palma perché è il primo film che racchiude tutte le tematiche che da allora in poi lo contraddistingueranno. Una sorta di manifesto d'intenti in poche parole, che chiude la prima fase artistica del geniale regista americano; quella più anarchica e sperimentale (da Oggi sposi a Impara a conoscere il tuo coniglio), molto vicina alla Nouvelle Vague francese, per avvicinarlo ad un cinema ostentatamente cinefilo e visivo.

La modella Danielle Bréton vive la sua normale vita nascondendo un segreto: è la metà di una coppia di gemelle siemesi divise tramite un'operazione chirurgica. Se la divisione ha funzionato perfettamente sul piano fisico, gravi turbe psichiche accompagnano Danielle, che in un momento di incoscienza uccide un uomo conosciuto ad un programma di candid camera (dall'emblematico nome Peep Show) e che aveva invitato a casa per allontanare il suo ex marito: lo psichiatra Emil Bréton. L'omicidio però, non passa inosservato perché la sua vicina e giornalista Grace Collier ne scorge le tracce dalla finestra di fronte. Osteggiata dalla polizia, la giornalista decide di indagare su Danielle finendo per scoprire il mistero della sua doppia personalità.

Come già accennato, in Le due sorelle l'idea di cinema di De Palma è praticamente giunta ad una sintesi completa. Il cinema è illusione ed indagine sullo sguardo e questo suo film è una vera e propria allegoria della visione e una riflessione sui segni e sulla loro produzione. Dal punto di vista dei generi, il film è una virtuosistica e un po' ridondante crime-story dalle sfumature horror, (il suo stile manca ancora di omogeneità ed equilibrio) funzionale comunque allo scopo che si prefigge il regista: svelare la natura morbosa e colpevole della visione.

E' il voyeurismo infatti il tema assoluto del film ed è metaforizzato sostanzialmente attraverso due metodologie stilistico-narrative: il tema del doppio (spinto fino all'eccesso) e il cinema come metalinguaggio. Evidente è infatti continuo rimando cinefilo. Per De Palma, l'universo visivo di riferimento è sempre il cinema, specie nella lettura privilegiata di Alfred Hitchcock, da sempre fonte d'ispirazione o meglio vera e propria grammatica della rappresentazione per il regista italo-americano. Non ci vuole quindi un occhio neanche molto allenato per scorgere nel film citazioni da Psycho (la struttura del film), a La finestra sul cortile (la scoperta dell'omicidio), passando per Notorius - L'amante perduta ( (la donna incosciente) e per Io ti salverò (lo psicanalista).

Sotto il profilo più squisitamente tecnico è lo split screen (che da sempre affascina De Palma) a rendere esplicito quanto espresso sinora. Questo viene usato in sostituzione di altre tecniche tradizionali: nello specifico, sincronizzando il campo e controcampo in un'unica suggestiva immagine e al posto del montaggio parallelo in varie occasioni con un effetto decisamente straniante come a voler esplicitare deliberatamente l'illusorietà del cinema e la sua impossibilità di riproporre la realtà sullo schermo.