La nuova vita del gigante verde
Quando qualche tempo fa la Marvel decise di prendere in mano la sua gigantesca creatura verde, che così poca fortuna aveva avuto presso il grande pubblico delle sale cinematografiche, per produrre lei stessa un nuovo film sull'incredibile Hulk, la linea guida principale per la sua realizzazione fu fondamentalmente una: dimenticare Ang Lee, recuperare il vecchio telefilm. In molti avevano infatti bistrattato (esagerando) il film diretto dal regista di Taiwan non riuscendo a coglierne l'importante valore sperimentale sia a livello estetico che narrativo, pretendendo da un film di supereroi più azione, più spettacolarità, e un cattivo degno di questo nome che non facesse passare lo stesso Hulk come elemento più negativo della pellicola. Insomma, l'approccio sofisticato di Ang Lee (che comunque di quel film non era sceneggiatore) non incontrava il gusto di un pubblico che accusava il regista di una certa presunzione fine a sé stessa e che chiedeva in definitiva un prodotto meno freddo, forse più banale, ma in grado di intrattenere senza fronzoli, come un fumettone Marvel è chiamato a fare. Ad accontentare quindi i detrattori del film di Ang Lee ci prova ora L'incredibile Hulk diretto da Louis Leterrier, giovane regista francese di film d'azione adrenalinica, come la serie Transporter e Danny the Dog, che danno subito una chiara idea del nuovo corso della furia verde.
Per rifare l'immagine a Hulk si è quindi scelto, con grande furbizia, un team di nomi che risultassero credibili e che avessero appeal sia sulla massa che sulla nicchia cinefila dalla puzza sotto il naso. Vale a dire personaggi come Edward Norton (che firma addirittura la sceneggiatura, insieme a Zak Penn, autore degli script per gli X-Men, I fantastici quattro e compagnia), Tim Roth e William Hurt, con il jolly Liv Tyler chiamata a coniugare bellezza e determinazione. Siccome sarebbe stato di cattivo gusto ripartire da zero, offrendo una nuova versione dell'origine della bestia e dimenticando totalmente così il precedente Lee, L'incredibile Hulk sintetizza molto velocemente, nei titoli di testa, il perché lo scienziato Bruce Banner si nasconda in Brasile e perché tenga sempre sotto controllo i battiti del suo cuore che superata una certa soglia possono trasformarlo in un gigante verde dalla forza sovrumana e distruttiva. Lontano dalla donna che ama, Banner prova a sfuggire alla caccia dell'imponente macchina militare statunitense che vuole catturarlo per sfruttare i suoi poteri, utilizzandolo come una terribile arma mortale. Nel frattempo, cerca una cura per dominare il suo male, che nutrendosi della sua rabbia lo trasforma nella bestia verde d'ira che terrorizza chiunque ne venga a contatto, finché un nuovo e più cattivo mostro, generato da un uomo affamato di potere, spunta fuori per abbatterlo e approfittare della sua potenza a fini più pericolosi. Forse non avranno fatto bene alla pellicola i settanta minuti sfilati dal montaggio definitivo, che tanto sembrano aver fatto arrabbiare Norton, ma purtroppo l'esile trama del film è tutta qua: una caccia forsennata che esagera in quanto a ingenuità, una storia d'amore romanticamente impossibile tra la bella e la bestia in stile King Kong, e un duello tra titani, altamente spettacolare sotto il profilo visivo, ma che non va oltre il rimando alla frenesia da videogame.
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Tra i riferimenti che si possono scorgere nel film, oltre alla serie originale che prevedeva un protagonista in perenne fuga, anche quello alla trilogia dell'agente Jason Bourne, in particolare The Bourne Ultimatum - Il ritorno dello sciacallo, con i frequenti cambi di location e gli inseguimenti all'ultimo respiro. Partendo dal cuore del Brasile, Leterrier fornisce alle favelas carioca un fascino esotico che va evidentemente a cozzare con l'effettivo degrado di queste baraccopoli, che qui diventano semplicemente un labirinto perfetto dove far muovere Bruce Banner in fuga dai suoi cacciatori. Il ritmo è serrato, l'inseguimento tra le strade e sui tetti è indubbiamente tra le scene più entusiasmanti del film e le riprese aeree destano gran meraviglia, ma la sensazione è che piegare certe ambientazioni alle esigenze filmiche facendole apparire quasi delle cartoline turistiche, non sia poi così rispettoso verso quei posti. Anche perché il passaggio al territorio americano è netto ed evidente e il film comincia a diventare fiacco proprio quando ci si trova su un suolo dal paesaggio così "normale", nonostante le strade di Harlem, ricostruite per l'occasione a Toronto, con i loro fuochi e i loro elementi distrutti dal passaggio dei mostri in lotta riescano comunque a essere estremamente suggestive. Unico caso di superoeroe interamente realizzato in tecnologia CGI, Hulk sa catturare lo sguardo dello spettatore quando è sullo schermo, così come la sua nemesi Abominio si lascia ammirare con grande piacere, nonostante il tentativo di renderlo estremamente sgradevole nell'aspetto, quando entra in campo per distruggere il suo avversario.
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