85 milioni di dischi venduti nel mondo. Un album, Romanza, divenuto il disco italiano più venduto della storia. Una voce lirica piegata a interpretare il pop regalando al suo possessore un successo strepitoso. Una hit, Con te partirò, che ormai conoscono perfino i sassi e che il pugile tedesco Henry Maske scelse come colonna sonora per il suo addio al ring contribuendo a far scalare le classifiche di tutto il mondo. Per coronare una carriera straordinaria, ad Andrea Bocelli mancava solo una consacrazione cinematografica. Consacrazione che adesso è arrivata grazie a Michael Radford. La musica del silenzio è un biopic musicale che porta sul grande schermo la vita del tenore toscano partendo dal libro omonimo firmato da Bocelli nel 2010 e soffermandosi su aneddoti meno noti che riguardano l'infanzia e l'adolescenza del cantante.
Il film si apre con la nascita di Bocelli e si chiude subito prima della sua partecipazione al Festival di Sanremo raccontando le difficoltà dovute alla malattia che lo ha privato della vista da piccolo, la formazione e i tentativi di trasformare la passione per il canto in un lavoro. A quanto pare ben poco viene cambiato nella ricostruzione, a partire dalla descrizione della famiglia del cantante, unita e pronta a sostenerlo in ogni fase del suo difficile cammino verso l'indipendenza. Il tenore sceglie, però, di battezzare il suo alter ego con lo pseudonimo di Amos Bardi. Amos, per altro, è il nome del suo primogenito.
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Agiografia musicale
La musica del silenzio si apre con un cameo di Andrea Bocelli, in bianco e nero, impegnato a scrivere la propria autobiografia. A conclusione del film lo rivediamo in un breve sunto dei momenti chiave della sua carriera, dalla partecipazione a Sanremo ai celebri duetti, dalle opere liriche alla consegna della stella sulla Hollwyood Walk of Fame. La stessa voce del cantante diviene voice over in alcuni momenti del film riprendendo brani dell'autobiografia per riassumere alcuni momenti chiave della sua storia. Se si escludono queste scelte che all'occhio smaliziato risultano un po' troppo autocelebrative, La musica del silenzio si rivela un discreto biopic che ha i suoi punti di forza nella ricostruzione puntuale delle diverse epoche in cui il film si svolge e nella valorizzazione del paesaggio toscano rurale, da Lajatico a Volterra.
Michael Radford conferma la fama di regista umanista e lavora su un doppio binario: aderisce ai personaggi tratteggiandone i connotati psicologici nel tentativo di far emergere la loro anima e immerge le figure umane in un contesto storico-naturalistico ricostruito con dovizia di dettagli e un certo gusto estetico. Radford lavora per sommi capi. Riassumere anni in una manciata di minuti non è semplice così il regista prova a fare una selezione narrando in ordine cronologico episodi significativi dell'infanzia e della giovinezza di Amos Bardi. L'esigenza agiografica costringe il regista a sorvolare sui punti critici rappresentando Amos Bardi e tutti coloro che gli stanno intorno in una luce necessariamente positiva. Di conseguenza a tratti il film scivola nella semplice esaltazione e nello script non mancano stridenti ingenuità. Difetti perdonabili quando il target di riferimento sono i fan di Andrea Bocelli. Considerato da questo punto di vista, il film sembra funzionare ottimamente come un modo per approfondire la conoscenza della vita e della carriera del cantante.
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Un cast vitale e musicale
Rispetto ai canoni del biopic tradizionale, La musica del silenzio si impone come opera corale. Scelta dovuta in parte all'ambiente rurale in cui vive Amos, circondato da un vero e proprio clan, e in parte alla sua menomazione che lo vede costantemente immerso in una collettività fatta di famiglia, amici e parenti. Avendo poco tempo a disposizione e molti personaggi, Michael Radford sacrifica figure potenzialmente interessanti delineandone i tratti sommari per concentrarsi sui tormenti del suo volitivo protagonista. A interpretare Andrea Bocelli da adulto è Toby Sebastian, noto per il ruolo di Trystane Martell ne Il trono di spade. Sfruttando la somiglianza fisica con Bocelli, Sebastian compie un lavoro puntuale riproducendone gesti, movenze e postura dando vita a una performance tanto più mimetica man mano che la storia avanza.
Jordi Mollà interpreta un padre affettuoso, ma non troppo incisivo. Più interessanti Luisa Ranieri, madre premurosa e attenta, e soprattutto Ennio Fantastichini nei panni dello zio, colui che avrà un ruolo fondante nel successo del nipote trasmettendogli la passione per l'opera. Un discorso a parte va fatto per Antonio Banderas che interpreta il maestro di canto di Amos. La sua performance si apre tra vezzi e smorfie facendoci temere il peggio. In realtà, dopo aver cavalcato l'onda dello stereotipo, il veterano Banderas trova il registro giusto facendo leva sul proprio humor e dando vita a un personaggio interessante e dotato di tensione drammatica.
Protagonista tra i protagonisti, la musica non può non avere un ruolo essenziale. Michael Radford sceglie di utilizzare per lo più musica diegetica, dalle arie d'opera che ascolta lo zio di Amos alle prime esibizioni al concorso canoro in Versilia, passando per le canzoni suonate al pianobar per guadagnare qualche soldo. Con questo profluvio di romanze, canzoni e arie liriche conservare la sobrietà non è facile, ma il regista ci prova mantenendo un tono rigoroso per quanto può. Vi è un unico momento di enfasi in cui Radford si fa prendere la mano, quando la musica esplode a sottolineare l'urlo della madre di Amos di fronte alla scoperta che la perdita della vista del figlio è ormai totale. Uno squarcio lirico durato un attimo e subito riassorbito nel tessuto pop del biopic.
Movieplayer.it
3.0/5