La Madonnina guarda Milano dall'alto. Una volta era vietato costruire qualcosa che si ergesse più in alto della Madonnina. Oggi si costruiscono i grattacieli. Milano oggi guida l'Italia e deve guardare avanti. Perché se guarda indietro è il disastro. Un tempo, tra gli anni Settanta e l'inizio degli anni Ottanta, Milano era il Far West: banditi, rapine, ladri, assassini, pistole, morti ovunque. Nella recensione de La Mala. Banditi a Milano, la nuova docu-serie disponibile - con tutti i suoi 5 episodi - dal 17 aprile alle 19.10 su Sky Documentaries, in streaming su NOW e on demand, vi racconteremo questa storia nerissima. La Mala. Banditi a Milano è una docu-serie Sky Original prodotta da Mia Film in collaborazione con Seriously, scritta da Salvatore Garzillo, Chiara Battistini e Paolo Bernardelli e diretta da Chiara Battistini e Paolo Bernardelli. Il documentario è interessante, teso, vibrante, grazie a materiale di repertorio e un ottimo lavoro di ricerca e di montaggio.
Prima della Milano da bere...
Nel 1884 in città compare una scritta, una pubblicità: "Milano da bere". In qualche modo finisce un'era e ne comincia un'altra. La Mala. Banditi a Milano racconta tutto quello che è accaduto prima. Intervista magistrati, giornalisti, poliziotti. Si comincia con Piercamillo Davigo, magistrato noto per essere nel pool di Tangentopoli, che ci racconta la storia di Angelo Epaminonda, detto "il Tebano", criminale dedito soprattutto al gioco d'azzardo. A Milano negli anni Ottanta le bische erano all'ordine del giorno, perché c'era una grande domanda. Epaminonda ha iniziato da lì per passare alla droga e agli omicidi (60 in 3 anni). Tra i protagonisti di questa storia ci sono anche Achille Serra, allora capo della squadra mobile, poliziotto che non porta la pistola perché crede che l'arma di un poliziotto sia soprattutto, il dialogo, e Alberto Nobili, un altro magistrato. Bravissimi a rievocare un mosaico dove entrano Cosa Nostra, Lello Liguori, famoso padrone di locali notturni, e il Conte Borletti. A un certo punto della storia entrano in scena anche Bettino Craxi, e il piano ordito per eliminarlo.
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Renato Vallanzasca, il grande protagonista
Nell'episodio 2 entra in sena la grande star della scena, Renato Vallanzasca, rivale del boss Francis Turatello. Renato Vallanzasca, il bel René, è stato un personaggio che è uscito dalla cronaca nera di quegli anni per entrare nella cultura italiana, nel costume, arrivando fino al cinema. Ricordiamo infatti l'ottimo film Vallanzasca - Gli angeli del male, di Michele Placido con Kim Rossi Stuart, una sorta di poliziottesco aggiornato ai nostri tempi. Di Vallanzasca sappiamo tutti, ricordiamo le sue rocambolesche evasioni A lui è legata la malavita "leggera", non si capisce perché la chiamino così, se per la superficialità o per la velocità di certi atti. Certo è che è un'idea di criminalità quasi romantica: personaggi quasi da film, cattivi ma buoni. Se non fosse per gli omicidi anche Vallanzasca ci rientrerebbe. Vallanzasca è un protagonista assoluto di questa serie. Appare, effettivamente bellissimo e fascinoso, nelle immagini di repertorio degli anni Settanta. Appare anche come oggi, in delle interviste davvero interessanti, basco in testa, baffi e quella sua affabilità e comunicativa che lo rende un testimone eccezionale di quegli anni, e per un documentario come questo.
Come in una biblioteca: la possibilità di aprire altri libri e leggere altre storie
La storia della criminalità milanese si intreccia così con altri momenti neri della Storia italiana, come con la strage di Piazza Fontana, quella raccontata in Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, con la strategia della tensione e gli anni di Piombo, Sono momenti di cui va tenuto conto, perché hanno contribuito a creare quel clima in cui è nata la criminalità milanese. Milano era diventata l'università della criminalità: il terrorismo, le Brigate Rosse, i sequestri di persona. Il bello di prodotti come questo è che sono come l'accesso a una biblioteca. Ogni minuto della visione è non solo il racconto di quel fatto, ma la possibilità di prendere dallo scaffale un altro libro, un collegamento a un altro argomento, un altro film.
Il cinema e la docu-serie
La Mala. Banditi a Milano è un documento prezioso. È costruito immagini di repertorio, alternate a interviste (con gli intervistati in scena) e spezzoni di vecchi film scelti in modo coerente al racconto, sottolineando alcuni concetti della storia. Gli spezzoni di cinema aggiungono suggestione e atmosfera a quello che è un racconto prettamente televisivo. I titoli, in stampatello maiuscolo giallo, evocano libri gialli e permettono la fruibilità e la chiarezza del racconto.
Milano come la New York degli anni Settanta
Il documentario serve ad aprire, per qualche ora, uno scrigno che avevamo ormai chiuso. La Milano da bere, la capitale "morale" del paese, la città che sta crescendo con i grattacieli, la città della pubblicità e dell'Expo, un tempo era diversa. Era un po' come New York, oggi "city of blinding lights", ma che negli anni Settanta era la città sporca e viziosa di Taxi Driver e Walk On The Wild Side di Lou Reed, quella raccontata in Vinyle The Deuce. Non è un caso che, a un certo punto, si citi lo Studio 54 di New York, gestito da quel Lello Liguori che gestiva anche molti locali milanesi. Così anche la Milano scintillante, pulita, veloce di oggi ha degli scheletri nell'armadio. Aprire quell'armadio serve a raccontare il passato, a non dimenticare, e anche a esorcizzare un passato nero, che si spera non ritorni più.
La storia del leone di Bettino Craxi
La Mala. Banditi a Milano è un tipico prodotto factual, ma che profuma di poliziottesco anni Settanta. Anche se in chiave documentaria, è il "Romanzo Criminale" milanese. Racconta una parte d'Italia avida, affannata di denaro, un'Italia che vuole andare veloce, velocissima, prendere qualsiasi scorciatoia verso una ricchezza senza limiti. È un racconto in cui la realtà supera anche i film. La storia che Epaminonda abbia regalato un leone, un cucciolo, a Bettino Craxi, e quindi alla figlia Stefania, sembra uscita da un film alla Scarface. Ma, a quanto pare, è vera.
Conclusioni
Nella recensione de La Mala. Banditi a Milano, vi abbiamo parlato di una docu-serie interessante, tesa, vibrante, costruita grazie a materiale di repertorio e un ottimo lavoro di ricerca e di montaggio.
Perché ci piace
- Il grande lavoro di ricerca, tra interviste a personaggi autorevoli e prezioso materiale di repertorio.
- La scelta di inserire spezzoni di film dell'epoca, che creano la giusta atmosfera per il racconto.
- Il fatto che le storie di criminali si intersechino con altre storie d'Italia.
Cosa non va
- Non si tratta di un difetto, ma è chiaramente destinato a un pubblico a cui interessa l'argomento...
- ... e a un pubblico che ama seguire quello che è un documentario comunque televisivo.