Da ieri e fino a mercoledì La grande bellezza torna nei cinema in versione integrale, con l'aggiunta di 30 minuti di scene inedite. Chi non ha ancora avuto la possibilità di vedere il film di Paolo Sorrentino sul grande schermo può rimediare. Chi lo ha già visto scoprirà momenti inediti e nuove forme di bellezza. La lunghezza dell'opera, già importante, passa da 142 a 172 minuti, ma il fascino della Roma decadente e lasciva fotografata dallo sguardo partecipe del regista fa sì che il tempo voli. Per lanciare l'anteprima nazionale dell'uscita evento patrocinata da Nexo Digital, Sorrentino ha scelto la Toscana. Ospite d'onore a Parlare di Cinema a Castiglioncello, il regista ha introdotto la nuova versione di fronte a un folto pubblico spiegando cosa lo ha spinto ha rimaneggiare la pellicola dopo la conquista dell'Oscar.
"La versione che vedrete al cinema è il first cut. Era la mia prima scelta, ma all'epoca ci spaventò la durata e riducemmo il film a due ore e venti. E' stata una mia autocensura" confessa Paolo Sorrentino. "Col passare del tempo ci siamo resi conto che il fascino de La grande bellezza stava nell'accumulo e abbiamo recuperato 30 minuti di divagazioni sacrificate per rendere la trama più lineare. Visto l'esito del film, mi sembrava interessante che gli appassionati avessero la possibilità di vedere la versione originaria. La pellicola contiene un sottotesto in cui si racconta la fatica di vivere provata da certi individui che trascinano un'esistenza priva di progettualità. Concetto, questo, che poteva essere reso al meglio con una lunghezza estenuante".
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"Il mio sguardo su Roma? Un turista senza biglietto di ritorno"
Paolo Sorrentino ha il dono di esprimere concetti di inedita profondità filosofica con lo stesso tono con cui commenterebbe i risultati del suo Napoli. Frutto di un'autoironia che non manca di sfoderare in ogni occasione e di quella napoletanità intrinseca che lo aiuta a non prendersi troppo sul serio. "Lo sguardo di Jep Gambardella su Roma è uno sguardo turistico. Mi hanno criticato per questo, ma lo sguardo dei non romani sulla Roma del centro storico è quello di un turista senza biglietto di ritorno. La condizione ideale. Ma è anche uno sguardo disincantato sulle false tentazioni che offre la metropoli. Con Londra o New York il concetto sarebbe il medesimo, ma Roma è più illusoria, è un grande luogo di vacanza. In centro è difficile distinguere i romani dai turisti". Il premio Oscar, però, ci tiene a specificare che il suo "non è un film su Roma, ma su come un personaggio come Jep vede la città. La vede d'estate, nei luoghi in cui si cammina a piedi. Ne emerge una specie di città ideale in cui il personaggio si misura con volgarità e decadenza, ma ne rifugge addentrandosi nella bellezza. Bellezza intesa in senso duplice: bellezza monumentale, ma anche bellezza nella volgarità decadente".
Tra le scene inserite da Sorrentino nella versione integrale vi è una lunga intervista di Jep Gambardella a un anziano regista barbuto interpretato da Giulio Brogi, il quale si sofferma sulla natura consolatoria del cinema. Considerazioni autobiografiche? "Il cinema è un lavoro che viene scelto dai disadattati, da chi fatica a rapportarsi alla vita vera" rivela Sorrentino. "Permette di fuggire dalla realtà, di crearsi un mondo altro, un lenitivo per il quotidiano. Il dramma è che è un lavoro talmente appassionante da rendere impossibile tornare indietro". Riflettendo sulla possibilità del mezzo come via di fuga, il regista prosegue: "Ci sono i fautori del cinema ultrarealistico, mentre per me i film non devono essere realistici, ma saper creare al loro interno un mondo coerente e credibile. Se adempiono a questo compito, sono film riusciti".
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Cinema e senilità
Paolo Sorrentino ci tiene a rimarcare che le integrazioni fatte nella nuova versione de La grande bellezza amplificano la dimensione più leggera, stemperando la cupezza di fondo. In questo senso vanno lette la caccia alla puzzola lanciata dal cardinale di Roberto Herlitzka, l'arrivo di una mongolfiera e il semaforo nel nulla che Jep Gambardella si trova di fronte all'improvviso, strizzata d'occhio ai tanti "strazi urbanistici di Roma". In più è stata ampliata la scena in cui il personaggio di Toni Servillo incontra un'affascinante Fanny Ardant che passeggia in Via Veneto alle tre di notte. "Ho voluto creare un vero e proprio omaggio a La signora della porta accanto perché Truffaut, con Fellini e Scorsese, è uno dei registi che amo di più. Per altri provo ammirazione, per lui provo invidia. In più Fanny Ardant è una strana donna che, pur essendo una vera diva, ha insistito a lungo per fare la comparsa nei miei film".
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La Roma di Jep Gambardella... e quella del Papa giovane
In Jep Gambardella, come negli altri personaggi affidati a Servillo, si crea un gioco di specchi in cui Sorrentino si riflette. Da Jep ad Andreotti, da Toni Pagoda ai personaggi di Youth - La giovinezza, il regista ha sempre scelto di proiettarsi in alter ego anziani, mentalmente e anagraficamente. "Forse è perché sono cresciuto con due genitori anziani. Non ero figlio unico, ma i miei fratelli sono molto più grandi, quindi il mio universo di riferimento sono sempre state persone molto adulte. Preferisco non indagare le misteriose ragioni psicoanalitiche dietro questa scelta che finora si è rivelata la mia fortuna. Ma ora, invecchiando, penso che sarebbe interessante fare film su giovani, se solo riuscissi a capirli".
Per adesso Sorrentino si focalizzerà su un coetaneo, il papa protagonista di The Young Pope, interpretato da Jude Law. Che differenze ci saranno tra la Roma de La grande bellezza e quella della miniserie tv? "La differenza sostanziale è geografica, visto che si tratta di due stati diversi. The Young Pope è ambientato in Vaticano. Come sarà? In verità non lo so, perché questo lavoro è ancora troppo lungo per comprenderlo". Una cosa è certa. Come spesso è accaduto in passato, il regista è pronto ad accettare le lodi, ma anche le critiche che la sua nuova opera attirerà. "Il cinema è un'arte popolare. Un film non è un trattato di chimica, e tutti sono legittimati a parlare di un film perché è un arte che va a colpire le emozioni umane perciò ben venga ogni giudizio".