La felicità apparente
L'ultimo film di Cristina Comencini è un delicato ed appassionato ritratto dei rapporti tra amore ed erotismo, unione fisica e spirituale.
Sullo sfondo della decadente villa di famiglia s'incrociano i destini dei diversi matrimoni che hanno allargato il nucleo originario. I tre figli di Irene, Sara Rita e Claudio, compiono scelte personali differenti, ma il destino di insoddisfazione personale li accomuna. La solitudine e l'incapacità di comunicare è il triste filo rosso che attraversa e lega le generazioni che qui s'incrociano.
Ogni membro della bella famiglia borghese ha un segreto legato al suo corpo, alla sua passionalità, e proprio l'incapacità di parlarne crea il blocco problematico. La difficoltà non sta solo nell'esprimere un disagio, ma anche nell'apertura mentale dell'ascolto. Infatti, la madre-capofamiglia Irene, che ha gli eleganti tratti di Virna Lisi, sogna per i suoi figli matrimoni felici e bambini, e non comprende scelte alternative a questa soluzione. Tutto ciò che riguarda le passioni e i piaceri del corpo è tabù, e come tale da nascondere e rinnegare. Questa chiusura mentale e fisica allontanerà i suoi figli, costringendoli ad un rapporto di circostanza freddo e superficiale.
La figlia maggiore, Sara, ha quel tocco fragile e nevrotico che solo Margherita Buy sa dare ai suoi personaggi. Rimasta sola con un figlio adolescente, Marco, concentra su di lui le sue angosciose apprensioni, che mascherano paure più profonde. Diffidente ed insicura non è in grado d'instaurare alcun rapporto in profondità, preferendo l'illusione alla realtà.
Apparentemente unita e felice, la famiglia di Rita, la secondogenita, mostra al suo interno tensioni e spaccatura inconciliabili. Il turbamento fisico e spirituale si manifesta negli affascinanti occhi di Sandra Ceccarelli, sempre coperti da un velo di tristezza, che interpreta il travaglio di Rita, contesa tra una bruciante passione fedifraga e la serenità delle sue figlie. Proprio la figlia più piccola, Chiara, nell'attesa del giorno più bello della sua vita, la Prima Comunione, testimonia lo sfacelo della famiglia e lo filtra dal suo innocente e spontaneo punto di vista da bambino, l'unico che riesce ad essere realistico e privo di falsità.
Infine Claudio, Luigi Lo Cascio, l'ultimogenito, e l'unico non sposato. Proprio il suo status-single lo rende oggetto d'incomprensione da parte della madre, così preoccupata delle apparenze da non accorgersi della sua ricchezza interiore. Le diverse scelte sessuali di Claudio lo hanno inevitabilmente allontanato da quella famiglia benestante e benpensante, destinata a cadere a pezzi come la grande e vuota villa, teatro di separazioni e riconciliazioni.
Ogni protagonista finisce per attaccarsi a piccole o grandi dipendenze, che portano loro quel po' d'evasione necessaria a respirare. Sara si attacca alle telefonate di un misterioso interlocutore, Rita alle sigarette, Claudio al suo lavoro, e la madre alla cura della casa.
L'altra location scelta dalla regista e scrittrice è Roma con le sue imponenti statue che si ergono verso il cielo, suggerendo metafisici sentieri, quasi ad indicare il tramite che attraversa le due facce e dimensioni dell'amore. Proprio i due livelli dello stesso sentimento ricorrono insistentemente nel film. La parte fisica ed istintuale dell'amore diviene animalesca nei cani che si accoppiano, e possessiva nelle storie extramatrimoniali. L'anima spirituale, invece, trascende dal carnale e diventa legame inscindibile.
I parenti divengono estranei. Così vicini e così lontani. Quel luogo che una volta era il rassicurante rifugio, ora diviene sempre più spesso luogo da cui fuggire. Le mura domestiche vengono sempre più frequentemente rappresentate come gabbie che opprimono. I recenti casi di cronaca, sempre più sconvolgenti, conducono le riflessioni su questo delicato binario. E' all'interno della casa che, molte volte, nascono insoddisfazioni sfocianti poi in tragedie.
Queste considerazioni non devono certo portare al crollo definitivo della prima e più importante istituzione, bensì alla consapevolezza della sua evoluzione, quale esito inevitabile di una trasformazione esterna, che rende i ruoli non più rigidamente definiti.