"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro; ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". E la famiglia di Lucìa, come quella di Anna Karenina, è insieme volto felice, con alle spalle un fardello carico di profonda delusione. Come sottolineeremo in questa recensione di La famiglia ideale, il gioco delle apparenze è solo uno specchio per le allodole verso un senso di mancanza e di vuoto che tenta e annienta mogli e mariti a cui la vita pare abbia già riservato tutto, mentre l'illusione di poter sentire ancora un barlume di spensieratezza si appassisce come una rosa in inverno. Eppure, quello che poteva presentarsi come un discorso umano nato in seno all'incontro/scontro tra due mondi agli antipodi (borghesi da una parte, famiglie più umili dall'altra) lascia spazio a una galleria di gag sgonfiate nella loro carica ilare, e a situazioni prevedibili che estendono le distanze con il proprio pubblico, rappresentante di un universo come quello reale che tanto avrebbe avuto da condividere con quello qui (ri)proposto.
La famiglia ideale: la trama
Siamo a Madrid. Più precisamente nei quartieri alti della capitale spagnola, dove tutto è pulito, elegante e le mogli fanno a gara con le proprie domestiche per il controllo della casa (e della posizione delle foto sui mobili). Ed è qui, nella Madrid "che conta" (ma solo per chi vive di apparenza e superficialità) che vive Lucia, donna precisa, di classe e di solide idee e principi. Ricca e raffinata, fissata con l'ordine e il decoro, si dedica a tempo pieno alla sua famiglia, rendendola sempre (secondo lei) migliore. Una rincorsa al concetto di perfezione che intacca soprattutto l'amato figlio, Pablo (Gonzalo Ramos), avvocato brillante e dall'animo gentile. A scuotere questa sfera di cristallo in cui si è isolata Lucia è Sara, promessa sposa del figlio. Insegnante di fitness in una palestra della quale ambisce diventare socia, figlia di Miguel (Jose Coronado), un intagliatore di ebano, e Amparo (Pepa Aniorte), prima donna a guidare un pullman di 14 metri. Insieme ai propri genitori, coppia semplice, poco colta e costretta a condividere l'appartamento con un figlio completamente sconnesso dalla realtà, Sara metterà sottosopra il mondo di Lucia con le sue idee diverse su famiglia, decoro, e ordine. Sarà uno scontro tra visioni della vita, in cui la donna sarà chiamata a fare i conti con il lato più umano e fragile di se stessa, tra tentazioni, tradimenti e rinascite.
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Tra realtà e finzione (non) c'è di mezzo la risata
Vuole stabilire un dialogo diretto con la realtà al di là dello schermo, La famiglia ideale. Un tentativo di contatto reso esplicito a partire dalle battute iniziali dell'opera, con quel piano-sequenza pronto a indugiare e curiosare nella vita della famiglia borghese di Ernesto e Lucia, dove tempo del racconto filmico e quello dello spettatore combaciano perfettamente, stabilendo una convergenza temporale che dovrebbe lanciare il proprio pubblico direttamente nel cuore della storia. Enfatizzando i caratteri ed elevando alla potenza ogni singolo evento fino a esacerbare le reazioni dei propri protagonisti con espressioni marcate, e gesti ampi e carichi, la regista Arantxa Echevarria intende seminare nel campo della propria opera germogli visivi e mnemonici che possano innescare nella mente dello spettatore un rapporto di uguaglianza e analogia con il racconto qui proposto. Sebbene tutto nel mondo da lei creato sia oltremodo enfatizzato fino al parossismo, la regista intende stabilire un raccordo diretto con il mondo reale, trattando con la forza del sorriso tematiche di forte rilevanza sociale come i pregiudizi e le discriminazioni, o le crisi personali generate dalla potenza di uno sguardo, o di un semplice tocco della mano. Eppure, è proprio in questa struttura multi-stratificata, dove il racconto si sdoppia e ogni suo livello narrativo merita (o forse no) di essere affrontato, che La famiglia ideale inciampa, facendo a pezzi la propria struttura di sostegno e presentarsi così in maniera confusionaria e poco credibile.
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A venire meno è pertanto l'obiettivo primario alla base dello sviluppo stesso del film: manca nell'opera di Echevarría una qualsiasi forma di aderenza alla realtà. La famiglia ideale si presenta come un collage di immagini (s)legate insieme da una colla ormai seccata, da mani che operano distrattamente e alla rinfusa. Osservato nel suo insieme, il film si presta come un'opera priva di coesione, dove ogni battuta risulta forzata e fuori luogo, e ogni gag traballante e prevedibile. La stessa scena dell'incontro tra i due nuclei famigliari poteva risultare un big-bang di imprevisti e incomprensioni esilaranti, intessuti da un discorso più profondo di matrice sociale e antropologica, capace di strizzare l'occhio a un'opera come Carnage di Roman Polanski. Ribaltando le aspettative, tutto si presta, invece, a mostrarsi come una sequela di occasioni mancate. Se i colori accesi, la luce armoniosa e priva di contrasti, e una regia che si nasconde così da accentuare l'importanza della componente umana affidata ai propri personaggi, riprende e riproduce in maniera corretta tutti i dettami imposti dal genere della commedia, è dal punto di vista narrativo, e di un montaggio poco compatto e pieno di elisioni temporali, che La famiglia ideale trova le lame sacrali con cui compiere il proprio Harakiri cinematografico. Mettendo superficialmente a confronto due temi profondi e pieni di stimoli narrativi come le buffe incomprensioni che possono scaturire dall'incontro tra due famiglie appartenenti a due ambienti (sociali, ma anche urbani) del tutto contrastanti, che una crisi tanto geriatrica, quanto matrimoniale, lo sceneggiatore non riesce né a dare la giusta tempistica ai due temi per svilupparsi autonomamente, né di scegliere su quale argomento concentrarsi, passando indistintamente e con fare forsennato tra l'uno e l'altro. Un'incapacità di scelta e di indagine che intacca negativamente anche la sfera visiva e cinematografica, con la proposta di eventi tra loro slegati, personaggi incapaci di presentarsi appieno dal punto di vista caratteriale - impedendo di stabilire, così, un rapporto affettivo con i propri spettatori - e una superficialità di ripresa di momenti appena accennati nella loro portata comica.
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La galleria della commedia
Ti presento i miei; Quasi amici; Il padre della sposa; È complicato: sono tanti e numerosi i collegamenti intertestuali che sorgono durante la visione del film diretto da Arantxa Echevarría e lo collegano di diritto a un patrimonio cinematografico a esso precedente fatto di cult entrati di diritto per la loro portata comica, e allo stesso tempo implicitamente sociale, nella memoria collettiva. Eppure, ogni rimando cinematografico al posto di rafforzare la portata ironica e sarcastica che dovrebbe trovarsi alla base de La famiglia ideale, ne enfatizza il suo distacco dal mondo della commedia, sottolineando mancanze e lacune (soprattutto narrative) che inficiano lo sviluppo dell'opera, disattendendo attese e sottolineando la prevedibilità di un universo già scritto, già previsto, già visto. La semplicità stessa dei caratteri nati in seno a una riproposizione di stereotipi ben consolidati e facilmente riconoscibili dal pubblico, non necessita dunque un'ampia presentazione facendo di essi una galleria umana di abbozzi umani bidimensionali. A poco serve il talento di Belén Ruedanei panni di Lucìa, o il tentativo di affidare al gioco cromatico di abiti color pastello, e tute dai toni accesi, il contrasto caratteriale e sociale tra la donna e la sua giovane nuora (interpretata da una Carolina Yustee un po' troppo marcata nelle espressioni e nella gestualità). Tutto si sussegue veramente in maniera eccessivamente rapida, tanto da lasciare disorientato e perso il proprio spettatore. Il passaggio tra le varie sequenze non lascia traccia di respiro, ogni evento porta con sé una scia di non-detti e supposizioni, lasciando al pubblico il compito di colmare tali lacune in maniera stancante, sopratutto nel campo della commedia, dove è proprio nel gioco del mostrare troppo, e rivelare poco ai propri personaggi, che scaturisce il riso nel pubblico, e gli equivoci sullo schermo.
Era un terreno di per sé fertile, quello de La famiglia ideale. Coltivato con i semi della diseguaglianza sociale e delle crisi matrimoniali di mezza età, quello spagnolo era un suolo filmico da cui poter raccogliere un'opera ad alto tasso di divertimento e soddisfazione personale. La regista e il suo team creativo si sono dimenticati però di innaffiarlo ai giusti intervalli, facendo sì che l'opera finale crescesse a tratti, colma di dislivelli, e in maniera poco armonica. E così il riso ha lasciato spazio a una smorfia amara, di un frutto acerbo coltivato male.
Conclusioni
Concludiamo questa recensione de La famiglia ideale, rimarcando il concetto che a volte una buona idea non significa necessariamente la realizzazione di un'ottima commedia. La velocità di montaggio e la foga con cui si intende seguire gli aspetti della vita famigliare della protagonista Lucia fanno crollare ogni struttura comica dell'opera, riducendola a un mucchio di occasioni sprecate.
Perché ci piace
- La performance di Belén Rueda
- Il gioco simbolico affidato ai vestiti di Lucia e Sara
- La regia al servizio dei propri protagonisti
Cosa non va
- La superficialità con cui vengono trattati gli argomenti
- La poca riuscita delle battute e delle gag
- Le continue elisioni temporali