La colonna sonora di Starsky & Hutch

La colonna sonora avrebbe dovuto ricreare l'atmosfera musicale americana dei tardi '70 ma riesce solo in minima parte a portare a termine l'impresa.

Chissà per quale motivo non si è voluto investire molto in questa compilation che resterà per sempre un'occasione mancata.
Già si è dimostrato un imperdonabile errore decidere la trasposizione cinematografica di uno dei cult per antonomasia di chi era adolescente o poco meno negli anni settanta: sarebbe stato decisamente meglio lasciare nei ricordi di tutti le gesta televisive dell'affiatato duo evitando di aggiungere il nulla di questo film.

L'errore è raddoppiato dalla mancanza di profondità della relativa colonna sonora che avrebbe dovuto ricreare l'atmosfera musicale americana dei tardi '70 ma riesce solo in minima parte a portare a termine l'impresa.
Capisco che siamo in Italia e non negli USA (dove magari alcune delle citazioni qui presenti raggiunsero maggiori livelli di celebrità), ma chi di voi assocerebbe una di queste canzoni alle avventure di Starsky & Hutch nella mitica serie televisiva alzi una mano!

L'episodio più azzeccato è il più inflazionato del disco, quella That's The Way I Like It dei K.C. & The Sunshine Band che davvero riesce ad evocare le divertenti serate dell'epoca (ed anche attuali visto che rimane uno dei singoli più programmati nei d.j. sets '70/'80).
Altro episodio disco è il ripescaggio di Dancing Machine, pressoché sconosciuta canzoncina dei Jackson 5 con già protagonista l'ancora acerba vocina di un Michael Jackson lontano anni luce sia dai fasti di Thriller che dalle inusitate stranezze dei giorni nostri.
A chiudere la parentesi funk ci sono i Brick, con tanto di assolo di sassofono, chitarrina wah wah, fiumi di tastiere e coretti in falsetto che sanno tanto di Earth Wind & Fire di serie B.

Tocca poi all'angolino soul music, il più affollato, capitanato da Bill Withers con Use Me e che vede come altri protagonisti Maxine Nightingale in perfetto stile Supremes, Leon Haywood, Brigitte Romanek e Dan Finnerty, la cui Feel Like Makin' Love parte à la Marvin Gaye periodo Sexual Healing per diventare un mezzo reggae nel ritornello.

C'è poi il rockettino dei Chicago, il rockettino che non fa male e che tende a scivolare nel languido, languido che sarà il vero marchio di fabbrica del fortunato gruppo americano, negli annali soprattutto grazie ad If You Leave Me Now e Hard To Say I'm Sorry, grandi campioni di lacrime ed amori sbocciati e rapidamente naufragati; più di sapore Southern Rock, à la Lynard Skynard tanto per intenderci, Afternoon Delight degli Starland Vocal Band.

Abbracciamo la Band di The Weight, che ha una vaga spruzzatina di country, la musica che caratterizza l'interno degli States assicurandosi un bacino d'utenza tale da riuscire a trascinare album mediocri in testa alla top 200 di Billboard; la parentesi country & western ospita i racconti sul Tennessee ed il Mississipi di Waylon Jennings, ma soprattutto la grandezza del recentemente scomparso Johnny Cash,il più grande countryman della storia a stelle e strisce omaggiato con Folsom Prison Blues, una delle poche perle davvero brillanti del disco.

Tralasciamo il risparmiabile lentaccio senza pretese di Owen Wilson ed alla fina giunge il temino strumentale che sa tanto di rincorse fra auto nelle affollate american avenues dell'ora di punta, un pezzo che sarebbe stato pefetto anche per Supercar.
Tutto scivola come se niente fosse.

Fossi in voi questo disco lo lascerei sugli scaffali, e mi farei fare una bella compilation '70-oriented dal proverbiale fratello maggiore o dallo zietto con reminescenze Seventies.