Recensione Saint Ange (2004)

Al momento di dare spessore al suo intreccio, di concretizzare l'inquietudine instillata nello spettatore, il film prenda una piega inaspettata sì, ma anche fallimentare.

La casa dei bambini perduti

Un'imponente e minacciosa magione adibita per anni a orfanotrofio, circondata da un parco malmesso e munita di racconti di fantasmi e di pazza residente: questo tocca in sorte alla povera Anna, che, nei primi anni '60, accetta un lavoro di donna delle pulizie a Saint Ange per avere un rifugio dove nascondere la sua gravidanza. Naturalmente la ragazza è frastornata dall'ambiente in cui si ritrova, e inizia a curiosare dove non dovrebbe, finendo ovviamente per rivelare un intuito e una sensibilità fuori dalla norma che la porteranno a svelare un terrificante mistero.

La prima metà di Saint Ange getta queste premesse e non lo fa in maniera esecrabile, anche se con un setting del genere, un commento sonoro mutevole e disturbante, un ottimo team tecnico, lampi e tuoni, il volto impressionante di Lou Doillon e quello angelico di Virginie Ledoyen, sarebbero capaci tutti o quasi. Peccato che al momento di dare spessore al suo intreccio, di concretizzare l'inquietudine instillata nello spettatore, il film prenda una piega inaspettata sì, ma anche fallimentare. Il ritmo diviene lento, e il regista rinuncia allo spavento facile e convenzionale con sempre gradito salto sulla sedia: peccato che non abbia trovato nessuna alternativa efficace. Si possono apprezzare, almeno parzialmente, le scelte estetiche, ma la ricercatezza visiva non basta a colmare il vuoto lasciato dall'insulsaggine narrativa ed emotiva.

Avremmo potuto empatizzare con la nostra graziosa eroina se ad un tratto il suo vagabondare per il gigantesco edificio non fosse diventato scriteriato e illogico. La tensione, mentre per Anna si approssima l'incontro fatale, frana rovinosamente per non riprendere più quota, e il film si trascina verso una conclusione telefonata e deludente.
Si attendono ancora prove d'interesse per la giovane Ledoyen. E così per Pascal Laugier, al suo esordio in un lungometraggio.

Movieplayer.it

2.0/5