Recensione Paper Soldier (2008)

Aleksey German jr. gira in un campo dove non sono ammessi i colori, dove il cielo è sempre grigio e minaccioso e a predominare è il bianco, quasi a voler scolorire i contorni per sottolineare una situazione che impedisce le differenze.

L'uomo sogna di volare nello spazio?

Il progresso ha regalato all'uomo il sogno più grande: volare nello spazio, dominare le galassie, raggiungere suoli sconosciuti in spazi che sembravano appartenere solo alle stelle. Nel continuo sgomitare di America e Russia per affermare la propria supremazia, in piena Guerra Fredda, anche la conquista dello spazio è diventata meta ambita da raggiungere prima dell'avversario. Aleksey German jr. ci racconta l'epoca del disgelo, nei primi anni Sessanta, quando la Madre Russia si preparava a far navigare un rappresentante del popolo nel mare stellato sopra le nostre teste. Nelle steppe del Kazakistan, dove si effettuano le prove delle navi spaziali, l'ufficiale medico Daniil Pokrovski vive con apprensione questa attesa del volo, aggirandosi nervosamente in una landa gelida e desolata, sudando per la sorte dei futuri cosmonauti, e nello stesso tempo incerto se lasciarsi andare alla passione con un'amante appena incontrata, o tornare dalla moglie contraria al coinvolgimento del marito nel progetto. Il dubbio è se rischiare per vivere o lasciarsi divorare dai timori.

Paper Soldier è uno di quei film che raccontano un paese attorno a un singolo evento e alle emozioni e preoccupazioni di pochi uomini, che da conto di una situazione dove "contano solo le idee e nessuno si interessa dell'essere umano". I piloti attendono pazientemente di conoscere il proprio destino, senza lamentarsi, per sapere chi di loro brucerà nello spazio o entrerà nella storia. Le ansie dell'uomo che non riesce a credere fino in fondo in certe ideologie che ammettono il sacrificio umano lasciano orme sulla neve che chi gli sta accanto provvede subito a coprire: "serviamo lo Stato e l'umanità, io servo e lei serve". Intanto i residui del recente passato stalinista vengono bruciati, a partire dai cani ammazzati perché sanno fare solo la guardia e sono avanzi di ciò che è stato.

Aleksey German jr. gira in un campo dove non sono ammessi i colori, dove il cielo è sempre grigio e minaccioso e a predominare è il bianco, quasi a voler scolorire i contorni per sottolineare una situazione che impedisce le differenze. La neve si confonde col fango, i personaggi si muovono sul ghiaccio con l'ansia di chi non sa trovare pace per ciò che potrebbe essere, prima ancora che per quello che c'è stato. I miracolosi primi piani, i movimenti sinuosi di macchina, i piani sequenza che diventano un malinconico valzer tra i protagonisti: tutto canta un gelido lamento per la consapevolezza che i grandi sogni delle guide proletarie della conquista dello spazio sono solo un grande inganno. L'ombra della morte resta adagiata costantemente sui personaggi, che temono di diventare pioggia, perché poi si asciuga e non rimane nulla. E scappare è un'impresa impossibile perché l'unico binario sulla via non porta da nessuna parte. Il medico si fa travolgere da questa assurdità, vorrebbe morire per non doverla sopportare, ma si dice già morto. In Paper Soldier c'è la pena, l'afflizione di un'epoca buia che si finge avanti, e per farcela assaporare Aleksey German jr. affonda la sua regia in un lirismo ammaliatore. Potenza visiva e questioni che hanno segnato la sua storia raccontate con grande originalità: il cinema russo non si smentisce.