L'Italia trionfa a Berlino con Cesare deve morire dei fratelli Taviani

Dopo ventuno anni dall'Orso d'Oro vinto da La casa del sorriso di Marco Ferreri, l'Italia si aggiudica il riconoscimento più importante di questa sessantaduesima edizione della Berlinale con la docufiction Cesare deve morire.

"Siamo felici di aver vinto questo importante premio qui a Berlino grazie alla semplicità delle parole di Shakespeare e di riceverlo dalle mani di Mike Leigh, un regista che noi amiamo molto ed abbiamo sempre stimato". Così i fratelli Paolo e Vittorio Taviani hanno salutato la platea del Berlinale Palast dopo la proclamazione della loro vittoria. Il loro film, interpretato da un folto gruppo di attori non professionisti, con i quali i due registi hanno voluto condividere lo storico riconoscimento, ha colpito pubblico e giurati per l'impatto emotivo della sua storia ambientata nel carcere romano di Rebibbia. Al centro del racconto infatti c'è un gruppo di detenuti della sezione di massima sicurezza del penitenziario impegnati nell'allestimento teatrale del Giulio Cesare di Shakespeare. Nel film la finzione del palcoscenico si alterna con le vicende personali dei protagonisti che si interrogano sul senso della loro vita nel momento in cui entrano in contatto con l'anima dei propri personaggi. Il film segna il ritorno dei due registi di San Miniato alla Berlinale dopo la presentazione nella sezione Berlinale Special nel 2007 con La masseria delle allodole è il frutto della pluridecennale collaborazione tra i due fratelli iniziata nel lontanissimo 1960 con il documentario l'Italia non è un paese povero. Felici come due bambini in un parco giochi, nonostante abbiano entrambi superato gli ottantant'anni, Paolo e Vittorio hanno incontrato la stampa subito dopo la cerimonia di premiazione assieme a tutti gli altri premiati.

Comprensibilmente torrenziale l'intervento dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani in conferenza stampa dove sono apparsi a dir poco euforici e quasi imbarazzati da tanto clamore: "Questo di stasera è un premio molto importante per noi, forse il più importante di tutta la nostra vita se è lecito fare una graduatoria perché è un film diverso da tutti gli altri che ha rappresentato un'esperienza nuova anche per noi sia per il testo affrontato che per le ambientazioni. Era triste vedere questi uomini, più o meno giovani, starsene sdraiati per ore sul letto a guardare il soffitto, nel loro entusiasmo verso il teatro abbiamo percepito una grande voglia di riscatto, ricordo con commozione quando uno di loro, parlando con la moglie, disse che mentre recitava sentiva in cuor suo di potersi perdonare".
"Saremmo stati contenti ugualmente se non avessimo vinto nulla perché per noi la cosa veramente importante era far conoscere il più possibile il mondo delle carceri italiane. Non ci dimentichiamo che seppur con colpe enormi sulla coscienza, parliamo sempre e comunque di uomini".
Palma d'Oro nel 1977 per Padre padrone, interpretato in un piccolo ruolo da Nanni Moretti, distributore del film con la sua Sacher Distribuzione, i Taviani hanno raccontato le origini della loro amicizia con il regista di Caro Diario: "Possiamo dire di essere felicissimi che lui all'epoca ci abbia convinto a vedere a tutti i costi i suoi film scarrozzandoci con la sua Vespa per tutta Roma".
L'Orso d'Argento come migliore regia è andato al tedesco Christian Petzold per Barbara, un dramma sentimentale ambientato nella Germania degli anni '80 incentrato sulla figura potente di una donna costretta a rinunciare all'amore per via della repressione da parte della Stasi. Primo premio importante per Petzold dopo tre tentativi in concorso, che in conferenza stampa ha dichiarato: "Domani chiamerò mia madre per darle la notizia e voglio dedicare l'Orso all'intero cast del film con i cui membri sono diventato amico e compagno di viaggio avendo condiviso con loro molte delle mie esperienze da cineasta. Penso di aver trovato il gruppo giusto e la giusta protagonista, non ho alcuna intenzione di cambiare la squadra in futuro". Il Gran Premio della Giuria è andato all'ungherese Benedek Fliegauf, già regista di un documentario e con una lunga esperienza teatrale alle spalle, per il dramma incentrato sul popolo Rom intitolato Just the Wind, un'opera che in patria ha ricevuto molte critiche da alcuni estremisti che l'hanno accusato di essere testualmente "il leccaculo dei Rom". Durante l'incontro con i giornalisti il cineasta di origini romene ha dichiarato: "Ho sempre pensato al mio film come un prodotto fatto apposta per la televisione, è un media che conosco bene e che a mio avviso dovrebbe supportare questo tipo di produzioni. Purtroppo in televisione è rarissimo vedere prodotti come questi". Alla domanda se questo tipo di film possano cambiare o meno le cose per i rom il regista ha risposto "Credo che queste cose possano aiutare a farci meditare su importanti questioni sociali e a sensibilizzare l'opinione pubblica". L'Alfred Bauer Prize, il riconoscimento intitolato allo storico fondatore della Berlinale è andato al regista portoghese Miguel Gomes per Tabu, pellicola in bianco e nero con diverse parti prive di dialoghi, che dopo aver ricevuto il premio ha dichiarato: "Non penso affatto che il bianco e nero abbinati al muto possano essere considerati come la nuova frontiera del 3D, è stato solo il mio personale modo di raccontare le dinamiche tra i personaggi e le loro emozioni, sono fermamente convinto che sia stata la miglior maniera possibile per farlo. Non si è trattato di imitare un look o di rifare i vecchi film, bensì di rappresentare in maniera più profonda la storia che volevo raccontare". Emozionatissimi i due giovani attori premiati dalla giuria per la migliore intepretazione, Rachel Mwanza protagonista di Rebelle di Kim Nguyen, prima donna africana a vincere l'Orso d'Oro, e il bravissimo Mikkel Følsgaard, al fianco di Mads Mikkelsen nei panni di Re Cristiano VII di Danimarca nel dramma in costume En Kongelig Affære di Nikolaj Arcel, quest'ultimo vincitore insieme allo sceneggiatore Rasmus Heisterberg anche dell'Orso d'Argento per la Migliore Sceneggiatura. "Sono stata scelta grazie ad alcune foto viste dal regista - ha dichiarato la Mwanza -, il cinema mi ha salvato dalla strada e mi ha dato la possibilità di cominciare una nuova vita. Ho fatto tempo fa la mia scelta, ed ho deciso di continuare a recitare". Commosso dall'inatteso riconoscimento Mikkel Boe Folsgaard ha dichiarato: "Sono molto felice di aver vinto questo premio ma da lunedì torna tutto come prima perché tornerò nella scuola di danza che frequento per terminare il corso".