Recensione The Flying Swords of Dragon Gate (2011)

Tsui Hark sa giocare con la terza dimensione, sfruttando la profondità nel mostrare le ambientazioni ed allo stesso tempo facendo sì che colpi ed oggetti volino verso lo spettatore durante gli articolati combattimenti.

Combattimenti stereoscopici

Riprendere e sviluppare idee preesistenti è una pratica ormai consolidata, tra sequel, remake, reboot e re-imagining di film precedenti. Una pratica dalla quale non è immune l'oriente ed è in questa tipologia di film che rientra l'ultimo lavoro di Tsui Hark, The Flying Swords of Dragon Gate, che riprende le vicende del Dragon Gate Inn del 1992, a sua volta rifacimento, curato anche da Tsui Hark stesso, di un film del 1967.
Siamo alla fine della dinastia Ming ed eunuchi corrotti terrorizzano il paese sotto il comando del Comandante Yu, alla disperata ricerca di Su, una damigella messa incinta dall'imperatore e quindi da eliminare per poter preservare la linea di sangue. Yu è fronteggiato dal misterioso guerriero Zhao Huai'an, che salva la ragazza ed insieme a lei si rifugia al Dragon Gate Inn, dopo aver rivelato la sua vera identità. La locanda diventa il luogo dove forze del bene e del male si scontrano e lì si unisce a loro anche un manipolo di guerrieri mongoli. A complicare ulteriormente le cose, si aggiungono le rovine di un'antica metropoli posta sotto il Dragon Gate Inn e riportata alla luce da una tempesta di sabbia, una serie di cave in cui i fuggiaschi trovano riparo.

A venti anni di distanza, Tsui Hark torna al Dragon Gate Inn e lo fa con gran dispiego di mezzi tecnici: The Flying Swords of Dragon Gate è visivamente ricco e complesso, le coreografie dei combattimenti articolate, a tratti sorprendenti nella loro creatività.
Una vivacità, a volte quasi frenesia, che mal si sposa con l'uso della terza dimensione con cui Tsui Hark si cimenta per la prima volta e che rende faticosa la fruizione di alcune sequenze più movimentate, caratterizzate da movimenti molto rapidi degli attori ed un montaggio veloce.
Si tratta comunque di casi estremi che non lasciano dubbi sul fatto che il regista sappia sfruttare la stereoscopia, spaziando in profondità per mostrare le ambientazioni, con carrellate che penetrano le scenografie realizzate con cura e gran livello di dettaglio, come accade sin dalla lunga sequenza iniziale in cui la camera sorvola le navi ormeggiate.
Ma non si limita a questo e lavora anche in senso contrario, facendo sì che armi, colpi ed oggetti escano dallo schermo, volando verso lo spettatore durante le numerose e potenti sequenze dedicate ai combattimenti.
Niente di rivoluzionario, ma tutto efficace ed in sintonia con lo spirito del film, ovvero quello di intrattenimento carico di energia, dinamismo e gran senso dello spettacolo e dello stupore.
Tsui Hark gioca con lo spettatore, non solo dal punto di vista tecnico, ma anche nella stesura dello script, ricco di colpi di scena e di sviluppi sorprendenti. Tutta la prima parte di The Flying Swords of Dragon Gate è affrontata con la sicurezza di un autore dalla cifra stilistica riconoscibile, che però sembra allentare la presa in un finale più confuso e meno coerente.
Ad aiutarlo c'è un cast ben composto, guidato da una star internazionale come Jet Li, ma non dipendente da lui: non sfigurano infatti al suo fianco gli altri comprimari, a cominciare dalle co-protagoniste femminili. Seppur con poco spazio a disposizione, a causa del gran numero di protagonisti che la storia cerca di seguire, tutti gli interpreti sanno dare un'immagine ben delineata dei loro personaggi.
Dunque si tratta di un primo esperimento in 3D più che soddisfacente per Tsui Hark e non ci meraviglieremmo di rivederlo di nuovo alle prese con questa tecnica anche nel prossimo futuro.

Movieplayer.it

3.0/5