Recensione L'amore che non muore (2000)

I colori lividi che raffigurano le immagini di questo lungometraggio sono un tappeto di morte visiva, una colonna sonora per una Via Crucis densa di speranza fino all'ultimo istante.

L'amore può sconfiggere il destino?

Patrice Leconte ha sempre raccontato storie particolari e originali trasformandole in emozioni universali con semplicità e mano d'autore. In questa sua opera, forse più tradizionale di altre per il trattamento, la velata critica alla pena di morte viene oscurata dal potere per le passioni e gli affetti, guidati dalla convinzione e dal credo delle persone nel corso della propria vita. L'amore che non muore è una vicenda ambientata a metà del 1800 su un'isoletta di dominazione francese, Saint-Pierre, situata tra il Canada e Terranova. Qui, un uomo, Neel, interpretato in modo perfetto e mai sopra le righe da Emir Kusturica, è condannato a morte per omicidio ma non può venire giustiziato poiché non c'è una ghigliottina su tutta l'isola. Neel viene "adottato" e protetto da Madame La (Juliette Binoche), moglie del Capitano di guarnigione (Daniel Auteuil), che inizia ad avviarlo verso una vita corretta e giusta in attesa dell'arrivo dell'oggetto di morte. Lentamente il condannato entra nel cuore dell'intera cittadina che non lo vede più come uomo nero, perché Neel ha pure attitudini da brav'uomo. La strada per la vita purtroppo, in passato come ora, è lunga e piena di insidie, e non sempre si ottiene ciò che realmente si merita.

I colori lividi che raffigurano le immagini di questo lungometraggio sono un tappeto di morte visiva, una colonna sonora per una Via Crucis densa di speranza fino all'ultimo istante. Gli ambienti desolati di una terra lontana esprimono queste tonalità fredde, magicamente, ricreando un luogo fuori dal tempo, in cui un uomo sfida il fato con grande dignità. In questo micromondo, i personaggi si muovono con grande leggerezza e convinzione per le loro idee, con la sensazione di avere sempre una "Spada di Damocle" appesa sopra il proprio capo, e la direzione di Leconte non banalizza mai una storia che poteva essere semplicemente il solito drammone strappalacrime (stile L'Ussaro sul tetto per comprenderci). La speranza e l'amore, elementi chiave del film sono infatti sempre tenuti in bilico fra vita e morte, e cercano di essere la soluzione per raggiungere la giustizia. Tuttavia i sentimenti sono veri e non uno scontato trucco filmico per suscitare facili emozioni.
Gli interpreti sono tutti molto bravi a esprimere questi concetti con naturalezza. Kusturica, come già detto, eclettico regista-attore-musicista, è un grande uomo teso verso la redenzione, e la sua protettrice, Juliette Binoche, esprime tutto l'entusiasmo con il suo sorriso di luce per il percorso di crescita di Neel. A fianco a lei il capitano Auteuil, un militare troppo moderno per gli ideali del 1800, in cui l'uguaglianza e la giustizia prevalgono ancora sulla libertà.
Per chi ama questo genere di film, L'amore che non muore (o meglio "La vedova di Saint Pierre", titolo originale) può essere un piccolo capolavoro di pura emozione, ma anche per chi vive di cinema d'autore, l'amore e gli eventi di questa storia non potranno essere considerati un tradimento nella poetica di Leconte, che ogni volta stupisce e scuote l'anima comunque muova la sua macchina da presa.