"Adoro Indiana Jones" recita Jackie Chan in una delle battute cult del suo nuovo film Kung Fu Yoga, presentato in anteprima alla 19° edizione del Far East Film Festival di Udine. Ma anche se non lo avesse ammesso chiaramente, sarebbe stato facile intuire la passione della star asiatica per l'archeologo temerario ed ironico interpretato da Harrison Ford fin dal 1981.
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Alla ricerca del tesoro con Jackie Chan
Infatti questa action comedy, scritta e diretta da Stanley Tong, racconta l'avventura di un rinomato professore di archeologia che viene chiamato ad investigare sul tesoro perduto indiano di Magadha, seguendo le indicazioni di una mappa antica che lo porta in giro per il mondo, dalla Cina alle distese ghiacciate del Tibet e un'assolata Dubai, fino all'India. Egli intraprende questo viaggio pericoloso e imprevedibile insieme ai suoi giovani assistenti, il nipote e un'affascinante collega indiana (Disha Patani) che ammira il suo lavoro e conta sul suo aiuto. Ma Randall, il villain principale interpretato dalla star di Bollywood Sonu Sood, desidera quel tesoro più di ogni altra cosa e non risparmia le sue risorse per ostacolare la missione dell'archeologo e la sua squadra.
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Leoni, iene affamate e arti marziali
Reduce da un premio Oscar alla carriera, Jackie Chan torna a lavorare con il regista cinese Tong dopo Supercop, Terremoto nel Bronx e The Myth - Il risveglio di un eroe, film in cui ha interpretato sempre un archeologo nel 2005. Tuttavia già dal prologo digitale roboante, che sembra ripreso da un videogioco di ultima generazione, il film denuncia chiaramente uno stile artificioso e posticcio che non promette una qualità alta quanto il budget impegnato per la realizzazione. Kung Fu Yoga si limita ad essere un action movie rumoroso, contaminato troppo spesso da scene demenziali e trash che non sono insolite per un blockbuster cinese, ma non convincono un pubblico internazionale. Quando Jackie Chan è protagonista di un inseguimento in auto con un leone sul sedile posteriore, o il nipote tiene a bada un branco di iene affamate a suon di calci e pugni, il verosimile viene soffocato da una follia ingiustificata che non funziona, ma scade banalmente nel ridicolo. Per non parlare dell'incontro con un gruppo di cobra e le protagoniste femminili che inveiscono contro gli scagnozzi di Randall recitando in maniera unanime: "Non si toccano i capelli di una donna!".
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Di Indiana Jones ce n'è uno solo
Ovviamente non mancano i combattimenti di kung fu che confermano ancora una volta le spettacolari coreografie a cui Jackie Chan ci ha abituati da sempre, accompagnate da acrobatici inseguimenti motorizzati, e scontri corpo a corpo equilibrati e coinvolgenti. Ma questo non basta per risollevare l'effetto finale del film, che regala un tiepido divertimento, sacrificando la sceneggiatura e una struttura narrativa discreta a discapito di un abuso di effetti speciali che puntano alla spettacolarità dell'azione, senza una cura nel dettaglio. La scenografia spesso inondata di oro e particolari sfarzosi è una perfetta sintesi di una fallita collaborazione tra il cinema commerciale cinese e la più classica Bollywood, che forse sarebbe meglio tenere separate.
La comicità slapstick di Jackie Chan, che lo ha spesso accompagnato nei suoi film, non convince molto in questa interpretazione, anche a causa di una sceneggiatura debole e sconnessa, che offre al pubblico un film delirante e volgare da un punto di vista estetico. L'errore più grande di Kung Fu Yoga è forse proprio questa volontà di mettere troppa carne al fuoco, per stordire il pubblico con luci, colori, scazzottate e protagonisti affascinanti, nascondendo una povertà di contenuto. Ti aspetti di vedere spuntare Will Ferrell, Kevin Hart o Sacha Baron Cohen da un momento all'altro, in quanto personalità che ben identificano il cinema demenziale americano a cui sembra rifarsi il film di Stanley Tong. Ma, in fondo, l'unica ipotesi plausibile per giustificare Kung Fu Yoga è considerarlo una parodia della saga di Indiana Jones. Quindi potremmo offrire a Jackie Chan il beneficio del dubbio.
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2.0/5