Recensione Paul, Mick e gli altri (2001)

Ken Loach, come suo solito, tratta un tema molto difficile e firma un lavoro toccante, capace di muovere alla riflessione su una situazione che ormai interessa chiunque si affacci sul mondo del lavoro.

Ken Loach e il naufragio dello stato sociale

  1. Siamo a Sheffield in Inghilterra. Un gruppo di operai addetto alla manutenzione delle ferrovie vive sulla propria pelle la privatizzazione delle British Rail. In breve tempo la società per cui lavorano cambia per ben due volte nome e gli operai, non conoscendo le nuove regole, sono spinti al licenziamento per inseguire il sogno di una lauta "indennità speciale" che li porterà dritti diritti nelle braccia della precarietà. I nostri lavoratori, affidatisi ad agenzie di lavoro temporaneo, si ritroveranno allo sbando, senza più diritti e tutele: niente più ferie retribuite, contributi pensionistici, assegni di malattia e assicurazione sanitaria. Nemmeno il sindacato ha più voce in capitolo, non ha la forza di resistere e di protestare per lo smantellamento dello stato sociale. Ormai l'egoismo diventa parola d'ordine e anche tra i poveri operai, l'istinto di sopravvivenza crea forti tensioni a scapito dell'amicizia e dell'unità, ci si adegua alle leggi del libero mercato e trionfa la competizione selvaggia.

Ken Loach, come suo solito, tratta un tema molto difficile e firma un lavoro toccante, capace di muovere alla riflessione su una situazione che ormai interessa chiunque si affacci sul mondo del lavoro. Il film nasce dall'esigenza di raccontare la realtà così com'è, e per far ciò Loach descrive un fatto veramente accaduto. Si tratta della vicenda di un ferroviere inglese che tramite lettera aveva scritto al regista la propria esperienza: dopo diciassette anni di duro lavoro, si era ritrovato disoccupato a causa della privatizzazione. Seguendo le diverse storie dei personaggi, Loach crea un film corale ben articolato che ci mostra tutte le sfaccettature del problema. Il regista documenta i diversi stadi di consapevolezza che investono i suoi protagonisti. All'inizio gli operai non si curano dei cambiamenti in atto, li prendono con leggerezza e ci ridono su, poi pian piano si rendono conto che si tratta di una cosa seria, gli effetti diventano devastanti sulle loro vite e allora si precipita nella tragedia più cupa. The navigators, questo il bel titolo originale che si riferisce proprio al nome con cui gli addetti alla manutenzione dei treni vengono denominati in inglese, è una commedia sociale in stile documentaristico. L'ironia è penetrante, e quando il dramma si compie ci lascia spiazzati, ammutoliti: ma è così che deve essere, perché un happy end, vista la situazione, sarebbe impensabile. Il film risulta così genuino e vero anche grazie ai protagonisti, tutti abitanti di Sheffield, veri ferrovieri, attori e comici locali, a cui è stata lasciata molta libertà d'improvvisazione. Loach utilizza una regia non intrusiva, si sofferma a studiare i gesti, le espressioni naturali e spontanee che si manifestano sui volti dei personaggi, con il rigore proprio del documentario. Tutto ciò non stanca lo spettatore perché il film è dinamico, leggero, giocoso e infinitamente malinconico insieme. Grazie a quest'opera un cambiamento storico nel mondo del lavoro è stato filmato in maniera coraggiosa e puntuale, con una capacità d'analisi infallibile che porta Loach a suggerire un rimedio: bisogna sempre tenersi informarti sui cambiamenti in atto e si deve far di tutto per ritrovare la solidarietà tra lavoratori, perché solo la coesione e lo spirito di gruppo possono essere antidoti efficaci contro i soprusi.