Juniper – Un bicchiere di gin, la recensione: un dramma familiare che non scade nel sentimentale

Il debutto alla regia di Matthew J. Saville parte da una storia autobiografica e vede Charlotte Rampling nei panni di un'ex fotografa di guerra alcolizzata. L'incontro con il nipote adolescente insegnerà ad entrambi il valore della vita e della morte.

Una scena di Juniper – Un bicchiere di gin

Spesso gli esordi si portano dietro storie che gli autori o i registi conoscono da vicino. Storie che parlano del loro passato o di quello di qualcuno che hanno conosciuto o amato. È il caso del debutto dietro la macchina da presa dell'attore neozelandese Matthew J. Saville che in Juniper - Un bicchiere di gin fa rivivere una doppia parentesi della sua adolescenza. Quando aveva diciassette anni e viveva con la famiglia in Nuova Zelanda, il regista si è ritrovato in casa la nonna alcolizzata con una gamba rotta arrivata dall'Europa per stare con loro. Un'ex fotografa di guerra dal temperamento irascibile quanto irresistibile. Un'esperienza emotivamente potente che Saville ha intrecciato al dramma dei suicidi dei suoi coetanei negli anni trascorsi al college.

Dinamiche già viste

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Charlotte Rampling in Juniper

Proprio come nella realtà Juniper - Un bicchiere di gin inizia con l'arrivo dalla lontana Europa di Ruth. Una donna anziana con il volto di Charlotte Rampling dipendente dall'alcool con un passato in giro per il mondo a fotografare zone belliche e un presente costretto all'immobilità a causa di una gamba rotta. Il suo arrivo nella casa neozelandese del figlio vedovo (Marton Csokas) con il quale ha un rapporto conflittuale coincide con il ritorno per le vacanze del nipote Sam (George Ferrier). Nella stessa stanza in cui si sistema la donna tempo prima era morta sua madre. Una perdita mai elaborata che ha lasciato in lui una grande rabbia. La stessa che consuma la nonna appena conosciuta, così attaccata alla vita da non riuscire a fare i conti con la fine sempre più vicina.

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Una scena del film

I due, complice un viaggio di lavoro del padre, si ritrovano da soli e sono costretti a convivere nonostante il reciproco fastidio dell'uno nei confronti dell'altra. A mediare solo la presenza dell'infermiera Ruth (Edith Poor). Va detto che Juniper - Un bicchiere di gin non brilla in originalità. Specie nella prima parte del film che si muove su dinamiche che potremmo definire classiche tanto le abbiamo viste abbondantemente in precedenza, sia sul grande che piccolo schermo. Da un lato il ritratto di una donna scontrosa - una vecchia stronza a detta del nipote - che tiene tutti a debita distanza, dall'altro un giovane ragazzo problematico e l'inevitabile scontro tra i due che lascia lentamente spazio ad un rapporto di affetto e complicità.

Una sempre grande Charlotte Rampling

Ma quella mancanza di originalità viene bilanciata da una seconda parte che, seppur (e fortunatamente) senza sensazionalismi o scene madri, cresce fino a lasciare con gli occhi umidi di lacrime. Ruth e Sam diventano a loro modo complici e si aiutano a vicenda. La donna accetta il suo destino e il ragazzo si libera da un dolore e un segreto tenuto tale troppo a lungo. Da elemento di rottura, Ruth diventa il collante della famiglia che riavvicina il padre con il figlio e insegna cosa significhi vivere e morire.

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George Ferrier e Charlotte Rampling

Tanto per la riuscita di Juniper - Un bicchiere di gin si deve alla prova di Charlotte Rampling, algida e distaccata quanto, se necessario, capace di svelare un temperamento incandescente. "A molte persone piace il tramonto, io preferisco l'alba" confessa la donna in una sequenza emblematica capace di sintetizzare la sua personalità. Se il tramonto simboleggia la fine di un giorno, l'alba, al contrario, il suo inizio. Ma il suo arco narrativo la porterà ad abbracciare il crepuscolo e farsi al contempo nuova luce per chi rimane.

Conclusioni

Matthew J. Saville prende un capitolo della sua vita – la convivenza con la nonna alcolizzata – e realizza un dramma familiare che sta alla larga da facili pietismi o sequenza melense. Al contrario Juniper – Un bicchiere di gin è un film che trova nella misura la sua cifra narrativa. Anche se questo non significa che manchi l'emozione, tutt'altro. Se la prima metà del film si appoggia su elementi già ampiamente battuti dal cinema nella caratterizzazione dei personaggi, nella seconda parte la pellicola si apre grazie al rapporto più profondo e spontaneo tra i suoi protagonisti. A sorreggere il film un'ennesima ottima prova di Charlotte Rampling.

Movieplayer.it
2.5/5
Voto medio
4.0/5

Perché ci piace

  • L'interpretazione di Charlotte Rampling
  • La scelta di affrontare un tema autobiografico
  • La seconda parte del film quanto il rapporto tra i protagonisti si evolve
  • La mancanza di sentimentalismi e scene madre

Cosa non va

  • La prima parte del film non brilla in originalità