Gioca, muori, riprova. Una semplice sequenza di tre azioni che riassume in gran parte la struttura principale di ogni videogioco, il tacito accordo che ogni giocatore è tenuto a rispettare per godersi la sua avventura. Valeva con il primo Super Mario Bros. e vale ancora oggi con i vari Dark Souls (giusto per dirne uno tra i tanti): il fallimento e, nella maggior parte dei casi, la morte è un ostacolo obbligatorio per poter migliorare nelle proprie abilità, ritentare e finalmente proseguire per terminare il gioco. Cosa c'entra tutta questa premessa con Jumanji - Benvenuti nella giungla, il film del 2017 e sequel del celebre film del 1995 con il compianto Robin Williams? Il film con Dwayne Johnson, Karen Gillan e Jack Black prende a piene mani il linguaggio videoludico e lo fa proprio per arrivare a quel target di spettatori che non ha più interesse nel gioco da tavolo e nella meraviglia del gioco che fuoriesce dalla scatola e aggredisce il mondo esterno. E in quel pubblico cerca di dare una lezione più profonda della giungla che mette in scena. Ecco che proprio nel finale del film assistiamo alla spiegazione del significato dell'essenza stessa di Jumanji, per un pubblico nuovo e giovane.
Trovarsi in una giungla
Tre vite ciascuno e nuovi avatar. Così si ritrovano i quattro protagonisti del film, quattro adolescenti che vengono catapultati per caso e contro la loro volontà all'interno del videogioco Jumanji. La vicenda inizia nella cantina della loro scuola con i quattro, due ragazzi e due ragazze che si conoscono solo di sfuggita (per quanto due di loro, una volta, erano migliori amici), che sono in punizione. I due ex amici Spencer, nerd timido e insicuro, e Fridge, fannullone e appassionato di sport, sono colpevoli di aver barato nello svolgimento di un compito, l'egocentrica Bethany ha usato il cellulare durante un compito in classe fregandosene dei compagni e la timida e impacciata Martha ha risposto male a un'insegnante. Una volta risucchiati nel gioco si ritrovano dentro nuovi corpi che capovolgono le loro qualità: Spencer diventa il dottor Smolder (Dwayne Johnson), muscoloso e coraggioso; Fridge diventa Franklin, un basso zoologo (Kevin Hart); Bethany si ritrova nel corpo di Sheldon Oberon (Jack Black), un uomo di mezza età -uno shock per lei che vive di fotografie e social network -; infine Martha diventa la bella e letale Ruby Roundhouse (Karen Gillan). Al braccio sono "tatuate" tre linee: le tre vite del gioco. Una volta perse, per loro è "Game Over". Per sempre. L'ambiente esotico e pericoloso in cui si trovano, per quanto visivamente sembri tutto l'opposto della cittadina in cui vivono, non è poi così tanto diverso: sono sempre loro quattro, persi in una giungla intricata: la giungla dell'adolescenza coi suoi problemi, la giungla della crisi d'identità dove solamente trovando la giusta via si è capaci di crescere. Vincere il gioco di Jumanji equivale a uscire dalla giungla, a ritrovare sé stessi, a ricostruirsi.
Attraverso i livelli, verso la vittoria
I quattro, che poi trovando un altro ragazzo intrappolato dal gioco diventeranno cinque, dovranno superare come previsto varie prove, risolvere enigmi, capire i meccanismi del gioco e superare le insidie che sono nascoste al suo interno tra ippopotami cannibali e inseguimenti da PNG (Personaggi Non Giocabili). Durante la loro corsa verso la libertà, i protagonisti proprio grazie al loro nuovo corpo riusciranno ad espandere il loro punto di vista, a conoscere meglio sia gli altri che sé stessi. E poco importa se il film non sfrutta a pieno le possibilità narrative del cambio di fisicità e di sesso, riducendo il tutto a parecchie gag (tra l'altro la maggior parte nemmeno invecchiate troppo bene: la gag su come gli uomini fanno pipì appare davvero una comicità obsoleta e distante nel tempo nonostante il film sia di solo tre anni fa): il discorso veramente interessante è come un diverso modo di "percepire" il proprio corpo e accettando qualità e debolezze di personaggi di finzione spinga i protagonisti a comportarsi in maniera diversa dal solito con assoluta facilità. Il nerd e impaurito Spencer, appena presa consapevolezza della propria stazza, non ha più paura di scalare alberi o aggrapparsi a elicotteri in volo. Martha, pur incapace a seguire gli insegnamenti di Bethany, lascia perdere la propria timidezza per usare pugni e calci contro le guardie nemiche. Non solo: i personaggi più egocentrici come Bethany e Fridge riusciranno a provare molta più empatia verso il prossimo, arrivando pure a sacrificarsi per gli altri. Appare superfluo, quindi, sottolineare come lungo il corso dell'avventura i livelli del gioco corrispondano a una scalata verso una maggior maturazione dei protagonisti. D'altronde, l'unico modo per uscire da ciò che simboleggia la giungla, è proprio attraverso un percorso, un sentiero. E non è un caso, a questo punto, che il gioiello verde di Jumanji sia posto in un luogo elevato, superiore.
Una sola vita
Iniziano tutti con tre vite ciascuno, terminano l'avventura che - per una ragione o per l'altra, alcune più serie e altre più divertenti o capricciose - tutti e quattro rimangono con una vita sola. Un simbolo videoludico che corrisponde poi al vero messaggio del film, al significato finale dell'intero Jumanji. La morte temporanea dei videogiochi è, appunto, un ennesimo tassello per la propria crescita e corrisponde ai fallimenti del mondo reale (lo dicevamo all'inizio: gioca, muori, riprova). Ne citiamo solo due: Spencer perde la sua prima vita per dei capricci con Fridge e lo stesso Fridge è costretto a vedere una linea cancellarsi dal suo braccio per aver preso sottogamba, come ha sempre fatto nel mondo reale, alcuni avvisi importanti. È quando tutti quanti rimangono con un'ultima possibilità, pena la morte vera, che in qualche modo maturano e si comportano con più responsabilità. D'altronde, la vita è solo una, questa volta davvero, e bisogna sfruttarla al meglio. Viverla al meglio. Ecco allora che c'è spazio per alcune confessioni e alcune epifanie: Spencer e Martha si dichiareranno a vicenda il loro amore segreto, Bethany e Fridge diventeranno persone meno egocentriche e più responsabili. Come si unisce questo discorso di maturazione e crescita con quello sul corpo? Ricordiamo che i quattro protagonisti si ritrovano fisicamente in corpi estranei che non appartengono a loro, ma che tuttavia permettono loro di maturare anche da un punto di vista di accettazione di sé. Gli stessi protagonisti, a un certo punto del film, si chiedono se si stanno comportando in quella maniera "diversa dal solito" solo perché vivono dentro a degli avatar che danno un'immagine-altra di sé. In poche parole: a Martha piace Spencer solo perché ha il corpo di The Rock? Crescendo all'interno del gioco riescono persino a darsi una risposta da soli: se a loro piace essere così come sono nel gioco, bisogna che si impegnino a essere uguali anche nella realtà ogni giorno.
Il significato del finale
Nel finale, una volta raggiunto l'obiettivo di Jumanji, i quattro protagonisti ricominciano la loro vita di sempre con una nuova consapevolezza. I rapporti d'amicizia si sono rafforzati, per alcuni di loro è nato l'amore, per altri persino una nuova passione (Bethany ora preferisce prendere uno zaino e stare all'aria aperta che legata a un cellulare e ai social). Pur non volendo fare di tutta l'erba un fascio dobbiamo ammettere che il grande pregio di Jumanji - Benvenuti nella giungla è quello di non demonizzare il videogioco, un medium che ancora oggi è oggetto di dibattito, ma anzi di mostrare come i ragazzi possono addirittura usarlo come mezzo di crescita. È proprio nell'impersonare altri avatar/personaggi, nell'agire in maniera diversa da come si agirebbe nella realtà, nell'accettare l'educazione al fallimento e a ritentare, che si nasconde la possibilità di accrescere ed essere coinvolti in nuovi punti di vista. L'abbiamo visto in uno dei videogiochi più recenti come The Last of Us Parte II (ne abbiamo parlato nella nostra conversazione in redazione) come sia importante calarci nei panni di un altro personaggio, anche a prima vista lontano e distante dalla nostra personalità (o fisicità; ma ricordiamo che Bethany ha accettato quasi subito il suo nuovo corpo nel videogioco). Perché è attraverso l'accettazione del diverso che riusciamo a superare i nostri scogli e a crescere. A quel punto un gioco come Jumanji non serve più: viene distrutto dalla palla da bowling perché per i quattro personaggi il loro cammino si è compiuto. Sono diventate persone nuove, rinnovate, si sono accettati e hanno trovato la giusta dimensione della propria vita. Almeno fino al prossimo sequel: gioca, finisci, ricomincia.