Recensione Triplo gioco (2002)

Personale rilettura, più che remake, del bellissimo Bob il giocatore di Jean-Pierre Melville, questo di Neil Jordan è un film che affonda le sue radici nella tradizione più classica del noir.

Jordan tra passato e presente

Bob gioca alle carte, gioca ai cavalli, ma più per inerzia che per vera passione oramai. L'eroina è diventata la sua priorità, la sua unica passione. Ma qualcosa cambia quando conosce Anna, una giovanissima ragazza dell'est costretta nel giro della prostituzione. Quegli occhi, quegli occhi fortunati, fanno scattare qualcosa dentro l'uomo che vive nel passato. Dopo aver gettato al vento anche gli ultimi pochi soldi alle corse, Bob accetta la proposta dell'amico Raoul e rimette in piedi la vecchia banda per portare a termine un'ultima, spettacolare rapina a Montecarlo. Il suo piano è astuto ed ingannevole: far credere alla polizia - e al suo amico Roger - che il suo obiettivo è la cassaforte del Casinò Riviera, mentre in realtà è caveau dell'azienda che controlla la casa da gioco, zeppo di opere d'arte d'inestimabile valore...

Questa - per sommi capi - è la divertente trama di Triplo gioco, che però non è la cosa importante di questo film: la rapina, la sua organizzazione, la banda, non aggiungono molto ai tanti altri heist movie visti fino ad oggi. Quello che è importante in questo nuovo film dell'irlandese Neil Jordan è l'atmosfera che si respira, quella che proviene dal mondo del noir classico. Un'atmosfera fumosa e d'altri tempi, che lascia sul palato il gusto di sigarette e whisky, dove si muove un antieroe consumato dalla vita, perso dietro ai suoi sogni di fortuna, che ritrova in sé stesso e in una giovane musa la forza per riacquistare il vecchio smalto. Un antieroe immorale se vogliamo - ladro e biscazziere, drogato e bugiardo - ma con un senso dell'onore e una dignità che fanno invidia a molti altri "eroi" del cinema contemporaneo.
Straordinaria l'interpretazione che di Bob dà Nick Nolte, qui in una delle migliori e più vissute interpretazioni della sua pur brillante carriera: d'altronde in fondo molte sono le analogie tra il personaggio e chi lo interpreta, data la nota passione per gli eccessi del sanguigno attore americano, tanto che è persino riuscito a dare a bere a dei giornalisti canadesi d'aver realmente fatto uso d'eroina durante le riprese del film "per meglio calarsi nella parte".

Personale rilettura -più che remake - del bellissimo Bob il giocatore di Jean-Pierre Melville, questo di Neil Jordan è un film che affonda le sue radici nella tradizione più classica del noir, del polar, degli anti-eroi del cinema classico, e che nella sua parte finale strizza l'occhio perfino allo stile leggero e all'ironia di Caccia al ladro, complice l'ambientazione monegasca.
Uscito in contemporanea con Matrix Reloaded - che al botteghino lo ha letteralmente schiacciato, ma non poteva essere altrimenti - ne rappresenta esteticamente e tematicamente l'antitesi: un film che non aggiunge nulla di nuovo al nostro immaginario cinematografico, ma che al contrario gioca con esso e lo ravviva, ricordandoci che le storie ed i personaggi possono colpirci al cuore e allo stomaco anche senza il ricorso ad esplosioni pirotecniche ed effetti speciali digitali.
Anche se, per compensare questa tensione verso il passato, Jordan ha giocato con lo stile visivo e le ambientazioni del film, girando a 12 fotogrammi al secondo ed utilizzano una fotografia volutamente denaturata e sgranata, e piazzando il suo eroe nel contesto multi-etnico e culturalmente meticcio nel sud della Francia contemporanea, dando vita così nello spettatore ad uno straniamento che non fa che esaltare i contrasti e rendere Triplo gioco un prodotto ancora più godibile.