January, la recensione: Da Tarkovskij e Jarmusch al reportage di guerra

La recensione di January: il film, presentato in concorso alla Festa del Cinema di Roma, segue la storia di un giovane studente di cinema nella Lettonia del 1991, nei giorni della lotta per l'indipendenza dall'Unione Sovietica.

January, la recensione: Da Tarkovskij e Jarmusch al reportage di guerra

Il 2 gennaio del 1991 la polizia irrompe nella sala stampa a Riga, in Lettonia, per impedire ai giornalisti di ricevere i documenti che attestano la dichiarazione di indipendenza della Lettonia dall'Unione Sovietica, dichiarata il 4 maggio dell'anno prima. A filmare il tutto, sebbene da fuori, da lontano, c'è il giovane Jazis. È da questo spunto che nasce il film che è stato presentato ieri in concorso alla Festa del Cinema di Roma, e che raccontiamo nella recensione di January di Viesturs Kairiss. Vi diciamo subito che è una sensazione molto particolare quella di tornare, proprio oggi, indietro a quei giorni di più di 30 anni fa, quando una serie di popoli lottavano per la loro libertà dal colosso russo. È una sensazione particolare perché allora, non senza sofferenza, avevano trovato una libertà anelata da anni, e che credevano sarebbe stata duratura. Tra le repubbliche che si dichiaravano indipendenti allora c'era anche l'Ucraina, che oggi si trova di nuovo a fare i conti con la Russia, di nuovo con una guerra. Ed è impossibile guardare January senza pensare a quello che sta accadendo oggi.

Dal cinema artistico al cinema del reale

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January: un'inquadratura del film

Jazis (Karlis Arnolds Avots) è un giovane studente di cinema, e frequenta il suo professore e i compagni di corso anche al di fuori. Tra loro c'è Anna (Alise Danovska), una ragazza estroversa che condivide la sua stessa passione, e di cui si innamora. I due iniziano una relazione che è amore, sesso, e anche amore per il cinema. Ma la storia termina, e Jazis decide di arruolarsi. A Riga lascia i sogni di cinema "artistico" e si dedica al cinema del reale, a riprendere la lotta per la libertà del popolo lettone.

Nel segno di Tarkovskij, Bergman, Herzog e Jarmush

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January: un'immagine del film

January è un film dedicato a tutti i registi che hanno perso la vita per documentare la libertà della Lettonia, come leggiamo da una scritta in sovraimpressione alla fine del film. Ma, come avevano fatto dei classici del cinema di guerra, come Il cacciatore e Nato il quattro luglio, January sceglie di raccontare ampiamente il prima, tutta la vita che c'era prima della guerra. E per tutta la prima parte è un film estremamente vitale, quello di un gruppo di giovani affamati di vita, di amore, di sesso e di cinema. È un romanzo di formazione di un ragazzo, e di tanti come lui, che respirano Tarkovskij, Bergman e Herzog, ma anche Stranger than Paradise di Jim Jarmusch. Viesturs Kairiss mette nel suo film molti riferimenti, per raccontare da dove viene e chi è.

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January: un momento del film

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Una riflessione sul senso dell'immagine

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January: una sequenza del film

E poi c'è anche un riferimento, poco più di uno scherzo, a Full Metal Jacket di Kubrick, quando arriva la guerra, e quando a Jazis i suoi amici tagliano i capelli. È il momento della crescita, della responsabilità. Della scelta di lasciare da parte le ambizioni artistiche per abbracciare l'immagine della verità. E January diventa anche una riflessione sul senso dell'immagine: è intrattenimento, è riflessione, è documento del reale? La risposta sembra essere che l'immagine deve essere quello che serve nel momento in cui ci si trova a filmare, nelle esigenze di chi ha bisogno di filmare e di chi vuole vedere quell'immagine.

Un film imperfetto e vitale

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January: una scena del film

January, partendo da tutt'altri presupposti, ha in comune con un altro film visto qui alla Festa del Cinema, la commedia spagnola Ramona, un'urgenza che hanno i protagonisti di filmare, di fare cinema, di esprimersi, di creare qualcosa di personale. Il regista lettone filma la sua storia come se davvero fosse stata filmata in quei luoghi e in quel momento. Il formato è quadrato, in 4:3, l'immagine ha colori piatti, lividi, come se fosse una tv lettone dei primi anni Novanta. È un po' quello che ha fatto Danny Boyle con la sua serie Pistol, girata come se fosse davvero ripresa nei tardi anni Settanta. January ci è sembrato un film "adolescente": volutamente immaturo, imperfetto, ma vitale e passionale, un romanzo di formazione a ritmo di punk e post punk. Ma, soprattutto, in grado di raccontarci un periodo preciso, e un processo storico che, in fondo, è in atto ancora adesso che uno stato come l'Ucraina, staccatosi ai tempi dall'Unione Sovietica, sta ancora facendo i conti con il suo passato.

Conclusioni

Nella recensione di January vi abbiamo parlato di un film "adolescente": volutamente immaturo, imperfetto, ma vitale e passionale, un romanzo di formazione a ritmo di punk e post punk, e tanto cinema. Un film dove la Storia incontra la passione cinefila.

Movieplayer.it
3.5/5
Voto medio
N/D

Perché ci piace

  • La scelta di raccontare un momento storico importante, l'indipendenza della Lettonia nel 1991.
  • La scelta di raccontare il "prima" della guerra, cioè la vitalità e la passione dei ragazzi.
  • Il film diventa una riflessione sull'urgenza di filmare e sulla necessità di un'immagine che documenti il reale.

Cosa non va

  • Alcuni passaggi sono un po' confusi.
  • Il film ha un ritmo altalenante.