IT: Welcome to Derry, la nostra intervista ai Muschietti: “Abbiamo un arco narrativo da tre stagioni"

Allargare la mitologia di Pennywise e girare come se fosse un film. Al junket di IT: Welcome to Derry abbiamo intervistato Andy e Barbara Muschietti, Jason Fuchs e lo showrunner Brad Caleb Kane. Su Sky e NOW.

Andy e Barbara Muschietti nella nostra intervista al junket di IT: Welcome to Derry

Un miliardo e centodiciassette milioni di dollari dopo, i due capitoli cinematografici di IT, il marcio mondo di Derry, la famosissima cittadina fittizia del Maine ideata da Stephen King, torna a palesarsi con tutto il suo carico di arcani orrori orditi dalla creatura extradimensionale che ama tormentare (e divorare) bambini assumendo le fattezze del clown Pennywise.

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La riconocibile sagoma di Pennywise (Bill Skarsgård) in IT: Welcome to Derry

Intitolata IT: Welcome to Derry, la serie targata HBO è stata naturalmente sviluppata da Andy e Barbara Muschietti, i responsabili del successo delle due incarnazioni di celluloide del seminale romanzo di King, Jason Fuchs (entrato nel team dei Muschietti dopo aver partecipato a IT: Capitolo 2 in qualità di co-produttore, e Brad Caleb Kane nelle vesti di showrunner.

Otto puntate per una prima stagione ambientata in un decennio, gli anni sessanta, molto più vicino, cronologicamente parlando, al periodo in cui si sono svolte le peripezie dei Losers bambini: nel libro, li vediamo affrontare la crudele entità amante dei clown nel lasso di tempo che va dal 1957 al 1958, mentre il primo film sposta tutto in avanti al 1988.

Poi, se tutto andrà come deve andare, ne arriveranno altre due. Ma di questo abbiamo avuto modo di discutere proprio con Andy e Barbara Muschietti, Jason Fuchs e Brad Caleb Kane al junket virtuale di IT: Welcome to Derry che, lo ricordiamo, in Italia sarà disponibile in esclusiva su Sky e NOW a partire dal 27 ottobre con una puntata a settimana.

IT: Welcome to Derry, la nostra intervista ai realizzatori

Nei piani del team creativo e produttivo composto dai Muschietti, Fuchs e Caleb Kane ci sono, com dicevamo, tre stagioni, ognuna delle quali ambientata in un diverso periodo storico. O ciclo di attività di IT se preferite.

Come è stato possibile mescolare insieme la necessità di allargare la mitologia di Pennywise senza però rivelare troppo circa il resto? "Abbiamo elaborato questo grande arco narrativo che si espande in tre stagioni" spiega Andy Muschietti "ancorato, a sua volta, a una storia anche più allargata che non posso rivelare. Il principio fondamentale si basa sul seguire gli interludi del libro in cui si parla di quei tre eventi catastrofici: l'incendio del Black Spot, il massacro della Bradley gang e l'esplosione alle ferriere Kitchener. Parleremo delle vite e delle difficoltà della gente che viveva a Derry e della loro battaglia contro la malvagità dell'entità IT cercando anche di fare un po' di luce su quegli eventi che sono molto criptici nel libro".

Gli fa eco Jason Fuchs contestualizzando ancor più il discorso sul suo essere un grande fan dello scrittore di Bangor: "Sai noi siamo mega fan di Stephen King. Abbiamo tutti letto il libro, io a un'età del tutto inappropriata, ho visto la mini serie quando ero ragazzino e ho sempre avuto un sacco di domande su svariate questioni. Anche prima di lavorare al franchise ed essere coinvolto da Andy e Barbara al Capitolo 2. Ho sempre voluto saperne di più sulla backstory di IT perché molto viene suggerito, anche in riferimento a Bob Grey, l'uomo che questa entità basa la sua incarnazione. Come fan ho sempre voluto saperne di più, perché proprio quella forma, quella di Pennywise, in quai cicli l'aveva adoperata e perché".

C'era il desiderio, per Fuchs e tutta la squadra di "capire le regole di tutto questo. Un mucchio delle nostre scelte creative si sono basate sulla nostra comune curiosità. Poi nel termine di dove fermarsi, del dove capre quando c'era troppa esposizione, ci siamo basati sulle necessità della storia e dei personaggi. La nostra serie è mandata avanti dai personaggi dove le risposte vengono inseguite ma vengono fornite solo se sono funzionali alla storia e ai personaggi".

Un male "confinato" geograficamente e... molto cinematografico

Per Brad Caleb Kane quello che il romanzo non ha mai spiegato e che era, quindi, interessante esplorare era il fornire la soluzione al quesito "Come mai un mostro che pare avere un potere illimitato resta confinato a Derry? È stato intorno a questo concetto che abbiamo lavorato. Abbiamo sviluppato una backstory che spiega perché è ancorato a quest'area". Cosa, questa, che ci ha portato a chiedere come sia stato lavorare con HBO per lo sviluppo di IT: Welcome to Derry e se sia stato semplice adattare al "piccolo schermo" qualcosa che, con i primi due film, era stato portato al cinema.

Andy Muschietti dice hanno girato lo show come se fosse un film mentre Barbara che evidenzia che il loro modo di lavorare "non è cambiato perché non sappiamo fare TV (ride, ndr.)! No, scherzo! HBO ci ha supportato alla grande... Fai conto che anche noi ci siamo accostati a questa produzione con estrema cautela perché eravamo consapevoli che la TV è un formato differente, ma, con nostra grande sorpresa, HBO ha appoggiato ogni nostra scelta. Abbiamo cercato di far sì che fosse intenso come il film perché è nella natura stessa di questa proprietà intellettuale del libro. Non volevamo annacquarlo in alcun modo e hanno appoggiato la decisione".

L'uomo di Bangor ha detto sì

Ma quanta libertà d'azione c'è stata nell'operazione di creazione di questa mitologia allargata? Si sa che Stephen King ha il potere e la facoltà di dire la sua sugli adattamenti dei suoi romanzi. Da quanto si legge in giro è tutto fuorché un prepotente, ma una sua eventuale annotazione deve in ogni caso essere seguita anche per ragioni meramente contrattuali.

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Jovan Adepo in IT: Welcome to Derry

Per IT: Welcome to Derry c'è stato uno stimolante botta e risposta che viene descritto da Jason Fuchs: "Certo, ricevevamo i feeedback di Stephen King. Lui ha una splendida relazione con Andy e Barbara, si fida totalmente di loro, si è trovato benissimo con i primi due film ed è stato anche così gentile da fare un cammeo nel capitolo 2. La sua approvazione era necessaria ad ogni passo: scrivevo il trattamento del primo episodio? Doveva leggerlo e approvarlo. Lo script per il pilot? Idem. In ufficio avevamo questa sorta di documento che spiegava dove volevamo andare a parare con la serie, l'ha dovuto esaminare e approvare".

E prosegue, "C'era uno scambio continuo e stimolante. Però considera che lui è davvero generoso nel concedere la libertà creativa ai suoi collaboratori, che sono anche fan, che si trovano a elaborare storie basate sui suoi mondi, come nel nostro caso.Non c'è mai stato ostruzionismo, ma sempre sostegno. Semmai eravamo noi a auto imporci dei paletti perché teniamo tantissimo a questo universo, siamo fan di IT. Come fan sapevamo cosa volevamo vedere e cosa no. Cosa sarebbe stato percepito come autentico e cosa no. Ed era quello il nostro scopo: dare vita a qualcosa di cui andare orgogliosi in quanto fan della lore di IT e di Stephen King, ancor prima che come showrunner, scrittori o produttori".