Vi abbiamo già proposto le nostre chiacchierate con i realizzatori di IT: Welcome to Derry, ovvero Andy e Barbara Muschietti, Jason Fuchs e lo showrunner Brad Caleb Kane effettuate al junket virtuale della serie al quale abbiamo avuto l'onore di partecipato. Nelle interviste, le menti creative ci hanno spiegato la ratio che ha portato al concepimento di questa prima stagione. Una storia che, se verrà premiata dal pubblico con i dovuti ascolti, si articolerà in tre stagioni ognuna dedicata a uno dei tragici avvenimenti raccontati negli interludi del romanzo di Stephen King. Tragedie collegate, chiaramente, ai vari cicli di attività della perfida entità extradimensionale che ama assumere le fattezze del clown Pennywise.
Ma in aggiunta ai talent già citati, Movieplayer ha avuto l'onore di realizzare delle videointerviste in esclusiva italiana anche con i membri del cast adulto di IT: Welcome to Derry: Jovan Adepo, Chris Chalk, Taylour Paige, Stephen Rider, James Remar e Kimberly Guerrero.
Dei botta&risposta articolati, interessanti e, ovviamente, senza spoiler su questo attesissimo prequel che, con la cadenza di una puntata a settimana, sarà disponibile in esclusiva italiana su Sky e NOW dal 27 ottobre.
IT: Welcome to Derry, le nostre interviste al cast
Nel corso del lungo pomeriggio che abbiamo dedicato al junket della serie che si svolgeva nella Grande Mela in concomitanza del New York Comic-Con i primi attori che abbiamo incontrato sono stati Stephen Rider e Chris Chalk. Il primo interpreta un personaggio del tutto inedito della lore kinghiana che si troverà "nel posto sbagliato al momento sbagliato", il secondo invece una vera e propria icona delle storie del Re del brivido di Bangor. Quale? Ci torneremo poi.
Rider, dal canto suo, ci ha spiegato come si sia riuscito a calare nell'inquietante contesto della diabolica cittadina abitata da Pennywise. "Sicuramente mi sono calato in quel contesto parlando con Andy, Barbara, Brad e Jason. Ma anche riconoscendo il fatto che lui vive in quel posto in un periodo ben specifico, il 1962, che ho dovuto capire facendo tutte le ricerche del caso. Sono anche andato a un Black College per comprendere al meglio come vivessero le comunità nere in quegli anni. Ma ho ragionato anche molto sulla sua professione, quella di proiezionista in una sala cinematografica, ovvero una persona che osserva sempre, dall'esterno. Come attore si è trattato di portare a termine il lavoro e dargli vita sullo schermo".
La versione più giovane di un personaggio leggendario
Come dicevamo qualche riga fa, Chris Chalk veste i panni di un personaggio molto noto dell'universo kinghiano, conosciuto, naturalmente, da chi ha letto romanzi e racconti, ma anche da chi si è sempre e solo limitato al cinema e alla TV dato che lo abbiamo già visto interpretato da tre artisti differenti fra grande e piccolo schermo: Dick Hallorann, il capo cuoco dell'Overlook hotel di Shining.
Nel romanzo di IT, Hallorann è citato come uno dei fondatori del Black Spot, un bar di Derry frequentato dai soldati afroamericani che verrà incendiato in un atto di odio razziale perpetrato da parte della Maine Legion of White Decency. Come è stato per lui interpretarlo e come ha vissuto il confronto con i suoi illustri predecessori Scatman Crothers, Melvin Van Peebles e Carl Lumbly? "Innanzitutto, fra le versioni già apparse, non ne ho una preferita perché sarebbe come scegliere il figlio al quale voglio più bene. Sarebbe poco carino! Ognuna di queste mi ha aiutato un po' per la creazione del personaggio, ma mi sono concesso, letteralmente, 40 minuti per riguardare le loro interpretazioni. Poi mi sono esclusivamente affidato al libro, al testo. Non volevo scimmiottarli. La grande libertà d'interpretare Dick Hallorann da giovane è il poter fare quello che voglio, sussurrando costantemente quello che sarebbe poi diventato. Penso che abbiamo fatto un buon lavoro con questo mix di scelte mie, di Andy, Barbara, Brad e Jason e anche altri membri del cast. Penso che abbiamo dato vita a una bella versione di questo personaggio proiettato, in futuro, verso quell'hotel".
Un male generazionale, sistemico e... assurdo
Il male, a Derry, è generazionale, trasmesso dai genitori ai figli. Questione che abbiamo voluto affrontare con il cast. Taylour Paige, Charlotte Hanlon nella serie, pensa che IT: Welcome to Derry dica davvero molto circa la complicità del male, quel male "di un gruppo di gente che vede qualcuno che subisce un torto e lo ignora girando la testa dall'altra parte, sul gaslighting, sul trovare capri espiatori".
"Sulla banalità del male" prosegue "sul tenere le cose curate in superficie solo per salvare le apparenze di gente che, in realtà, cade a pezzi. Anche oggi molti di noi si sentono sopraffatti, paralizzati da tutto quello che sta accadendo, che ci piove addosso. Sei confuso perché non sai se fare effettivamente qualcosa o badare solo al tuo orticello cercando di lasciare tutto fuori".
Per Chris Chalk poi l'aspetto stimolante del lavoro su questa serie è che mostra l'assurdità del razzismo che, per una creatura come IT, è qualcosa senza una logica. __"Il bello di lavorare a una serie che si svolge in quegli anni" dice "che potrebbe anche essere adatta al 2025 per il tema del razzismo ha proprio a che fare col constatare come questa cosa sia del tutto assurda dal punto di vista di IT. Ti fa vedere come il nostro tipico modo di fare basato sul trovare dei pretesti per odiarci, al posto di pensare a come sopravvivere come specie, sia notevole considerando che a IT non frega nulla della tua razza: mangerà tutti a rescindere!".
Le autorità militari e spirituali di Derry
La creazione della "lore allargata" di It, passa anche tramite due personaggi come quelli interpretati dal veterano James Remar (il Generale Shaw) e Kimberly Guerrero (Rose) che hanno il compito di collegare ancor più al passato di Derry, con la loro autorità, il male ancestrale che imputridisce l'animo della città e dei suoi abitanti.
Remar dipinge così il suo generale: "Il mio personaggio è qualcuno che, in giovane età, ha avuto un'esperienza particolarmente formativa in città per poi andarsene. Poi per un motivo o per l'altro, le correnti del tempo lo riportano a Derry, forse anche a causa della stessa entità IT, magari a livello subconscio. Quando torna a Derry, vedendo Rose, vorrebbe che le sue memorie, che sono nascoste dentro di lui, tornassero, ma non ce la fa perché, forse, è stato lontano per troppo tempo. Sai, c'è quel detto che non si può davvero tornare a casa. Per me lui è una figura molto tragica per via della sua anima e della sua infanzia. Diciamo che lui è il ragazzo che è andato via, lei la ragazza che è rimasta".
"Esattamente" continua Guerrero "e nel farci la domanda hai usato una bella parola: autorità. Perché James interpreta il generale Shaw che siede al vertice dell'autorità militare americana del 1962, durante la Guerra Fredda. Lui è collegato a un potere enorme, mentre il mio ha più a che vedere con un potere spirituale. Il mio personaggio, Rose, fa parte di un popolo che abita da quelle parti da millenni e che ha avuto a che fare con IT già per 400 anni. C'è questa profonda interazione fra noi e IT che verrà approfondita nel corso della serie. Lei è portatrice di una grande saggezza, di conoscenza e di storia e la sua autorità è anche più potente di quella dell'esercito americano". Perché? Ce lo dice James Remar: "Perché il tuo personaggio ha l'autorità della guardiana".
Paure di ieri, paure di oggi
Come sempre accade con le grandi storie dell'orrore, anche IT: Welcome to Derry, pur se ambientata più di sessant'anni fa, dice molto sulle ansie e inquietudini di oggi. Lo fa, come abbiamo già visto, su un tema come quello del razzismo, ma anche su quello dell'ansia vissuta a livello collettivo, globale. E a riflettere in maniera più profonda sulla cosa sono proprio James Remar e Kimberly Guerrero.
Secondo il primo proprio in quel periodo c'è stata la nascita "dell'era dei social, con le immagini televisive. Il vedere Nikita Krusciov che all'ONU si leva una scarpa e comincia a martellare sul podio dicendo che ci avrebbe seppellito tutti, riferendosi al lancio dell'atomica... quella roba l'abbiamo vista in Tv da bambini. La radio c'era già da tempo, ma noi, come specie, siamo molto "visuali" quindi quando qualcosa ti viene mostrato... Per me è lì che è nata l'ansia da Instagram!".
Kimberly Guerrero aggiunge che "in quel momento il mondo è stato più globale che mai. Stavamo tutti vivendo la stessa minaccia. Qualcuno, da un lato o dall'altro, potev spingere un bottone e spazzare via la vita come la conoscevamo. Oggi stiamo vivendo qualcosa di molto simile come se i tessuto stesso che tiene insieme la società si stesse sfaldando, così come il senso stesso di empatia e compassione. E di comprensione che siamo tutti sulla stessa barca".