Abbiamo già detto in tante altre occasioni che gli adattamenti dei romanzi di Stephen King difficilmente hanno avuto la fortuna di diventare dei bei film. Paradossalmente questo accade soprattutto quando si tratta delle sue opere più horror. Ma in ogni caso sappiamo che ci sono stati finora soltanto due scenari in cui un adattamento kinghiano ha funzionato sullo schermo: quando sono molto fedeli (Carrie - Lo sguardo di Satana, Misery non deve morire, Le ali della libertà o il più recente e sorprendente Il gioco di Gerald) o quando non lo sono affatto (Shining di Stanley Kubrick). Finora non c'era mai stata davvero una via di mezzo, un film (o una serie) che tradisse consapevolmente il romanzo di partenza per trasformarlo in qualcosa di diverso, ma riuscisse comunque a mantenere intatte alcune caratteristiche fondamentali dell'opera.
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It di Andrés Muschietti fa esattamente questo. Tradisce in partenza - e qui c'è lo zampino di Cary Fukunaga che era inizialmente coinvolto nel progetto, ma rimane qui come sceneggiatore - eliminando la seconda timeline dedicata agli adulti e relegandola ad un film successivo: così facendo cambia in maniera radicale anche tutta la seconda metà del suo film e lo trasforma in un horror più "puro", più facilmente accessibile e vendibile al grande pubblico grazie ad un nemico iconico e spaventosissimo che però da simbolo metaforico di tutte le paure diventa un mostro più concreto e fisico, più in linea con gli horror di tendenza degli ultimi anni.
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Il terrore che sarebbe durato per ventotto anni, ma forse anche di più...
Che questo It sia in linea con molte delle produzioni recenti del genere non è poi difficile da capire: i jump scare sono molteplici e di grandissima efficacia e tutto il film si limita a voler essere genuinamente spaventoso a tratti, piuttosto che inquietante e disturbante nella sua interezza. D'altronde i frequenti cambi di tono nella narrazione, i passaggi anche piuttosto bruschi dallo spavento alla tenerezza ed allegria data dai giovani e fantastici protagonisti, non permettono, nonostante alcune scene davvero molto forti ed esplicite, di vivere con vera angoscia la storia di Bill e gli altri Perdenti. Ma se in un altro film questo potrebbe essere considerato un grosso difetto, in It c'è per fortuna tutta la magia di Stephen King ad emergere ed è proprio qui, nelle storie e nell'amicizia di questi sette ragazzini, che il film di Muschietti rende veramente giustizia al capolavoro letterario di trentanni fa.
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Se è vero che nel romanzo le storie degli adulti e dei bambini si intrecciano e spesso si sovrappongono, è altrettanto vero che per chiunque abbia letto il romanzo le parti ambientate nel passato sono di gran lunga le più amate. Questo perché Bill, Beverly, Ben, Richie, Eddie, Stan e Mike diventano per il lettore sette amici veri con cui si è condivisa non solo una grande (terrificante) avventura, ma un'estate indimenticabile, di quelle che solo da ragazzi si possono vivere. Quelle segnate da una grande e sincera amicizia. Magari di breve durata, ma, proprio come il primo amore, talmente intensa da ricordare per il resto della vita. Chi andrà al cinema senza sapere nulla di tutto questo ma aspettandosi solo un film horror, non solo troverà pane per i propri denti ma probabilmente anche una gran bella sorpresa, perché la bravura del regista è soprattutto quella di essere riuscito a confezionare un buonissimo film di genere costruendoci intorno un contesto ricco ed affascinante ed anche temi profondi, sebbene solo accennati, ma comunque presenti nel romanzo di partenza ("i veri mostri sono gli adulti").
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Come prenderanno i fedeli lettori di Stephen King questo nuovo adattamento e tutti i significativi e corposi cambiamenti all'amatissimo romanzo? Ci sarà sicuramente chi storcerà il naso, e nemmeno poco, di fronte ad alcune sostanziali differenze, ma è facile immaginare che tutti o quasi saranno deliziati dal rapporto tra i Perdenti e dalla messa in scena di alcune sequenze tra le più iconiche dell'opera. L'epica battaglia a sassate, Ben che fugge da Henry Bowers e gli altri bulli, la cartolina con l'haiku regalata a Beverly, l'ipocondria di Eddie e il rapporto con la madre. Questi e tanti altri sono momenti indelebili nella memoria di tutti gli appassionati di It il romanzo e che, d'ora in poi, lo saranno anche per tutti i semplici spettatori del film, perché Muschietti, da vero fan, non rinuncia a nulla di questi momenti magici ma anzi li ripropone nel migliore dei modi grazie anche ad interpreti deliziosi.
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Stanno stretti sotto ai letti sette spettri a denti stretti
Perché se è vero che Bill Skarsgård è eccellente nel rendere l'ambiguità di Pennywise, un pagliaccio un po' bambino e un (bel) po' mostro, le vere star del film di Muschietti sono proprio loro, i ragazzi: la Beverly Marsh di Sophia Lillis in particolare è uno splendore, un personaggio bellissimo trasposto in modo eccellente e con una interprete dalla bellezza e dal carisma fuori dall'ordinario; il Richie Tozier di Finn Wolfhard (già amatissimo in Stranger Things) è divertente esattamente come il ruolo (e il soprannome Boccaccia) richiede ed è l'amico che vorremmo sempre al nostro fianco; al Ben Hanscom di Jeremy Ray Taylor tocca un ruolo ancora più importante che nel libro, visto che sembra ereditare il ruolo di storico di Derry, ma al tempo stesso impersona perfettamente la dolcezza e la risolutezza che il personaggio impone. Eddie Kaspbrak (Jack Grazer) è il più piccolo e gracile del gruppo ma anche uno dei più amati a causa della sua apparente fragilità e insicurezza, mentre prevedibilmente sono Mike (Chosen Jacobs) e Stanley (Wyatt Oleff) ad essere messi un po' da parte e a brillare meno, pur conservando comunque una caratterizzazione di spessore non comune per dei personaggi secondari.
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Discorso a parte merita il Bill Denbrough dell'ottimo Jaeden Lieberher, forse qui ancora più protagonista rispetto al libro e ancora più deciso a scoprire la verità sull'omicidio/sparizione del fratellino dall'impermeabile giallo. Da horror vero quale sceglie di essere, a questo It di Muschietti serviva (e servirà per il futuro) un protagonista ed un leader forte, ed è esattamente questo che avviene quando in scena c'è Bill Tartaglia. Sarà lui a guidarci nuovamente per le fogne di Derry tra due anni e francamente, ancor di più che prima, non vediamo l'ora di farlo, perché adesso sappiamo che possiamo fidarci di questo regista e della sua visione di uno dei libri che abbiamo più amato. Perché come noi è consapevole che tutta la meraviglia del romanzo di Stephen King non potrà mai, mai, essere portata davvero sul grande schermo e che quindi forse non vale nemmeno la pena di provarci se non tradendolo, cambiandolo e trasformandolo in qualcosa di molto diverso. Ma è un qualcosa che può innanzitutto piacere agli appassionati del genere horror e ad avvicinarli ad una lettura che, probabilmente, potrebbe cambiare per sempre la loro visione dello Stephen King scrittore e, chissà, forse anche la loro vita. Proprio com'è successo a noi e come è successo ad Andrés Muschietti.
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4.0/5