Invasion 3, il creatore Simon Kinberg: "Senza gli X-Men non sarei qui. La fantascienza? Coinvolge il pubblico"

I Cannoni di Navarone e i thriller politici, ma anche gli alieni che non si vedono mai. La nostra intervista al creatore della serie, in streaming su Apple TV+.

Simon Kinberg per Invasion 3.

L'invasione aliena è tornata in tv. O meglio, è tornata Invasion la serie Apple TV+ di Simon Kinberg e David Weil che racconta le conseguenze intime ed emotive dopo che alcuni visitatori extraterrestri si presentano sul pianeta Terra, non si sa se con intenzioni benevole o meno.

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Shamier Anderson in una scena

Nella terza stagione, ogni settimana in streaming, sono passati due anni e gli alieni, che sembravano tornati sui propri passi, riappaiono parallelamente a Trevante Cole, creduto morto quando si era sacrificato insieme a Caspar Morrow per distruggere la nave madre. Mentre gli esseri umani cercano risposte, noi abbiamo incontrato su Zoom il creatore Simon Kinberg, nonché papà degli X-Men.

Invasion 3, intervista a Simon Kinberg

Dai mutanti agli alieni: così si potrebbe riassumere la carriera del produttore e showrunner. Il suo lavoro nell'universo degli X-Men gli ha fornito le linee guida e gli strumenti per aiutarlo a gestire questo universo narrativo televisivo, come ci racconta: "Gli X-Men sono stati il mio campo di addestramento, il mio 'college' (ride) per prepararmi alla serie Apple TV+. Per molti aspetti, ma soprattutto per via della narrazione d'insieme. Negli X-Men c'erano da otto a dieci protagonisti che necessitavano la giusta copertura, ed erano personaggi straordinari, con enormi backstory nei fumetti, spesso interpretati da attori nominati o vincitori di Premi Oscar".

A quel punto ricorda un episodio in particolare, a testimonianza dell'incredibile lavoro fatto ben prima delle maestose sequenze corali del Marvel Cinematic Universe di Kevin Feige. "C'è stata una volta in Giorni di un futuro passato, dove ricordo che eravamo nella stanza, Hugh Jackman al tavolo, e intorno a lui, Patrick Stewart, Ian McKellen, Anna Paquin, Ellen Page (ora Elliot Page), e Halle Berry. Ognuno di loro, penso, tranne forse Patrick Stewart, era stato nominato o aveva vinto un Oscar, da Anna a Ellen-Elliot. Era come doversi prendere cura di tutti quegli attori. Non puoi avere Halle Berry o Ian McKellen in scena, e tenerli fermi sullo sfondo. Quindi impari a dare ai personaggi abbastanza spazio in un periodo di tempo limitato. In quel caso era ancora più difficile, perché si trattava di due ore di tempo".

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La new entry della terza stagione

Chiosa: "Ora nella serie abbiamo personaggi diversi provenienti da contesti diversi raccontati in parallelo l'un con l'altro. Inoltre, poiché ho lavorato a molti film degli X-Men, era quasi come una serie tv. Tornavamo con gli stessi personaggi, gli stessi attori, e un nuovo scenario, una nuova trama. È stata la mia educazione alla narrazione serializzata"_.

La serie sugli alieni... senza alieni

Invasion lavora di suggestione e sottrazione, di persuasione da parte degli alieni nei confronti degli esseri umani. Non li mostra tutto il tempo - una delle critiche mosse allo show - e si tratta di una scelta fin dall'inizio, mantenuta anche nel terzo ciclo di episodi, come ci conferma Simon Kinberg: Ciò che ero più interessato a raccontare di un'invasione aliena era il punto di vista degli esseri umani che la stanno realmente vivendo e far sentire che i personaggi erano la parte più importante della serie, in modo da potersi relazionare a loro".

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Uno dei personaggi chiave della terza stagione è Mitsuki Yamato

Continua: "Perché in verità, quando qualcosa viene invaso, che siano alieni o eserciti, le persone vere che non sono soldati, non hanno molta interazione con la forza d'invasione. Quindi si tratta più di come le loro vite cambiano di fronte a questo evento inimmaginabile. Era importante per me rappresentarla in modo molto reale, e mantenerla intima e personale attraverso la prospettiva di quei personaggi".

Una serie sci-fi o una serie politica?

La serie Apple TV+ diventa più politica nella terza stagione. Sia perché parla del diverso approccio degli alieni ad un evento e obiettivo comune, rispetto agli esseri umani che sono egoisti e non sanno fare squadra. Sia perché, col ritorno di Cole, il rapporto tra lui e il governo degli Stati Uniti è complicato: loro non sono sicuri che sia umano, e non sanno se si possono fidare di lui. Sembra quasi una metafora dei soldati che a volte dopo le missioni all'estero passano dalla parte del nemico.

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Invasion: una scena della terza stagione

Ci dice Kinberg: "Non stavo cercando consapevolmente di fare qualcosa di politico. Ci sono sicuramente film e serie che sono thriller politici che sentivo di portare con me in questo progetto. Mi piace quando la fantascienza riesce a coinvolgere altri generi. Ho avuto la sensazione che in questa stagione ci fosse un po' di genere thriller e anche di genere militare, come ne I Cannoni di Navarone. Quindi c'è stata l'influenza inconscia dei thriller del passato che tendono a riguardare la sfiducia o il sospetto verso i governi che diventano troppo potenti".

Quante stagioni avrà la serie Apple TV+?

Ora che lo showrunner si è "laureato" in narrativa serializzata, ci ha rivelato quante stagioni ha in mente per questo universo televisivo. "Quando ho ideato la serie e ho iniziato a lavorarci, immaginavo che sarebbero state quattro stagioni. So cosa faremmo in una quarta stagione, se il pubblico la vorrà. Penso che ci sia ancora qualcosa da raccontare con questi particolari personaggi e ci sono alcune questioni aperte alla fine di questa stagione".

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invasion: il rapporto tra Trevante e Jamila è centrale nelle nuove puntate

Conclude con un paragone con gli X-Men: "Hanno occupato 15-20 anni della mia vita per raccontare 7-8 di quei film. E ora sono passati, non so, 6 anni della mia vita per raccontare 30 ore più o meno per i protagonisti di Invasion. Quindi come se fossero 15 film: il doppio di quanto ho fatto con i mutanti Marvel. Il contenuto è molto ampio e questa è stata parte della gioia, poter vivere con questi personaggi e queste situazioni in modo più profondo, più di quanto consentano solo due ore. Quindi incrociamo le dita".