Recensione Quando meno te lo aspetti (2004)

A dispetto del titolo, questo film offre esattamente quello che ci si può aspettare da una pellicola con le sue premesse: parecchi sorrisi, qualche lacrima, buoni sentimenti e l'affermazione generale di uno status quo familiare che resiste anche alla distruzione fisica della famiglia stessa.

Intrattenimento a due dimensioni

Helen è una giovane donna di successo: l'agenzia di modelle in cui lavora va a gonfie vele, la sua carriera è quasi al top e un'importante promozione è dietro l'angolo. La tragedia arriva però inaspettatamente, stravolgendo del tutto la vita della donna: quando sua sorella e il marito muoiono in un incidente stradale, il testamento di lei indica inaspettatamente Helen come futura custode dei tre figli, rispettivamente di 15, 9 e 5 anni. Helen dovrà imparare, nel giro di pochi giorni, a fare la madre, rinunciando alla sua condotta di vita sregolata e ad un lavoro che non può coniugare con i suoi nuovi impegni, e scontrandosi anche con l'ostilità dell'altra sorella, convinta di essere la destinataria naturale dell'affidamento dei bambini.

Diretto da un esperto di commedie sentimentali come Garry Marshall (Pretty Woman), questo Quando meno te lo aspetti, a dispetto del titolo (quello originale recita un più esplicito Raising Helen, ponendo l'accento sulla "formazione" della protagonista) offre esattamente quello che lo spettatore può attendersi da una pellicola con queste premesse: parecchi sorrisi, qualche lacrima, buoni sentimenti e l'affermazione generale di uno status quo familiare che neanche la distruzione fisica della famiglia stessa può alterare. Un film che "scorre" addosso in modo indolore (ma anche, a parere di chi scrive, abbastanza insapore), senza richiedere né offrire alcun impegno: la superficialità nel trattare i temi dell'abbandono familiare e della solitudine, nonché quelli dell'infanzia e dell'incapacità di crescere propria della protagonista, è esplicita e dichiarata, e il film in fondo non offre nulla di diverso da quello che promette. La storia d'amore della protagonista con il pastore luterano preside della nuova scuola dei bambini è anch'essa prevedibile e condotta lungo i binari attesi, e l'edificante finale è la conclusione naturale, persino inevitabile, di una vicenda che aveva scoperto le carte in tavola già dai primissimi minuti. Restano singoli momenti di divertimento (i siparietti tra la protagonista e i bambini frastornati dal suo stile di vita sono riusciti e divertenti, così come le entrate in scena della simpatica e battagliera Sakina Jaffrey, "assistente" della protagonista nei momenti difficili), a salvare il film da una noia che comunque fa capolino più volte nelle sue due ore di durata (decisamente troppe).

Tutti gli attori si adeguano perfettamente a uno script che non richiede loro troppo impegno, dalla protagonista Kate Hudson alle "spalle" John Corbett e Joan Cusack, per ruoli semplici da tratteggiare, bidimensionali come si conviene a un film che non vuole offrire altro che intrattenimento disimpegnato. Un intrattenimento che si dimentica quasi immediatamente non appena accese le luci in sala, e ritrovata, nella vita reale, quella terza dimensione che il film, in modo rassicurante ma anche stucchevole, si ostinava a negare.

Movieplayer.it

2.0/5