In viaggio per mettere radici
Burt e Verona, trentenni e innamorati, aspettano una bambina. Lei fa l'illustratrice medica e ha perso i genitori quando era al college, lui vende assicurazioni, è trasandato ma di carattere ottimista, e conta sul sostegno dei suoi genitori, che saranno gli unici nonni per la piccola in arrivo. Quando questi ultimi, tipi eccentrici, annunciano a sorpresa che lasceranno il Colorado per trasferirsi in Europa, Burt si sente mancare la terra sotto i piedi; non avendo più legami che li costringano in un luogo specifico, lui e la sua compagna si metteranno alla ricerca di un posto adatto per crescere la loro bambina, facendo visita ad amici e parenti da un capo all'altro del paese, e vedendo per la prima volta luoghi e persone sotto un'ottica diversa.
Arrivato in Italia con un anno e mezzo di ritardo, con un titolo italiano oltremodo banale (è chiaro l'intento di richiamare il precedente American Beauty dello stesso regista, ma il titolo originale Away We Go esplicitava molto meglio il senso della pellicola) questo film è un ulteriore tassello della riflessione portata avanti da Sam Mendes sulla famiglia borghese americana, sulle sue contraddizioni e sulla ricerca/necessità di radici. Dopo quel Revolutionary Road in cui il regista metteva in scena la tensione verso un luogo altro, la frustrazione e l'incapacità di accettare i compromessi della vita adulta, la rinuncia ai sogni che diventava nichilistica pulsione autodistruttiva, qui Mendes ci mostra un'altra coppia alla ricerca di una propria dimensione, alle prese con le stesse ansie e lo stesso senso di inadeguatezza, ma con un'evoluzione ben diversa della propria ricerca. Lo fa con l'arma del road movie declinato in chiave di commedia, mettendo in scena una serie di personaggi caricaturali, tipi umani virati al grottesco che aiuteranno i due protagonisti, attraverso lo stabilirsi delle rispettive distanze, a trovare una propria strada per il viaggio che stanno per intraprendere.
Basato su una sceneggiatura di Dave Eggers e Vendela Vida (coppia di scrittori molto noti negli Stati Uniti), American Life è in effetti, innanzitutto, un film che diverte. Per ammissione dello stesso Mendes, quest'opera doveva rappresentare una pausa, un modo per tirare il fiato dopo un'esperienza impegnativa tanto fisicamente quanto emotivamente come quella di Revolutionary Road. Il tono è leggero, scanzonato, spesso sopra le righe: i due protagonisti portano la consapevolezza di essere in un periodo cruciale della loro vita, quello in cui le responsabilità prevalgono su tutto il resto, e le loro ansie e paure sono ben descritte dalla sceneggiatura e dagli ottimi dialoghi scritti dai due autori; tuttavia, il tutto è filtrato attraverso uno sguardo divertito, una capacità sempre presente di prendere e prendersi in giro, un umorismo spesso caustico ma sempre ricco di umanità. La galleria di divertenti personaggi che i due incontrano durante il loro viaggio rappresentano in fondo un compendio dell'infelicità e del mal di vivere variamente mascherati: dalla cinica ex-collega di Verona alla sua malinconica sorella, dagli apparentemente felici ex-compagni di college al fratello di Burt appena abbandonato da sua moglie. Nonostante questo, lo sguardo del regista è sempre ricco di empatia per questi uomini e donne che si difendono come possono dai colpi che la vita ha inferto loro: l'unica eccezione è quella della coppia di hippy costituita dalla "cuginetta" di Burt e dal suo alienato compagno, personaggi volutamente sovraccarichi di cliché sotto cui intravediamo un desolante vuoto, e a cui la sceneggiatura dedica non a caso i momenti più acidi. Un'altra scelta azzeccata, anche se in fondo non originalissima, è quella della colonna sonora scritta (ed eseguita) dal cantautore Alexi Murdoch: composizioni folk che ben rappresentano il carattere on the road del film, sottolineando i diversi momenti del viaggio e i diversi luoghi che i protagonisti si trovano a visitare, con toni ora più ariosi, ora più cupi ed introspettivi. Da sottolineare anche l'ottima prova corale del cast, che oltre ai due protagonisti John Krasinski e Maya Rudolph (volti non troppo noti che ben esprimono quella "medietà" che caratterizza una qualsiasi giovane coppia americana) offre, tra le altre, le prove di Jeff Daniels nel ruolo del padre di Burt e di una divertente Maggie Gyllenhaal, attrice quanto mai versatile, nei panni della hippy LN: un cast ottimamente amalgamato da un regista che si conferma ad alti livelli anche nel più delicato e oscuro lavoro della direzione degli attori.
Movieplayer.it
4.0/5