Per un regista esordiente il secondo film è un banco di prova ancor più difficile. Specialmente se segue un'opera prima spiazzante e sorprendente come La mafia uccide solo d'estate. Tutto questo Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, lo sa bene perciò ha deciso di coccolare la sua nuova creatura, In guerra per amore, seguendone passo passo il debutto per tutto lo stivale. Per fortuna, dopo un inizio al ralenty, anche gli incassi cominciano a ingranare e il film, attualmente, è terzo al box office con 900mila euro.
"Inizialmente volevo fare un film sui partigiani, ma più ci lavoravo più capivo che il tema era molto delicato" ci racconta Pif, che abbiamo incontrato a Firenze. "Forse è un po' troppo presto per la mia carriera, non mi sentivo abbastanza maturo come regista. Alla fine sono arrivato allo sbarco alleato in Sicilia. La mafia al Sud ha svolto il ruolo dei partigiani al nord, ma finora il cinema aveva trascurato questo evento".
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Oltre la storia per raccontare la Sicilia
Pif sa bene che rileggere eventi storici fornendo una prospettiva politica, in Italia, è un'operazione rischiosa, ma raccontare le vicende della sua terra natale è un'urgenza che lo spinge ad andare avanti in un percorso cinematografico più che coerente. A chi lo accusa di inesattezze ribatte: "Non sono uno storico, posso avvalermi di licenze poetiche. All'epoca in Sicilia furono fatte scelte ben precise, giustificate dalla guerra. Allearsi col nemici del proprio nemico è un comportamento molto americano, lo hanno fatto anche in Afghanistan. Non sempre funziona, ma in Sicilia è un esperimento riuscitissimo perché la mafia non si rivolge mai contro gli americani. La mafia è apolitica, assume un ruolo oltre il fascismo, oltre il nazismo e oltre il comunismo. Nella democrazia riesce a infilarsi meglio che nel regime fascista. Il rapporto stato-mafia dura a lungo e salta solo quando finisce il pericolo comunista, all'epoca del crollo del muro di Berlino. In seguito forse si sono riavvicinati, ma non sta a me indagare".
Quando si tratta di raccontare l'ascesa della mafia, Pif non ha remore, ma ci tiene a fare una precisazione. "Sono felice che gli americani ci abbiano liberato, altrimenti saremmo passati da una dittatura all'altro. Da fascisti, alleati di Hitler, siamo diventati alleati degli americani. Non ci abbiamo fatto una grande figura. A differenza di altri, noi non abbiamo mai fatto un esame di coscienza. Abbiamo superato il problema dando la colpa ai cattivi tedeschi, ma noi eravamo i cattivi come loro, non eravamo solo alleati".
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Da La grande guerra a Tutti a casa, i modelli di Pif
Come nel caso di La mafia uccide solo d'estate, anche in In guerra per amore Pif ha fatto un abbondante uso della voice over, ormai un vero e proprio marchio stilistico. A chi gli rinfaccia di usare un espediente poco cinematografico lui risponde: "Venendo dalla televisione ho fatto un uso abbondante della voce fuori campo. Nella prima versione dello script non c'era, ma tutti mi dicevano che mancava qualcosa. Non riesco a fare senza, un giorno smetterò e smetterò anche di recitare nei miei film. Quello che cerco di evitare è lo spiegone, ma mi sono reso conto che le spiegazioni servono perché in fatto di storia siamo di un'ignoranza clamorosa".
Parlando dei modelli che hanno ispirato In guerra per amore, Pif cita La grande guerra di Monicelli, "una grande fonte d'ispirazione. Ma aggiungo Tutti a casa, che ho rivisto mentre scrivevo. Si tratta di una commedia inserita in un contesto tragico, d'altronde tutti gli autori di commedie provenivano dal neorealismo". Il film è, inoltre, dedicato a Ettore Scola. "Ho conosciuto Scola nel suo ultimo anno di vita. Le sue figlie stavano preparando il documentario Ridendo e scherzando - Ritratto di un regista all'italiana, che è diventato il suo testamento e io mi sono ritrovato per caso nel progetto. Lui mi ha preso perché mi conosceva solo per il mio film, non per la tv".
"Parlare di politica ora? Distoglierebbe l'attenzione dal mio film"
Quando gli viene chiesto di commentare il rilancio del Presidente del Consiglio, che ha riproposto il vecchio progetto di Berlusconi del Ponte sullo Stretto di Messina, Pif glissa, ma non per timore di dire la sua opinione. "Non voglio parlare di politica perché questa diventerebbe la notizia e oscurerebbe il film. Sono tre anni di vita, se volete ci rivediamo tra due mesi e vi dico quello che penso". D'altronde Diliberto è abituato alle polemiche, esplose già dopo La mafia uccide solo d'estate. "Ciò che dà fastidio è che a parlare di mafia è uno che si chiama Pif, che fa il buffone ne Le Iene, che fa la pubblicità della Tim. Ma a me non interessa, è qualcosa che avevo messo in conto. Oggi i ragazzi vedono La mafia uccide solo d'estate a scuola, spero solo che non mi odino come io odiavo Marcellino, pane e vino. Con In guerra per amore ho suscitato nuove polemiche perché noi abbiamo superato quel periodo tranquillamente, ignorando tutto ciò che ne è derivato. Abbiamo dato la colpa ai cattivi tedeschi. Il fatto che al crollo del fascismo i mafiosi siano stati liberati dalle carceri è un fatto storico, ma il fatto che si veda nel mio film ha fatto discutere. Gasparri mi ha fatto perfino i complimenti, a me che sono iscritto all'ANPI. Pensate come sto messo".