La maturità di un autore? Forse è presto per dirlo, ma James Franco comincia a dar segni di miglioramento. L'iperattività dell'attore, regista, sceneggiatore, romanziere, insegnante e chi più ne ha più ne metta ha dato frutti alterni, ma In Dubious Battle è probabilmente l'opera più solida e convincente del James Franco regista. Dopo William Faulkner, Franco prosegue nell'esplorazione dei classici americani adattando La battaglia, romanzo minore di John Steinbeck. Ancora una volta si ripropone lo sfondo storico della Grande Depressione, ancora una volta al centro della storia vi è la lotta degli umili per la sopravvivenza. Oltre a mettere in piedi un accurato affresco, stavolta Franco aggiunge un nuovo ingrediente: la politica.
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La battaglia si concentra sul tentativo di alcuni adepti del Partito Comunista di convincere i raccoglitori di mele della California a scioperare per imporre i propri diritti attraverso la lotta di classe. Nel libro non si parla mai apertamente del Comunismo e anche nel film viene a mala pena evocato come spauracchio di ogni buon cittadino americano, ma l'oscura figura di Mac, interpretato dallo stesso James Franco, sta a dimostrare come i proprietari terrieri da un lato e gli attivisti politici dall'altro sfruttino la povera gente per i propri scopi.
Un affresco corale
In Dubious Battle è un potente affresco corale, ma il personaggio di Mac emerge in maniera prepotente. Intelligentemente James Franco ha scelto di ritagliarsi il ruolo più intrigante, quello di un misterioso sindacalista ante-litteram disposto a tutto pur di spingere i lavoratori a scioperare per favorire la causa delle future organizzazioni sindacali e del Partito Comunista. Mac mente, fa leva sulla drammatica situazione dei lavoratori, raggira i poveracci che si mantengono passando la giornata nei campi in cambio di uno stipendio da fame e arriva a sabotare la scala di legno usata dai raccoglitori per causare il ferimento di uno di loro e far esplodere la loro rabbia. Il ruolo di Mac sembra cucito su misura sulla fisicità di James Franco, il quale stavolta rinuncia a quell'aria sorniona che contraddistingue le sue performance limitando drasticamente i propri vezzi. Merito anche dell'esperienza a teatro con Uomini e topi, altra opera sulla Grande Depressione. La sua freddezza recitativa, che in altre situazioni è risultata un limite, si sposa perfettamente con il distaccato Mac, manipolatore intento a recitare una parte privo di alcun coinvolgimento emotivo nei confronti degli altri lavoratori in sciopero.
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Convincente davanti e dietro la macchina da presa, James Franco. Se questo non bastasse, l'attore stavolta si circonda di un grande cast che comprende Vincent D'Onofrio, Nat Wolff, Sam Shepard, Selena Gomez, Ashley Greene, Ed Harris, Josh Hutcherson e in due camei Robert Duvall e Bryan Cranston. Una pioggia di star sporche, lacere e irriconoscibili per restituire la violenza, la sofferenza e gli stenti dell'America rurale degli anni '20.
Il rigore della messa in scena
La forza di In Dubious Battle sta nella sua asciuttezza. Quello stile scarno, ruvido e imperfetto che caratterizza la maggior parte delle regie di James Franco qui è stemperato da un montaggio che si prende i tempi necessari per seguire lo sviluppo dell'azione. Il dolce paesaggio californiano, illuminato dalla luce tutta speciale delle location, contribuisce a donare un'estetica personale a un film dall'impianto classico. La misura che possiamo apprezzare scena dopo scena ci spinge a perdonare qualche eccesso come la pomposa citazione de Il quarto stato di Pellizza da Volpedo durante la marcia dei scioperanti. Visto il tema, son molti i momenti particolarmente violenti e suggestivi, ma il regista tiene sotto controllo la situazione, a tratti perfino troppo. Franco, maniaco del controllo, produce un'opera emotivamente ancora troppo trattenuta, specialmente considerato il tema trattato.
La componente emotiva del film è incarnata nel personaggio di Nat Wolff, appassionato, idealista, profondamente umano. La performance dell'attore è senza dubbio una delle cose migliori del film. La sua dedizione alla causa non scevra da dubbi, la sua ingenuità, la tenera storia d'amore con la ragazza madre di Selena Gomez, lo rendono ingrediente essenziale dell'opera. Il suo Jim, erede ideale di Mac, è combattuto tra il destino di leader politico e il desiderio di una vita tranquilla. Questo dissidio interiore anima la seconda parte del film affiancandosi al filone principale delle lotte degli scioperanti e movimentando la narrazione. Operazione necessaria per compensare lo stile di regia di James Franco, ancora troppo legnoso e schematico ma sicuramente in crescita rispetto ai precedenti lavori.
Movieplayer.it
3.0/5