Lasciandoci alle spalle il Re della Notte e l'inarrestabile (?) Esercito dei morti, non possiamo che constatare, nella nostra recensione de Il trono di spade 8x04, The Last of The Starks, come lo show non sembri soffrire del fatto di essersi liberato in maniera rapida del suo supervillain; in questo episodio sembra anzi tornare tutto il fascino mortifero del gioco dei troni, un braccio di ferro letale in cui nessuno è al sicuro e nessuno è del tutto e incontrovertibilmente nel giusto, nemmeno chi sembra immune alla seduzione del potere.
The Last of the Starks è un episodio dal minutaggio cospicuo e dalla struttura inconsueta, che ci porta dalle celebrazioni e dai riti funebri che seguono alla Battaglia per l'Alba fino alla vigilia di quella che Daenerys chiama "l'ultima guerra": non importa quanto esauste e affamate siano le forze di Essos e del Nord, Daenerys reclama il sostegno immediato dei suoi sudditi per attaccare l'usurpatrice Cersei Lannister e ottenere il trono dei Sette Regni. Ci sono rapidi e significativi avanzamenti narrativi, accompagnati da uno sviluppo concreto del percorso della maggior parte dei personaggi, per un quarto episodio emozionante e capace di riportare la tensione a livelli altissimi nelle battute finale.
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Lamenti funebri, brindisi e addii
Parte con un'immensa pira funeraria, The Last of the Starks: l'addio sentito e necessario per i caduti della terribile battaglia che ha sancito la vittoria dei vivi sui morti. A innescare il passaggio dal pianto alla celebrazione è la condottiera più forte e decisa, capace di gesti impetuosi, ma anche di grande lucidità e abilità politica in nome della sua missione: la mossa di Daenerys durante il banchetto, quella di chiamare a sé Gendry per nominarlo ufficialmente erede della dinastia dei Baratheon, sembra riportare lo sguardo di tutti dagli orrori a cui sono appena sopravvissuti ad un futuro di speranza, sotto una sovrana che premia degnamente chi ha combattuto per lei e non serba rancore verso la progenie di chi ha più volte tentato di ammazzarla.
Peccato che il gesto nobile e politicamente astuto (Gendry sarebbe stato, potenzialmente, un altro pretendente al trono) di Dany non serva a salvarla dall'isolamento in cui è inesorabilmente precipitata. Sansa continua a guardarla con sospetto, Tyrion ritrova l'intesa con l'ambiguo fratello, Jon è amato, celebrato, avvolto dal caloroso abbraccio dei suoi uomini, e Dany è sola in un territorio sconosciuto, dopo aver perso il più fedele dei suoi amici in Ser Jorah; sola con un segreto pericolosissimo. Non può fare altro che pregare Jon di mantenerlo insieme a lei, ma lui, onorevole come l'uomo che l'ha cresciuto, fedele agli insegnamenti di Ned Stark (che ha avuto ragione su una cosa: il branco dei giovani Stark è sopravvissuto all'inverno), non può nascondere la verità alle sorelle... o meglio, alle cugine.
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Il ragazzo strappato al Nord e la furia della Madre di Draghi
Il fatto che il gesto di Jon riecheggi con tanta precisione quello di Ned - avvisare Cersei della sua nomina a reggente per permetterle di fuggire dalla Capitale nella prima stagione, insieme a quel saluto toccante a Tormund, a Sam e Gilly e al povero Spettro che porta i segni del suo contributo alla battaglia - ci riempie di terrore per il suo destino imminente. D'altro canto, tra corsi e ricorsi, la stessa Sansa sembra ripetere il passato che rinnega nella conversazione con Clegane: tradisce la famiglia per ambizione personale (ma anche perché crede che Jon sarebbe un re migliore di Daenerys).
Gli occhi di Sophie Turner rivelano immediatamente il fatto che Sansa non è fieramente leale quanto Jon, sacrificherà la sua fiducia per la sua visione politica. Jon potrà lasciare per sempre la sua identità a Grande Inverno per obbedire agli ordini di Daenerys ma non può lasciare il segreto delle sue origini al sicuro tra le mura del castello.
Ma possiamo davvero biasimare Sansa, o Varys, di fronte alla furia della regina, che proclama che porterà la sua missione a compimento ad ogni costo, e sottovaluta clamorosamente il suo avversario - Cersei non è stata con le mani in mano, mentre il Nord e i draghi affrontavano gli Estranei - al punto di perdere un altro figlio alato? E quali saranno le conseguenze dell'improvvisa, devastante caduta di Rhaegal nella baia, e della perdita di Missandei?
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Verso la Capitale
Così lo show sembra tornare alla vibrante complessità morale delle trame politiche delle sue prime stagioni, complice una scrittura che non era a questi livelli da tempo: è attenta ai personaggi, coerente con il loro percorso, e allo stesso tempo ne illumina tutta l'ambiguità. Un esempio, le parole d'addio di Jaime a Brienne, così oneste eppure così poco trasparenti: torna da Cersei per proteggerla, o per ucciderla?
E a proposito di Jaime e Brienne, sfidiamo chiunque a chiamare fan service scelte coerenti e autentiche come quelle che ci portano all'unione e alla separazione tra i due cavalieri dei Sette Regni, così vicini e così distanti, o alle parentesi tra Sansa e il Mastino e tra Arya e Gendry, con le scelte così poco romantiche delle ragazze Stark. Sfidiamo chiunque a immaginare quello che accadrà negli ultimi due episodi mentre il fronte si sposta, una pedina dopo l'altra, verso Approdo del Re: il pericolo di una soluzione scontata e manichea è inequivocabilmente scampato.
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Il pericolo della prevedibilità è scampato: quello del disastro di fuoco, no. Cersei ha impiegato le settimane e i mesi che sono serviti a i suoi nemici ad occuparsi dell'Esercito dei morti facendo costruire armi che le danno un vantaggio strategico su Daenerys; chissà cosa avrà fatto delle suo scorte di altofuoco. Su quale potenziale esplosivo siedono gli ignari abitanti della Capitale, raccolti tra le mura della Fortezza Rossa dalla scaltra, spietata sovrana? Ricordare, nelle ultime battute dell'episodio, che razza di villain è Cersei Lannister aiuta decisamente a non rimpiangere la dipartita prematura del Re della Notte. Con il crescendo di tensione nel finale, The Last of the Starks ci mostra, ancora una volta la forza di un racconto in cui tutto può succedere, perché se partecipi al gioco dei troni, o vinci o muori, e non sei al sicuro nemmeno a cavallo di un drago.
Conclusioni
Nella nostra recensione de Il trono di spade 8x04 abbiamo esaminato gli elementi fondamentali di un episodio in cui la scrittura torna a livelli che non vedevamo da tempo nello show, e che ci porta alla vigilia di uno scontro catastrofico tra due regine che si dimostrano - o si dichiarano - pronte a tutto per prevalere. Agli sviluppi narrativi corrispondono coerenti e fruttuosi sviluppi nelle dinamiche tra i personaggi, per un episodio emozionante e soddisfacente che prelude a due episodi conclusivi imprevedibili e devastanti.
Perché ci piace
- La scrittura non era a questi livelli da tempo, è ricchissima di nuance, di corsi e ricorsi, e costruisce lentamente una grande tensione nonostante la particolare struttura del "maxiepisodio".
- Il ritorno alla centralità e all'ambiguità morale della trame politiche, che restituisce dignità a personaggi che sembravano essersi un po' persi come Tyrion e Varys.
- La complessità e la grandezza di Cersei Lannister come villain, che ci aiuta a superare la "perdita" del Re della Notte, un nemico misterioso ma monodimensionale.
Cosa non va
- La struttura bizzarra e squilibrata dell'episodio (sarebbero stati due in un'altra stagione).
- La sensazione inevitabile del precipitare inarrestabile, e un po' frettoloso, degli eventi. La fine è vicina...