Inutile girarci intorno: questo episodio de Il trono di spade sarà ricordato per l'incontro epocale tra due personaggi che per sei stagioni hanno abitato mondi e dimensioni narrative diverse e tra i quali il destino e il foreshadowing letterario hanno determinato un'inevitabile alleanza.
Ma prima che Jon e Daenerys possano siglare la loro intesa, è lo show a chiedere ai suoi spettatori di accettare un accordo: non c'è più il tempo, alla vigilia di un'apocalisse di ghiaccio, di costruire ampi preamboli, di seguire i personaggi durante settimane di viaggio, di osservare la progressione con cui sbocciano i fiori nei giardini curati per tanti anni: stanno sbocciando, e tanto ci basti. A questo punto preoccuparsi di una malattia che sembra guarire dalla mattina alla sera e di un viaggio la cui durata e pericolosità non è sottolineata come vorremmo è per lo meno, se non fuori luogo, fuori fuoco. Quindi noi da parte nostra ci proponiamo di non farci turbare più di tanto dalla sconcertante, soprannaturale velocità e lungimiranza di Euron Greyjoy e delle sue navi; per una volta, giochiamoci la carta del fantasy, e occupiamoci di quanto di esaltante ha saputo regalarci questo The Queen's Justice.
Madri della vendetta
Uno dei temi portanti di questo episodio è il parallelo tra due regine e i loro illustri e diversissimi padri; se Cersei viene paragonata più volte a Lord Tywin, cosa che senz'altro un tempo l'avrebbe riempita di orgoglio (ora probabilmente sente di aver fatto meglio di lui), per Daenerys la necessità di scrollarsi di dosso dubbi e sospetti legati al suo retaggio e alla follia del genitore che voleva bruciare Approdo del Re è sempre stata parte del suo percorso di donna e regnante.
Ma una delle scene migliori - e più insostenibili - di The Queen's Justice è un confronto tra due madri, e ci mostra ancora una volta come questa storia abbia trasceso le convenzioni e gli stereotipi legati alla maternità e alla femminilità, per creare personaggi davvero credibili e taglienti come quella Lady Catelyn capace di odiare il piccolo Jon Snow: sopravvissuta ai suoi tre figli, Cersei è dedita solo alla conservazione di quel potere pagato con il prezzo più alto immaginabile, eppure mostra a Ellaria Sand, per un attimo, un lampo di vulnerabilità: "La mia unica figlia. Perché mi hai fatto questo?" Alla nemica sconfitta Cersei non concede di dare una risposta; ma non è necessario, anche perché Indira Varma è talmente straordinaria in questa scena da non aver bisogno di pronunciare una parola per raccontarci lo strazio di Ellaria, e la lenta comprensione del supplizio che Cersei ha in serbo per lei.
Un elemento importante di questa scena, tuttavia, è quello che crea un filo diretto tra la Cersei e Aerys Targaryen, di cui la prima sovrana dei Sette Regni sembrava già aver iniziato a raccogliere l'eredità con l'esplosiva distruzione del Tempio di Baelor. Cersei sembra ispirarsi alle gesta di Aerys in maniera sempre più letterale: quando il Re Folle, infatti, aveva torturato e ucciso il padre e il fratello di Eddard Stark (Rickard e Brandon, ricordati anche da Jon Snow al cospetto di Daenerys), l'aveva fatto in maniera molto reminescente della punizione inflitta a Ellaria e a Tyene; in quel caso forse l'esecuzione era stata persino più pietosa, vista la natura permanente della tortura imposta a Ellaria.
Cosa che ci riporta al ruolo futuro dell'assassino di Aerys, Jaime Lannister, sterminatore di Re che alla fine di questo episodio si confronta con un'altra "sterminatrice di Re": la donna che gli confessa con soddisfazione di avere avvelenato suo figlio Joffrey. Prima di lasciarci per sempre, con una scena che potrebbe valere l'ennesima nomination all'Emmy per la favolosa Diana Rigg, Lady Olenna ammette di essersi macchiata di molte nefandezze per proteggere la sua famiglia, ma nulla di paragonabile ai delitti commessi da Cersei: Jaime, dal canto suo, sembra pensare che sua sorella possa addirittura sanare le ferite del regno e riportare la pace. Sarà questa fatale conversazione con la matriarca di Alto Giardino a riuscire nell'impresa impossibile di aprirgli gli occhi sulla donna che non riesce a smettere di amare e servire? Di quanti crimini dovrà macchiarsi ancora Cersei perché Jaime torni ad essere il personaggio vitale, ironico e strafottente che è stato in altre fasi del racconto?
Castelli di carte
Con la capitolazione di Lady Olenna le ricchezze di Alto Giardino passano in mano ai Lannister (e a Lord Tarly che ha voltato le spalle ai Tyrell per allearsi con la corona), ma il cuore dell'Altopiano non è l'unico castello che cade nelle mani del nemico ne La giustizia della regina. Con una sequenza magnificamente orchestrata e commentata dal voiceover di Tyrion/ Peter Dinklage, la fortezza avita dei Lannister, Castel Granito, si piega agli Immacolati di Verme Grigio, ma è una vittoria di Pirro. Non che sia sufficiente a redimerlo dall'asservimento perpetuo a Cersei, ma Jaime si dimostra un generale assai più abile di suo fratello Tyrion, di cui ha previsto tutte le mosse essenziali, lasciando gli Immacolati a Castel Granito senza mezzi di sostentamento e senza navi (con la collaborazione della fulminea flotta di Euron).
In un certo senso percepiamo echi di Lord Tywin in tutti i suoi figli: Jaime ha ereditato le sue doti di stratega, Cersei la sua spietatezza, e Tyrion, il suo assassino, la finezza politica. Questo scacco però ridimensiona il Folletto di Casa Lannister, che mostra il fianco anche con la sua regina: i piani di Tyrion falliscono tutti miseramente, e probabilmente a Dany, che pareva così avvantaggiata alla vigilia della guerra, non resterà che seguire il consiglio di Lady Olenna : "You're a dragon, be a dragon". A Tyrion, invece, toccherà continuare a rincorrere il fantasma del padre in questi due fratelli che, per comprensibili complicazioni emotive che lo rendono fallibile e vulnerabile, continua a sottovalutare.
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Una riunione senza gioia
A proposito di fratelli, ce ne sono due che si ritrovano a Grande Inverno, ma il loro è un incontro che porta in sé la tragedia degli anni trascorsi dal loro ultimo saluto e dei tragici avvenimenti di cui sono stati forieri. Se, pure nella sua intensità, La giustizia della regina può sembrare un episodio più disorganico rispetto ai due che lo hanno preceduto, questo segmento appare invece costruito con una certa astuzia: Sansa - che, come dice Jon a Tyrion a Roccia del Drago, ha iniziato a rivelare al mondo la propria intelligenza - è una formidabile castellana che si occupa con puntualità e sagacia dei preparativi per affrontare l'inverno e accanto a lei si muove come un'ombra Petyr Baelysh, che non ha rinunciato ai suoi disegni su di lei, e soprattutto è ancora capace di darle consigli di valore inestimabile. Il suo invito alla vigilanza costante, a una battaglia interiore su tutti i fronti è presagio della natura del potere di Bran, che sperimenta frammenti di tutto ciò che è stato e di ciò che sarà, e abita ormai un piano dell'esistenza diverso rispetto a quello della sorella e degli altri esseri umani. Separato dalle sorti del mondo, eppure cruciale per le sorti del mondo, Bran è a tutti gli effetti il Corvo con Tre occhi, non più il fratello di Sansa Stark, o il figlio di Cat e Ned, o l'erede legittimo di Grande Inverno.
Ma Bran non si limita a terrorizzare Sansa parlandole del giorno del suo matrimonio e degli orrori che ha subito per mano di Ramsay, ci dice anche che "deve parlare con Jon". Perché non dimentichiamoci che Bran è l'unico ad essere a parte di un segreto destinato ad avere un impatto notevole sul rapporto tra quest'ultimo e Daenerys Targaryen, la regina dei draghi giunta da Essos che non sa che il giovane Re del Nord è l'unico figlio vivente del suo magnifico fratello Rhaegar.
Due cuori, una Roccia del Drago
E veniamo a loro. Sono stati da sempre tra i personaggi più amati del nostro show; hanno iniziato il loro percorso da emarginati, isolati dal resto dell'ensemble, in cerca di indipendenza e di identità. Ora sono un re e una regina che hanno vissuto esperienze incredibilmente traumatiche (è importante sentire Daenerys ammettere di essere stata violentata da Drogo; sul suo ritorno dalla morte, invece, Jon è molto più reticente) e si fronteggiano con tutta la consapevolezza del proprio passato e delle proprie responsabilità.
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Nell'orchestrare questo incontro fatidico gli showrunner Weiss e Benioff e il regista Mark Mylod non trascurano certamente di rilevare l'alchimia tra Emilia Clarke e Kit Harington, ma concentrano la loro attenzione, in due scene scritte brillantemente, sulle rispettive personalità e percorsi. Dany fiera eppure compassionevole, certa che impossessarsi di ciò che le spetta di diritto sia anche fare la cosa giusta per i Sette Regni, regina intenzionata a farsi amare dai suoi sudditi; Jon condottiero riluttante e umile, che "non ama fare ciò che è bravo a fare", e che rifiuta di inchinarsi non per orgoglio ma in nome della missione di cui è investito, delle vite che spera di salvare. Da qualche parte, in questo impasse, c'è una via che li condurrà l'una verso l'altro.
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Nel frattempo, due bizzarre coppie di loro fedelissimi si incontrano per darsi la vita e parlarsi di morte: il povero Varys cerca di indurre Lady Melisandre a lasciare per sempre i Sette Regni e lei gli serve una verità più inquietante di quella che gli aveva sciorinato la collega Kinvara; Ser Jorah e Sam Tarly si scambiano invece frasi di amicizia, inconsapevoli di essere su una rotta comune. Quella di due eroi molto diversi tra loro che si osservano con guardingo interesse e che forse, sì, finiranno per amarsi; ma non sarà questo a trasformare la canzone del ghiaccio e del fuoco in una sciocca canzone d'amore. Come nell'incontro tra Sansa e Bran, la malinconia grava sui nostri sovrani: se sarà amore, sarà un amore segnato come quello di Rhaegar e Lyanna, adombrato da una profezia, destinato alla sofferenza e legato a una speranza di riscatto per un mondo sull'orlo dell'abisso.
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