Un'ovazione lunga dodici minuti. Così è stato accolto Il traditore, unico titolo italiano in concorso a Cannes 2019. Marco Bellocchio, sornione, si gode l'entusiasmo per il suo lungometraggio che racconta la storia del super pentito di mafia Tommaso Buscetta e ride quando gli viene chiesta la ragione di quel titolo che sembra adottare il punto di vista di Cosa Nostra: "Buscetta è un traditore rispetto alle tradizioni e al passato di Cosa Nostra. La sua è una scelta dolorosa, ma è anche il rifiuto di un certo tipo di mafia in cui lui è nato, ma che non condivide più. Buscetta non è un eroe, ma è un uomo coraggioso che vuole salvare la propria vita e la propria famiglia. E' un conservatore, ha nostalgia di una mafia che non esiste più".
Ripercorrendo la propria memoria, Bellocchio ammette di ricordare il momento in cui "Tommaso Buscetta inizia a parlare con Falcone. I giornali ne parlavamo molto, ma non si sapeva niente di quest'uomo che arrivava dal Brasile, se non che la mafia aveva ucciso molti suoi familiari. Il tradimento di Buscetta lo si è capito progressivamente. E' stata una pietra miliare, la prima vittoria dello Stato contro la mafia, quella mafia lì è stata sconfitta".
Tommaso Buscetta attore tragico, traditore della tradizione
A interpretare Tommaso Buscetta è una delle poche star nostrane di respiro internazionale, Pierfrancesco Favino, il quale racconta l'incredibile sfida attoriale e i modi con cui si è approcciato al delicato ruolo: "Gli unici momenti in cui vedi i suoi occhi sono le fotografie. Buscetta ha oscurato la sua immagine creando un mito. Per avvicinarmi a lui ho tratto ispirazione dalle sue interviste cercando di scoprire cosa non voleva che si sapesse di lui, abbiamo studiato gli atti processuali, i gesti, la lingua. Buscetta non parla dialetto siciliano né portoghese, ha il suo linguaggio che cambia a seconda di chi si trova di fronte. E' un grandissimo attore che ha sempre celato la sua identità e ha cambiato faccia per tutta la sua vità. Buscetta è un attore tragico, non nasce mafioso, decide di diventarlo così come in seguito decide di liberarsi della società in cui è cresciuto e il destino in qualche modo se lo mangia". Cosa ha convinto Favino ad accettare un ruolo così spinoso? "Tante cose mi affascinavano, sembrava un gangster anni '50, amava la vita, apprezzava i piaceri, era un playboy, viveva al massimo. Rappresentava la sua epoca, ma sapevo che si trattava di un criminale. Ho cercato di sospendere il giudizio, anche se le cose che ha fatto sono imperdonabili. Il pubblico lo può giudicare come vuole, ma io ho conosciuto il suo senso della famiglia, il suo lato romantico. Credo che sia più interessante raccontare il male nella sua complessità che oggettivarlo".
Marco Bellocchio è divertito dalla reazione di quella critica che lo ha lodato per avere fatto "qualcosa di diverso": "E' come se giunto a 80 anni mi dicessero 'Bravo bravo, ti stai rinnovando". In realtà il regista ci tiene a sottolineare la naturalezza del processo: "Esistono grandissimi capolavori sulla mafia, ma io volevo seguire il mio cammino senza paura. Non si può essere personali per forza, lo sei perché ti viene spontaneo esserlo. La molla dell'operazione è stata la mia attrazione verso il personaggio di Buscetta. All'epoca si parlava di un uomo dal forte carattere, era un uomo ignorante, che non aveva studiato, ma era anche orgoglioso, nobile. Queste caratteristiche, unite alla sua teatralità, mi hanno incoraggiato a fare il film".
Il confronto con la storia e con la realtà
Durante la preparazione de Il traditore, Marco Bellocchio ha lavorato a stretto contatto con gli sceneggiatori Ludovica Rampoldi, Valia Santella e Francesco Piccolo (qui trovate la nostra recensione de Il traditore). Lo script è stato un lavoro collettivo, un viaggio "che ha occupato oltre due anni, quando hai a che fare con figure storiche hai una responsabilità e devi essere molto accurato. Abbiamo studiato libri, atti dei processi, abbiamo incontrato gli agenti che lo avevano in custodia, giudici, giornalisti, e abbiamo cercato di tradurre tutto questo in una narrazione. Ogni personaggio ha un ruolo, è una maschera, tutti ruotano intorno a Buscetta e alle sue famiglie, quella siciliana, quella brasiliana e quella mafiosa. Traditore e tradizione vengono dalla stessa etimologia, Buscetta ha tradito le tradizioni per salvarle e salvarsi".
Il traditore vive del mito di Buscetta, ma anche del confronto col giudice Falcone, interpretato nel film da Fausto Russo Alesi, personaggio che è stato "asciugato cercando di creare un confronto tra due persone, eliminando gli aspetti mitologici dall'una e dall'altra parte". Nel film troviamo, inoltre Luigi Lo Cascio nel ruolo di Totuccio Contorno, mafioso che, seguendo l'esempio di Buscetta, decide di diventare collaboratore di giustizia. Lo Cascio è divertito dalla scelta di Marco Bellocchio di affidargli un ruolo d'azione, "conosce il mio fisico, mi ha visto in costume, eppure mi ha voluto lo stesso. Neanche io capivo cosa dicevo in scena, raramente si parla un dialetto così specifico nei film di mafia. Ho usato il palermitano, la lingua che i miei compagni di classe parlavano come lingua madre. Sono ancora rapito dalla bellezza del film, un affresco che restituisce il senso di solitudine di Buscetta in modo straordinario. Il mio personaggio è l'elemento di relazione tra lui e il resto del mondo".