Classe 1944, Caleb Deschanel è attivo dal 1971 come direttore della fotografia e regista, e nella prima veste ha avuto sei nomination all'Oscar, per film come Uomini veri, La Passione di Cristo e, pochi mesi fa, Opera senza autore. Quest'anno il suo lavoro ha contribuito a dare vita all'universo fotorealistico voluto da Jon Favreau per Il Re Leone, remake dell'omonimo classico d'animazione della Disney che ha incassato più di un miliardo e mezzo di dollari al box office mondiale. In occasione dell'uscita del film in home video sul mercato italiano abbiamo avuto modo di incontrare Deschanel per un intervista e di parlare delle sfide tecniche legate a un lavoro di questa portata.
Una nuova sfida
La tua esperienza è principalmente live-action. Com'è stato lavorare in un ambiente virtuale?
A dire il vero, la transizione è stata piuttosto facile, perché all'interno di quell'ambiente virtuale avevo a disposizione tutti i mezzi che avrei avuto su un set tradizionale. Una volta che mi sono abituato all'idea di potermi muovere come volevo, è stato facile. Il vantaggio più grande era il controllo della luce, potevo spostare il sole a mio piacimento. Quando ho avuto l'incarico, Jon Favreau mi ha proprio detto che mi voleva al lavoro sul film per dare all'operazione un senso di realtà.
Ti metteva soggezione l'idea di aggiornare un classico amatissimo?
Un po' sì, ma l'effetto fotorealistico ha dato al film un'energia diversa. Parlando più in generale, se prendiamo Shakespeare, per esempio, ci sono venti versioni diverse dell'Amleto, e ciascuna funziona a modo suo. Da quel punto di vista non mi faceva paura affrontare una storia già raccontata prima. Amo l'originale, ma c'era modo di raccontare nuovamente quella storia.
È buffo che tu abbia menzionato l'Amleto, di cui ci sono diversi elementi ne Il re leone.
È vero. Sono sempre attratto da storie dal sapore mitologico. Ho lavorato a Il migliore, che è un film sul baseball ma in realtà è una rilettura della leggenda di Re Artù.
Collaborazione di peso
Com'è stato lavorare con Jon Favreau?
Favoloso. Abbiamo cominciato con le voci, le sessioni di doppiaggio. Gli attori sono venuti nella sala, e li abbiamo filmati mentre recitavano. Seth Rogen e Billy Eichner, per esempio, hanno avuto modo di improvvisare, e le loro invenzioni sono rimaste nel film. Vederli interagire è stato utile per noi, e soprattutto per gli animatori, per la componente visiva delle loro performances. Siamo anche stati due settimane in Africa a fare delle riprese che fossero dei riferimenti per lo scenografo.
È vero quello che dice Favreau, cioè che la prima inquadratura è l'unico vero elemento live-action del film?
Sì e no. Ci sono alcune inquadrature vere che abbiamo ritoccato in seguito. Per esempio, sempre nella sequenza d'apertura, il Kilimangiaro è vero, gli elefanti ce li abbiamo messi noi. Però è vero, l'inquadratura iniziale, con il sole che sorge, è interamente live-action, l'abbiamo girata sul posto, in Kenya. Siamo arrivati nel pomeriggio, e siamo andati in giro in elicottero a cercare il posto giusto per le riprese. È stata la prima cosa che abbiamo filmato in Africa durante quel viaggio.
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Questioni di famiglia
Qual è la sequenza a cui hai lavorato con maggiore piacere?
Direi quella della mandria di gnu, soprattutto per la potenza emotiva della parte finale, con la morte di Mufasa. Ero commosso durante la lavorazione.
Quella sequenza fu traumatica per la mia generazione, ho visto l'originale in sala quando avevo cinque anni. I tuoi nipotini hanno visto il remake?
Ho accompagnato quello più grande, Henry, che adesso ha otto anni. Gli altri sono ancora troppo piccoli, è un'esperienza molto intensa. Siamo andati a vederlo insieme, in IMAX 3D, ed è stato molto bello osservare le sue reazioni mentre vedeva il film per la prima volta. È anche uno dei motivi per cui ho accettato l'incarico: già ai tempi sceglievo determinati progetti perché potessero vederli le mie figlie [Emily Deschanel e Zooey Deschanel, n.d.r.] quando erano bambine, e adesso faccio la stessa cosa per i nipotini. È sempre bello vedere le loro reazioni.
Qual è stata invece la sequenza più complicata per te?
Lo scontro finale, principalmente per le transizioni di luce e meteo, con il fuoco e la pioggia. Ma è anche il bello di lavorare a una sequenza simile, perché su un set tradizionale non puoi controllare le condizioni atmosferiche. Su questo film potevo scegliere il cielo che volevo, a partire da circa 350 varianti.
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Il futuro
Se tu potessi scegliere un altro remake Disney a cui lavorare, quale sarebbe?
Bella domanda, ce ne sono così tanti. Mi è sempre piaciuto Pinocchio, ma devo dire che sarei molto curioso di vedere un Topolino live-action con le tecniche usate per questo film. Un topo vero come protagonista di Steamboat Willie, non sarebbe male.
Ti interesserebbe farne uno come regista?
Sì, ma quando dirigo la cosa che mi piace di più è lavorare con gli attori, e nel caso de Il Re Leone non era veramente possibile, perché usiamo solo le voci.
A tal proposito, eri presente quando James Earl Jones ha rifatto la voce di Mufasa come nell'originale?
No, ma l'ho diretto tanti anni fa in una serie di pubblicità, mi ero divertito molto lavorando con lui. E devo dire che è stato molto bello riascoltare la sua voce durante le riprese.